La Banca Olandese di Sviluppo (FMO) e il Fondo Finlandese per la Cooperazione Industriale (FINNFUND) hanno ritirato definitivamente il loro appoggio al progetto idroelettrico Agua Zarca, realizzato da Desarrollo Energéticos Sociedad Anónima (DESA). E’ questo il controverso progetto che è costato la vita a Berta Cáceres, l’attivista indigena ambientalista assassinata brutalmente più di un anno fa mentre dormiva nella sua casa a La Esperanza. Alla fine Berta aveva ragione quando disse: “Io sapevo che la lotta sarebbe stata dura, ma sapevo anche che avremmo trionfato. Me lo ha detto il fiume”. La lotta è stata durissima, ma il Copinh (Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras) ha vinto e la centrale non si farà. La DESA ha comunicato che la sospensione del progetto può contribuire alla riduzione dei conflitti nella zona occidentale dell’Honduras, dove si trova il fiume Gualcarque, che avrebbe alimentato la produzione di 21 megawatt di energia idroelettrica. L’impresa ha anche rivendicato come una parte della comunità fosse a favore del progetto a causa dei posti di lavoro generati nei dipartimenti di Santa Barbara e Intibucá.Le organizzazioni raccolte nel Copinh si sono opposte fermamente alla realizzazione del progetto, che avrebbe minacciato il patrimonio naturale, culturale, economico e l’habitat del popolo lenca. A seguito dell’annuncio del ritiro del progetto, il Copinh ha fatto sapere in un comunicato che “[tale ritiro] risponde alle denunce e alla lotta instancabile contro il finanziamento di progetti che violano apertamente i diritti delle comunità indigene lenca e sono imposti e portati avanti attraverso l’assassinio di leader come Berta Cáceres y Tomás García”. E ancora: ”Continueremo a portare avanti una lotta permanente in difesa del fiume sacro Gualcarque e dei diritti del popolo lenca”. L’organizzazione mostra anche il timore che il ritiro dell’opera “implichi l’impunità per gli assassinii”. Nonostante la vittoria, infatti, la ferita del fiume Gualcarque resta aperta e non si rimarginerà fino a che non verrà fatta chiarezza sui mandanti dell’assassinio
L’assassinio di Berta è ancora impunito e purtroppo non è l’unico. L’Honduras è uno dei paesi più pericolosi al mondo per gli attivisti ambientali: basti pensare che dal 2009 (quando ci fu il colpo di stato) ci sono stati circa 120 omicidi di attivisti in difesa della terra, di cui più dell’80% non ha ancora un colpevole. Le comunità nazionale e internazionale continuano a fare pressioni sul governo affinché si trovino i mandanti dell’assassinio di Berta, poiché “Berta è un simbolo e risolvere il suo caso sarebbe come risolvere gli altri centinaia di casi”, come ricorda Tomás Gómez Membreño, del coordinamento generale del Copinh.
Finora ci sono stati otto arresti in relazione al caso, di cui due militari e due persone legate a DESA, ma i familiari e i compagni e compagne di lotta di Berta esigono che venga fatta chiarezza sui mandanti, che vanno ricercati a più alto livello. La famiglie chiede un’inchiesta indipendente che possa fare luce sul caso e chiarire una volta per tutte la verità, ma il governo non ha accettato questa proposta. Berta aveva denunciato 33 minacce di morte e avrebbe avuto diritto a protezione da parte dello stato, ma lei non aveva accettato perché non si fidava delle persone che avrebbero dovuto proteggerla.
Intanto, il 30 giugno scorso, la figlia di Berta, Berta Zúñiga Cáceres, che ha sostituito la madre nel coordinamento del Copinh, è stata aggredita assieme ad altri due membri del coordinamento dell’associazione, Sotero Chavarría Fúnez e José Asunción Martínez, da un gruppo di individui armati di machete mentre si recavano in auto a La Esperanza. Gli attivisti del Copinh sono fortunatamente riusciti a sfuggire all’agguato grazie all’abilità del conducente, ma l’intimidazione è stata di una gravità inaudita. Inoltre, come riportato da Amnesty International, Sotero Chavarría Fúnez ha raccontato che nei giorni precedenti due sconosciuti hanno fatto domande su di lui nella sua città. A giugno altri uomini sconosciuti hanno tentato di rapire la madre dei suoi figli, mentre un’altra persona ha minacciato con una pistola Francisco Javier Sánchez mentre stava lavorando nei campi.
E’ chiaro dunque cosa riescano a muovere gli interessi economici legati ai progetti estrattivisti. A partire dal 2009 circa il 30% del territorio del paese è stato dato in concessione per attività estrattive, minerarie e idroelettriche. Vi sono 840 impianti minerari, la maggior parte dei quali per l’estrazione dell’oro. La maggior parte di questi progetti è finanziata con capitali europei e nordamericani. Se dunque il progetto di Agua Zarca è stato bloccato, altre attività continuano a essere presenti sul territorio del paese centroamericano e di conseguenza varie lotte indigene sono tuttora in atto. Secondo la madre di Berta, intervistata in un interessante documentario realizzato da Thomson Reuters Foundation, “per migliaia e milioni di uomini, donne e ragazzi di tutto il mondo Berta è ancora viva”. Berta come simbolo della lotta dei popoli indigeni contro l’estrattivismo, il cui esempio ispira e infonde coraggio a chi come lei lotta per affermare i propri diritti. Come ha ricordato una sua compagna di battaglie: “Noi non abbiamo paura. In ogni caso dobbiamo morire. Ma che sia per una lotta giusta”.
Michela Giovannini