In nome della stabilita’ internazionale hanno appoggiato fino all’ultimo i vecchi regimi oppressivi e corrotti di Tunisia ed Egitto e ne hanno accolto la caduta con disappunto.
Il sistema internazionale, con il declino degli Stati Uniti e l’assenza dell’Europa, non sembra avere le risorse economiche e di potere ne’ la visione politica per influire positivamente sugli avvenimenti in corso e per orientare la transizione alla democrazia.
I dirigenti politici europei percepiscono il movimento dei popoli che si vogliono liberare dall’oppressione dei loro governi solo in termini di sicurezza e propongono solo di inviare poliziotti a presidiare le coste. E’ questa l’Europa che non vogliamo – afferma Lucio Levi, Presidente del Movimento Federalista Europeo – : l’Europa fortezza che si chiude in se stessa, che esibisce il volto odioso della xenofobia, che esclude la Turchia perche’ islamica.
Il progetto dell’Unione per il Mediterraneo e’ fallito. L’area di libero scambio progettata per il 2010 non si e’ realizzata ne’ i governi europei hanno onorato l’impegno a interrompere la cooperazione economica con i paesi che non rispettano i diritti umani.
La Lega araba rimane il potenziale veicolo di un processo di integrazione regionale, che l’UE avrebbe potuto incoraggiare, come hanno fatto gli Stati Uniti con l’Europa quando hanno lanciato il Piano Marshall, condizionando l’erogazione degli aiuti alla formulazione di un piano di ricostruzione concertato in comune.
Lo spauracchio dell’estremismo islamico, agitato dai governi dell’Occidente per giustificare il sostegno ai regimi autoritari, appartiene a una logica del passato, che non tiene conto dello sviluppo economico, della modernizzazione sociale e della secolarizzazione in corso nella regione. All’avanguardia del movimento ci sono i giovani, i quali, malgrado la buona istruzione, sono penalizzati dall’esclusione dal mercato del lavoro. Hanno usato i nuovi mezzi di comunicazione ai fini della mobilitazione, sostituendosi ai partiti e alle altre organizzazioni della politica tradizionale. Le inconsuete dimensioni della rivoluzione mostrano che il mutamento economico e sociale, sviluppatosi sull’onda della globalizzazione, richiede in modo imperativo cambiamenti politici e istituzionali.
La transizione alla democrazia sara’ un percorso lungo e insidioso. Tanti anni di governi autoritari hanno distrutto le strutture associative essenziali perche’ le elezioni possano aprire la strada a un governo democratico: partiti politici, sindacati indipendenti, associazioni della societa’ civile.
La transizione avra’ successo se saranno elaborate le norme costituzionali che assicurino la formazione di uno spazio pubblico dove il dibattito politico e la selezione dei leaders possano avvenire in modo libero e trasparente. Su queste basi potra’ risorgere il panarabismo all’insegna della solidarieta’ tra popoli che hanno scelto la liberta’ e la vogliono difendere costruendo istituzioni comuni e avviando un processo federativo in seno alla Lega araba.