Il Centro gerosolimitano per l’Informazione e la Comunicazione (JMCC) ha condotto un sondaggio tra la popolazione palestinese, dal quale è emerso che oltre il 90% degli intervistati vorrebbe l’unità nazionale tra Hamas e Fatah, anche a costo di incorrere in sanzioni punitive qualora fossero imposte da USA e Israele che questo processo politico tanto osteggiano.
Oltre il 60% dei palestinesi intervistati giudica “dannosa” la faziosità dei principali partiti, e vorrebbe un’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) riformata e che includa tutte le fazioni politiche.
La percentuale di coloro che entrambi, Fatah e Hamas, responsabili per le divisioni politiche è più o meno uguale con circa il 20%.

A proposito di resistenza nonviolenta. Sono l‘83.8% i palestinesi che hanno risposto al sondaggio di JMCC a sostenere forme di resistenza nonviolenta. Al primo posto (36.8%) ci sono coloro che credono nel raggiungimento della pace con la fine dell’occupazione e la creazione del proprio Stato per mezzo di negoziati. Il 30.4% (un anno fa era il 21.9%) ha detto di credere nella resistenza nonviolenta, e il 25.4% sostiene invece quella armata. Il 60.2% degli intervistati si é detto preoccupato per l’impatto negativo che le operazioni militari hanno sull’interesse nazionale. Il sostegno per il lancio di razzi da Gaza verso Israele sarebbe sceso dal 74.0% di dicembre scorso al 38.4%.

Qual’è la percezione di Olso a vent’anni di distanza? Il 44.6% dei palestinesi intervistati si sono detti scoraggiati a causa delle conseguenze derivanti dal ciclo di negoziati durati sette anni e che avrebbero preferito se Oslo non fosse mai esistito.

Ma è quasi pari con il 44.4% la percentuale di coloro che considerano Oslo favorevole alla causa nazionale. In ogni caso, nel corso degli anni, il consenso generale per Oslo è sceso dal 68.1% del 1997 al 43.4% di oggi.

Resta alto il livello di condanna per il comportamento dei servizi di sicurezza dell’Autorità palestinese e per il loro coordinamento con Israele. Il 55.4% chiede la fine della collaborazione in materia di sicurezza e arresti, anche di fronte al rischio di un aumento delle incursioni israeliane nelle aree palestinesi della Cisgiordania.

Sulla visita del Presidente Obama e la possibilità di riprendere i negoziati. Circa il 60% degli intervistati ha ammesso di ritenere la visita di Obama strumentale unicamente agli interessi di Israele e appena il 2% ha dichiarato il contrario. Per i 2/3 l’Autorità palestinese dovrebbe porre a Israele la condizione di fermare le attività coloniali in terra palestinese se intende tornare al tavolo dei negoziati. Il 5.2% non crede nella necessità di porre questa condizione e un 27.6% ritiene utile la mediazione USA. Il 49.5% scarta l’ipotesi del broker americano, dicendo di preferire un conferenza di pace internazionale.

Sulla crisi finanziaria dell’Autorità palestinese. La maggioranza degli intervistati imputa Israele responsabile per le difficoltà dell’Autorità palestinese nel retribuire con regolarità lavoratori e impiegati, mentre il 14.9% l’addossa all’Autorità. E’ alto il dato di quanti credono nel diritto a scioperare contro questa crisi, circa il 60%. Ma è del 71.7% la percentuale dei palestinesi intervistati che, nonostante tutto, non vorrebbero lo scioglimento dell’Autorità a causa di queste difficoltà finanziarie.