Nell’epoca descritta dai media mainstream occidentali come quella della difesa dello stile di vita europeo e delle sue libertà, può capitare di venire denunciati per lesioni e di ricevere il foglio di via per uno striscione di protesta.
È successo il 25 Maggio scorso a Roma a tre pacifisti della Rete No War, durante il passaggio del corteo presidenziale di Trump su via Nazionale, direzione il Quirinale.
Marinella Correggia (collaboratrice-traduttrice di Le Monde Diplomatique, mensile del manifesto), Maria Cristina Guidetti e Marco Palombo hanno tentato di mostrare un cartello («Trump/Nato/G7, Wars on people, war against the planet»), avanzando di alcuni metri dal marciapiede.
In un video girato sul posto, si vedono i poliziotti – che non avevano transennato la strada – immobilizzarli e allontanarli, per impedire che mostrassero lo striscione. La foto di Trump con il re saudita Salman (che ha appena ricevuto da Washington il via libera all’acquisto di 110 miliardi di armi Usa) è stata stracciata.
Sono stati portati in commissariato e denunciati, scrive in una nota la Questura, «per manifestazione non autorizzata, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale». Secondo la nota, avrebbero tentato di bloccare il corteo presidenziale (corteo, aggiungiamo noi, iper armato e blindatissimo che correva a metri di distanza). Un ispettore «ha riportato una sospetta frattura della falange».
A una di loro, Correggia, non residente a Roma, è stato consegnato il foglio di via per altri precedenti (sempre legati a azioni pacifiste). Tutto per una protesta pacifica contro le politiche del presidente Trump. Una manifestazione di dissenso a quanto pare non accettabile nell’era del decoro e della sicurezza travisata e che ricalca quanto avvenuto il 25 marzo quando la capitale è stata teatro delle celebrazioni per i 60 anni del Trattato di Roma.
In quel caso il foglio di via è stato consegnato a 30 persone, mentre altri 122 manifestanti, in arrivo dal nord Italia, venivano bloccati dalla polizia in via “preventiva” in autostrada per essere condotti nel Cie di Tor Cervara per l’identificazione.
“Guerra” preventiva allo striscione, alla visibilità plastica del dissenso. Che è stata la strada scelta da altri: martedì uno striscione giallo con su scritto, semplicemente, «No Trump, No War», è stato srotolato a Castel Sant’Angelo.
Poche ore dopo in serata, Greenpeace – raggiunta senza problemi via della Conciliazione – a bordo di una gru ha proiettato sulla Cupola di San Pietro la sua irridente rilettura dello slogan con cui Trump ha vinto le elezioni: «Planet Earth First!», prima il pianeta Terra.
Chiaro riferimento ad una delle battaglie intraprese dal tycoon nei primi 100 giorni: non solo l’Iran e i migranti, ma anche il clima. Un assist, chissà, alle parole che papa Francesco gli ha consegnato ieri con l’enciclica Laudato Si’.
All’ardito gesto è seguita l’identificazione delle otto persone responsabili del fascio blu, con la Questura che sottolineava che «tenuto conto della non pericolosità dell’iniziativa, [i poliziotti] hanno tollerato e tenuto sotto controllo».
Trump è ripartito, indifferente alle contestazioni in trasferta come a quelle in casa. Forse ha visto quelle di Bruxelles, dove è arrivato per il summit Nato: in migliaia hanno sfilato colorati e ironici per dirgli che «non è il benvenuto».
Articolo de Il Manifesto del 25 Maggio 2017