Oggi si discutono al Senato, e altre sono in programma alla Camera, alcune mozioni dedicate alla questione del disarmo nucleare e ai negoziati attualmente in corso alle Nazioni Unite per adottare uno strumento internazionale di messa al bando di tali ordigni.
Nonostante l’importante del tema e l’occasione storica di mettere fuori legge le ultime armi di distruzioni di massa ancora “legali” in Italia la stampa e l’opinione pubblica, tranne rare eccezioni, non si stanno quasi per nulla occupando della questione. E il Governo italiano ha deciso da tempo di allinearsi agli “ordini di scuderia” della NATO non partecipando al dibattito di New York, cui invece hanno dato il proprio contributo, nella seconda Sessione in corso, 127 Nazioni (sono state 132 nella prima sessione). I lavori di negoziato sono ripresi a metà giugno a partire da una bozza di testo elaborata dalla Presidente della Conferenza (l’ambasciatrice del Costa Rica Elayne Whyte Gómez) che ha già avuto due evoluzioni e riscritture in questi ultimi giorni. Le organizzazioni della società civile di tutto il mondo (in particolare quelle riunite nella Campagna ICAN che sta da anni coordinando gli sforzi per l’obiettivo ora in dirittura di arrivo) stanno partecipando attivamente al dibattito con i rappresentanti diplomatici, offrendo alla riflessione e alla discussione spunti, analisi e proposte (come fatto anche da Senzatomica e Rete Italiana per il Disarmo).
E’ dunque importante e rilevante che il Parlamento italiano vada a discutere testi che affrontano il tema (anche se con un po’ di ritardo e con spostamenti di calendario effettuati all’ultimo momento nelle scorse settimane, con scelta favorevole per il Governo che ha subito meno pressione). Da parte dell’Esecutivo continua invece il silenzio e l’allineamento alle posizioni della NATO, nonostante le richieste continue di incontro e confronto promosse da Rete Italiana per il Disarmo e Campagna Senzatomica (e da numerose organizzazioni della società civile che collegate a questi due organismi) e mantenendo dunque una posizione di chiusura verso il percorso in atto. Una conferma chiara che il voto negativo espresso a fine 2016 sulla Risoluzione che ha portato all’avvio dei negoziati era una posizione politica meditata e non un caso. Purtroppo, anche per accadimenti (tattiche?) che si sono rivelati dilatori rispetto a possibili dibattiti parlamentari, le mozioni che mettono chiaramente al centro i negoziati in sede ONU arrivano in aula (e non tutte!) solo oggi. Ma anche se non si può ormai più intervenire sulla partecipazione italiana è importante chiedere conto al Governo della propria posizione, in vista di quanto succederà dopo eventuale adozione di un testo di Trattato (ratifiche ed universalizzazione).
I Senatori oggi saranno chiamati ad esprimersi su quattro mozioni: due favorevoli al percorso in corso all’ONU – primi firmatari la senatrice De Petris (SI) e il senatore Cotti (M5S) – e due che invece, anche se in maniera differente, chiedono al Governo di mantenersi su posizioni più defilate e passive, con prime firme di Manassero (PD) e Centinaio (LN).
Nel primo caso si riprendono molte delle considerazioni da tempo rilanciate dalla società civile internazionale per il disarmo (quella che ha stimolato l’Iniziativa Umanitaria da cui è scaturito il processo diplomatico condotto da Stati come Austria, Messico, Nigeria, Irlanda e che comprende la Campagna ICAN ma anche la Croce Rossa Internazionale e diverse organizzazioni Premi Nobel per la Pace). Nella mozione De Petris si afferma che “la sussistenza delle armi nucleari su questo pianeta rappresenta una minaccia per la sopravvivenza della stessa umanità: liberarsi di tale minaccia rappresenta dunque, per i popoli della terra, un diritto istitutivo e costitutivo della stessa vita sociale” ricordando come già l’articolo VI del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (ratificato dall’Italia nel 1975) prevedesse come obiettivo ultimo un “trattato sul disarmo generale e totale sotto il severo ed effettivo controllo internazionale”. Viene inoltre ricordata la presenza sul suolo italiano di ordigni nucleari statunitensi, grazie ai programmi di “nuclear sharing” così problematici proprio perché indeboliscono lo stesso Trattato di Non Proliferazione. Nella mozione Cotti invece, di qualche giorno più recente, si fa riferimento diretto alla bozza di testo in discussione a New York, ricordando come “la bozza di Trattato, sostenuta da una grande maggioranza di Stati, richiede che i Governi facciano ogni sforzo per garantire che le armi nucleari non siano più utilizzate, in nessun caso. Il testo rileva che gli effetti delle armi nucleari trascendono le frontiere nazionali, comportano gravi implicazioni per la sopravvivenza umana, l’ambiente, lo sviluppo socio-economico, l’economia globale, la sicurezza alimentare, e per la salute delle generazioni future, evidenziando altresì le conseguenze delle armi nucleari, come ad esempio l’imprevedibile impatto delle radiazioni sulla salute materna e sulle donne, rilevando come necessari l’assistenza medica, la riabilitazione e il sostegno psicologico per le sopravvissute ad attacchi e test nucleari, con la previsione di un recupero ambientale delle aree contaminate” e facendo inoltre riferimento ad altri percorsi di disarmo virtuosi e di successo in caso di altre armi di distruzione di massa (le armi chimiche e biologiche, le mine anti persona, le munizioni cluster). In entrambi i casi la richiesta esplicita al Governo è quella di partecipare attivamente ai negoziati, ma anche di far partire percorsi legislativi ed operativi per eliminare la presenza di ordigni nucleari statunitensi dalle basi di Ghedi ed Aviano dove sono ancora ospitati.
“La società civile internazionale e nazionale, con in prima fila l’International campaign to abolish nuclear weapons (Ican) ma anche la stessa Chiesa Cattolica con le dichiarazioni di Papa Francesco, hanno accolto positivamente la pubblicazione della bozza di trattato in discussione all’Onu e hanno più volte lanciato un appello ai rappresentanti delle istituzioni per sostenere questo importante percorso di disarmo nucleare multilaterale” ci ha sottolineato il Senatore Roberto Cotti “ed è per questo che ho deciso insieme ad altro colleghi di presentare una mozione che, se approvata, spingerà il Governo italiano ad avviare un percorso giuridico-diplomatico per la revisione di tutti gli accordi e trattati in essere che consentono il transito, la sosta e il ricovero nel territorio italiano di armamenti nucleari. Spero vivamente che il Senato della Repubblica faccia la sua parte in questo fondamentale momento perché, per dirla con Einstein, se oggi non si ha idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, bisogna però avere la consapevolezza che la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre. Non sia mai”.
Di tutt’altro tenore il documento presentato dal Partito Democratico che, pur riconoscendo come “il disarmo nucleare costituisce uno degli obiettivi principali di politica estera del Governo italiano” richiama alla necessità fin da subito di coinvolgere nel percorso anche gli Stati Nucleari ribadendo dunque un approccio progressivo nel quadro del TNP e ricordando anche la recente dichiarazione del G7 di Lucca dei Ministri degli Esteri. La richiesta al Governo è dunque quella di “continuare a perseguire l’obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, attraverso un approccio progressivo e inclusivo al disarmo, che riconosca la centralità del Trattato di non proliferazione nucleare e attraverso modalità che promuovano la stabilità internazionale”. Peccato che tale approccio sia lo stesso che non ha condotto a passi avanti sul disarmo nucleare negli ultimi 30 anni e che non è stato in grado di fermare la tendenza al riarmo che si respira in questi ultimi mesi. Il testo della Lega Nord, infine, non rinuncia nemmeno in ipotesi all’uso e alla presenza delle armi nucleari. Anzi richiama “le ragioni di fondo che indussero l’Alleanza atlantica a poggiare la propria strategia di mantenimento della pace sul possesso e la disponibilità ad usare le armi nucleari degli Stati Uniti non sono ancora venute meno” e considera che “in assenza dell’ombrello nucleare americano, anche l’Italia sarebbe chiamata ad effettuare nuove ed impegnative scelte sul piano della propria politica di sicurezza”. Per questi motivi rigetta in toto l’idea di un Trattato ed anzi spinge il Governo a “non rinunciare, data la criticità dell’attuale situazione internazionale, alla garanzia comunque ancora offerta dalla disponibilità statunitense a proteggere anche nuclearmente l’Europa, ed il nostro stesso Paese, non necessariamente rispetto alla Russia, ma, più in generale, contro qualsiasi aggressore potenziale”.
Vedremo come si comporterà il Governo su questi quattro testi ed i risultati del voto dei Senatori. Il dibattito a Palazzo Madama potrebbe poi vedere un “secondo tempo” anche a Montecitorio, dove è stata recentemente presentata, a fine maggio, una Interpellanza urgente a prima firma Filippo Fossati (MDP). In tal caso non è dunque previsto un dibattito ma lo svolgimento di tale interpellanza sarebbe importante viste le domande dirette rivolte al Governo a cui viene infatti chiesto: “per quali motivi abbia deciso di non partecipare finora al percorso preparatorio alla redazione del Trattato (partecipazione prevista anche per i Paesi che si sono dichiarati contrari) e se intenda partecipare alla prossima sessione del negoziato, dimostrando la propria dichiarata attenzione, al fine di spingere i Paesi con ordigni nucleari ad affrontare comunque una discussione in sede Onu e ad accedere alla prospettiva della ripresa di un effettivo negoziato sul disarmo nucleare, che il percorso preparatorio di un trattato per la messa al bando potrebbe positivamente rilanciare”.
Sui motivi di questa Interpellanza l’onorevole Fossati ha voluto sottolinearci che “l‘Italia dovrebbe svolgere un ruolo propositivo cogliendo l’occasione per accettare un coinvolgimento nel dibattito in corso sul Trattato. Chiediamo che si modifichi la posizione espressa in questi ultimi mesi dall’Italia e si partecipi alla seconda sessione di negoziati, inserendosi così nel dibattito in corso sul disarmo nucleare e rendendo onore alla tradizione di grande impegno multilaterale del nostro Paese. Anche chi, come pare il nostro Governo, ritenga più utile riportare le potenze nucleari sulla strada, sostanzialmente arenata, del processo descritto dal Trattato di non proliferazione, dovrebbe saper utilizzare la sede del negoziato come nuovo stimolo e un nuovo impegno per i paesi nucleari sulla strada del disarmo”. Da qui la decisione di presentare un documento anche per “sostenere quello che storicamente il movimento pacifista italiano ha espresso in modo sempre propositivo e concreto”.
Domande che arriveranno fuori tempo massimo per quanto riguarda la seconda sessione di negoziati, ma che potrebbero servire per far esplicitare una posizione che pare lontana dal sentire diffuso della popolazione italiana. E che il Governo non ha mai voluto chiarire direttamente, con un incontro, alle Organizzazioni della società civile che hanno ininterrottamente avanzato richiesta in tal senso negli ultimi mesi. Un tentativo di tenere fuori dai riflettori questo tema, per l’evidente divergenza tra le intenzioni e posizioni politiche dichiarate e la pratica in seno alle Istituzioni internazionali. Tanto è vero che giace ancora senza risposta, sempre alla Camera, una Interrogazione a risposta scritta presentata dalla deputata del PD Stella Bianchi già a a fine aprile, nella quale si chiedeva al Governo la propria intenzione rispetto alla seconda sessione di negoziati, ricordando inoltre la decisione presa nell’ottobre 2016 dal Parlamento europeo che, a larga maggioranza, aveva invitato gli Stati membri dell’Unione europea a sostenere la convocazione nel 2017 di una conferenza per negoziare un Trattato per vietare le armi nucleari e partecipare in modo costruttivo ai suoi lavori. Invito che il Governo italiano ha deciso, ormai è chiaro, di ignorare.