Se ne parla sempre di più anche in Italia, e nei paesi anglosassoni ormai è da decenni una realtà: la home-schooling, la “scuola fatta in casa”, dove l’insegnante è il genitore (quasi sempre la mamma, ma non sempre) e il bambino impara seguendo i suoi ritmi ed inclinazioni, in un contesto sereno.

Non entriamo qui nel merito del discorso ma vi lasciamo alla storia di tre autrici che hanno lasciato il segno nella letteratura, e che sono state istruite in casa, da mamma e papà…

1. JANE AUSTEN

“Vi ha lasciato la vostra educatrice privata?” chiede ad Elizabeth la ricca Lady Catherine.
“Nessuna educatrice? Come è possibile? Cinque figlie femmine cresciute in casa senza un’educatrice!  – Non ho mai sentito una cosa simile. Vostra madre dev’essersi fatta in quattro per la vostra educazione”.
Elizabeth non potè fare a meno di sorridere e le assicurò che non era andata affatto così.
“E allora, chi vi ha insegnato? Senza un’educatrice, dovete esser state trascurate!”.
“Paragonate ad alcune famiglie, credo di sì, ma chi di noi aveva desiderio di imparare, non è mai rimasta senza i mezzi per farlo. Siamo sempre state incoraggiate a leggere e abbiamo avuto tutti i maestri necessari. E chi sceglieva di rimanere indolente, certamente poteva farlo“.

Questo dialogo è tratto da una pagina di Orgoglio e Pregiudizio, uno dei romanzi di più successo di questa scrittrice inglese. A restare sconvolta del fatto che, già allora, una ragazza perbene come Elizabeth non avesse avuto istitutrici o un’educazione formale, è una nobildonna altezzosa che Jane Austen ci dipinge con tutto il disprezzo del caso.

Nei suoi libri infatti Jane ci mostra di non essere una fan del sistema scolastico, mentre loda apertamente la possibilità di una donna di poter scegliere le sue letture.
Stava forse cercando di giustificare la sua stessa assenza di cultura formale?
Non lo sappiamo.
Quel che è certo è che Jane Austen e sua sorella Cassandra sono andate a scuola, ma molto brevemente.
Per la prima volta ci andò a 7 anni, ma solo perchè ci era andata l’adorata sorella maggiore, dalla quale non voleva restare separata a lungo.
Per via di una epidemia di  morbillo scoppiata tra gli studenti, vennero poi trasferite in un’altra città, ma anche qui un’altra malattia infettiva colpì molti studenti, tanto che sia Jane che la sorella rischiarono di morire e finalmente la loro mamma le riporterà a casa.

Il secondo tentativo scolastico non andò molto meglio.
Non si sa bene il perchè, ma sta di fatto che suo papà andò a prenderla e la riportò a casa dopo neppure due anni.
Era il 1786 e Jane aveva undici anni.
Non andò più a scuola da allora.

Per la maggior parte, fu suo papà, un reverendo, a istruirla in casa.
Jane era una brava pianista, sapeva un po’ di italiano e parlava francese con scioltezza.
Amava leggere un po’ di tutto, dai classici ai libri di storia, ed aveva libero accesso alla libreria del padre.

Sappiamo che già da piccola aveva scritto dei piccoli racconti e opere teatrali che leggeva ad alta voce come intrattenimento per la famiglia, e la scrittura creativa veniva sempre incoraggiata dai suoi genitori.
A 14 anni aveva già scritto l’originale commedia “Amore e Amicizia“.
E il resto è storia…

2. EMILY BRONTE

All’età di 6 anni Emily Bronte, il genio creativo che ha partorito il romanzo “Cime Tempestose” è stata mandata a scuola insieme alle sorelline, intorno a fine novembre. Dopo pochi mesi, due di loro sono tornate a casa malate, per morire di lì a poco di tubercolosi, ed Emily fu quindi presto ritirata a sua volta dalla scuola dopo soli sei mesi di permanenza, per evitare un terzo lutto.

Le maestre che l’avevano in carico avevano scritto questa nota sul loro registro, dove segnavano cosa gli alunni sapevano fare prima di entrare a scuola: “Emily Bronte, 6 anni, legge molto bene“.

Suo papà, proprio come quello di Jane Austen, era un reverendo inglese, molto influenzato dalle idee del poeta Wordsworth sull’educazione dei bambini. Questo scrittore credeva fortemente che la crescita morale di un bambino si può sviluppare attraverso il contatto stretto con la Natura.
Soffriva nel vedere che i bambini venivano invece trattati come piccoli adulti, che dovevano solo imitare, perdendo così la sensibilità che proprio in quegli anni così importanti è possibile sviluppare.

Ispirato da queste teorie, il padre delle sorelle Bronte incoraggiò sempre Emily e tutte le altre figlie, a camminare all’aperto sulle brughiere, che diventarono le sue prime educatrici, le migliori maestre, e inoltre le incoraggiò a leggere liberamente dalla sua ricca libreria.
Sappiamo che insegnò a Emily delle basi di inglese e matematica, storia e geografia.
A parte poi, con alcuni maestri privati, riuscì a darle anche lezioni di pittura e musica.
Dato che era appassionato di poesia ma anche di politica inglese, le sorelle Bronte sono cresciute leggendo e sentendo parlare di questi argomenti fin da piccole.
E poi, non va dimenticato, conoscevano molto bene anche la Bibbia.

Fin da piccole, Emily e le sorelle cominciarono a scrivere storie di avventure su minuscoli manoscritti, che serve una lente di ingrandimento per decifrare (vedi foto seguente, altezza reale: 5 cm).

Ci sono rimasti vari frammenti di queste storie, che attestano l’estrema originalità di queste ragazze, poco uniformate da curriculum uguali per tutti.
Emily resterà a casa per quasi tutta la vita – tranne per una breve parentesi in una scuola dove la sorella faceva l’insegnante e poi a Bruxelles, già da adulta, per perfezionare il francese (o più probabilmente solo per far compagnia alla sorella, dato che appena ebbe la prima opportunità di tornare in Inghilterra, per un lutto, non fece più ritorno in Belgio).

Per avere un’idea di quello che queste ragazze avevano potuto leggere e imparare,  nel 1834, in una lettera indirizzata all’amica dalla sorella Charlotte, troviamo un elenco di libri che la futura autrice di Jane Eyre consiglia di leggere, una lista da far invidia a molti studenti delle superiori di oggi:

Se ti piace la poesia, fa che sia di prima qualità, Milton, Shakespeare, Thomson, Goldsmith, Scott, Byron, Wordsworth e Southey… Ellen, non prendere un colpo a sentire i nomi di Byron e Shakespeare.  Entrambi sono stati grandi uomini e i loro lavori sono come loro. Tu saprai scegliere il buono e evitare il cattivo, i passaggi più belli sono sempre i più puri, quelli brutti sono sempre i più ributtanti e non ti verrà voglia di rileggerli due volte…”

I romanzi di Charlotte ed in particolare di Emily Bronte contengono originalità e sensibilità uniche, che queste due autrici hanno sempre lottato per mantenere intatta.
Non solo sono state poco tempo in scuole pubbliche, ma da adulte hanno entrambe lasciato il lavoro di insegnante dopo poco tempo, odiandolo profondamente.

Dopo soli sei mesi come insegnante  in una classe con 40 studenti, Emily si licenziò e ritornò a casa, dicendo ai suoi alunni che preferiva il suo cane a ognuno di loro…
Come scrisse in una breve poesia del periodo:

Almeno per un po’, almeno per un po’
  la folla rumorosa è barricata in lontananza
e io posso cantare e io posso sorridere
e per un po’ avrò vacanza!”

Sua sorella Charlotte la seguì a casa non molti mesi dopo, e cominciarono a scrivere i loro romanzi.
E il resto è storia…

3. LOUISA  MAY  ALCOTT

L’amata autrice di “Piccole Donne” ha avuto un’infanzia tutt’altro che standard.
I suoi genitori – il padre in particolare – credevano fortemente che i bambini andassero educati con amore e che dovessero rimanere molto liberi di scrivere i loro pensieri.

Louisa ha tenuto un diario fin da piccolina, diario che i suoi genitori leggevano apertamente ma con rispetto e calore, in modo che lei potesse continuare ad essere il più franca possibile, senza censure. Louisa andrà a scuola solo pochi mesi qua e là. Come scriverà nel suo diario da adulta: “Non sono mai andata a scuola tranne che da mio papà e qualche tutrice e tutore che di tanto in tanto si univa alla nostra famiglia“.

Il padre era un filosofo ed aveva avuto il ruolo di direttore in diverse scuole in cui cercava di portare la sua visione scolastica molto originale, non sempre con successo di pubblico, ma il suo successo più grande fu proprio la figlia…

Le lezioni in casa avvenivano ogni mattina. E ore molto felici erano quelle per tutte noi, dato che mio papà insegnava nel saggio modo che sa tirar fuori quello che c’è già dentro nello studente, come un fiore che sboccia, piuttosto che riempirlo, come un’oca, di più di quello che riesce a digerire…”

Louisa per esempio non amava la matematica, nè la grammatica, ma adorava scrivere e leggere, la storia e la geografia.  Parte del suo “curriculum” era stare a contatto con la natura, svegliarsi presto, camminare nel bosco, correre libera. Questi, dice, erano i suoi compiti quotidiani.
La domenica poi si leggeva la Bibbia e altre storie e fin da piccole le sorelle,  proprio come le Austen e le Bronte, avevano preso l’abitudine di scrivere e interpretare piccole commedie (o drammi) teatrali nella casa di famiglia.

La sua dieta era vegetariana e molto semplice. Uno dei suoi “maestri”, nella comunità utopica di Fruitland dove visse per circa un anno, utilizzava lezioni “socratiche” con Louise e le sue sorelle, facendo cioè loro delle domande come questa, che Louise ha immortalato nel suo diario del tempo:
Quali virtù vorresti avere in maggior numero?”
Come puoi arrivare a ottenerle?

Le domande via via continuavano per sondare sempre più in profondità le risposte di Louisa.
(A proposito, quale virtù Louisa sentiva di non avere ancora sviluppato abbastanza da bambina? “La capacità di stare zitta!”
Quale vizio avrebbe voluto avere in quantità minore? “L’amore per i gatti”).

A circa 15 anni, nel 1847, leggeva il libro “La corrispondenza di Goethe con una bambina” dell’autrice Bettine von Arnim, e si innamorava di questo poeta.

Cinque anni dopo, appena ventenne,  questa era la lista dei libri che più aveva amato leggere:

  • Tutte le poesie e i romanzi di Goethe
  •  Le vite di Plutarco
  •  Il Paradiso Perduto di Milton
  • I lavori di Madame de Stael
  • Jane Eyre di Charlotte Bronte
  • Le poesie di Emerson, il famoso poeta che viveva vicino a casa loro,  grande amico del padre.

A quel tempo aveva già cominciato a pubblicare le sue prime storie su vari giornali, facendo un po’ di soldini di cui andava molto fiera.
E il resto è storia…

Aida Vittoria Eltanin

L’articolo originale può essere letto qui