Di fronte all’ostinato rifiuto del procuratore generale egiziano Nabil Sadeq di consegnare il fascicolo relativo alle indagini sull’omicidio di Giulio Regeni, nonostante l’avesse loro promesso nell’incontro del 6 dicembre scorso, i genitori di Giulio e la loro avvocata Alessandra Ballerini hanno annunciato l’intenzione di recarsi personalmente al Cairo per chiedere quel fascicolo, ammesso che esista.
Un gesto estremo di fronte a un gioco ancora più estremo e certamente osceno. Quella promessa non rispettata, così come il rifiuto di incontrare gli avvocati egiziani che collaborano con l’avvocata della famiglia Regeni e di collaborare seriamente con la procura di Roma, ci dicono ancora una volta che l’Egitto non intende contribuire alla ricerca della verità.
Mentre in Italia ci si sofferma su elementi di dettaglio (se e quanti “amici” abbiano tradito Giulio) e s’alza il coro “Rimandiamo l’ambasciatore italiano al Cairo”, per interessi economici e politici, ma “nobilitato” da cinici richiami all’utilità del gesto per arrivare a quella verità, emerge che l’Italia – e certamente l’Europa intera – ha fatto troppo poco per spingere il governo egiziano a dirci chi è stato ad arrestare, far sparire, torturare e uccidere Giulio.