Milano come Barcellona? Il 20 maggio come il 18 febbraio, quando nella capitale catalana erano scese in piazza oltre 150mila persone, dicendo al governo spagnolo e all’Unione Europea “basta scuse, accoglienza subito” e ”apriamo le frontiere”? Una bella suggestione, senza ombra di dubbio, ma se non vogliamo prenderci per i fondelli dobbiamo anche dirci che ad oggi le cose non stanno così e che, anzi, le reticenze dell’appello “ufficiale”, Insieme senza muri, stanno disegnando uno scenario dove ambiguità e ipocrisie trovano ampio spazio. E questo, francamente, non è ammissibile di fronte a questioni come le migrazioni, il flusso di profughi e le pulsioni razziste, che stanno segnando e disegnando la nostra epoca.
Beninteso, anche per sgomberare subito il terreno da futili polemiche, il problema non è che qui, a differenza di Barcellona, la manifestazione sia stata lanciata dai livelli istituzionali, cioè da un Assessore e poi dallo stesso Sindaco. No, il punto è che non si può tenere il piede in due scarpe, cioè, tanto per dirne una, non si può scrivere nell’appello che bisogna superare la Bossi-Fini, ma poi dedicare nemmeno mezza parola alla legge Minniti-Orlando, che ne è la continuazione sul piano politico, culturale e operativo.
Oggi gli scenari politici e culturali, nel nostro paese e in Europa, sono in rapida evoluzione. Vecchi schemi considerati eterni saltano, nuovi schemi fanno la loro comparsa. E nel bel mezzo di una sempre più rumorosa “litigiosità” politica, dove sembra impossibile accordarsi persino sulle cose banali, ecco che succede che i principali tre poli della politica italiana realizzano una sostanziale convergenza sul discorso securitario, in materia sociale e di immigrazione. Sul mercato dei voti a breve termine non paga dire come stanno le cose, provare a parlare delle disuguaglianze sempre più spinte o delle guerre e delle dittature, in buona parte alimentate dalla politica dei governi occidentali di questi ultimi decenni. No, molto più facile indicare nel migrante, nel profugo, nel “clandestino” la fonte di ogni male e di ogni problema.
Certo, ognuno ha le sue modalità e non tutto è uguale a tutto. Ci sono i fascisti e Salvini, autentici imprenditori dell’odio, e ci sono i 5 Stelle, spinti più che altro da un opportunismo senza principi in vista delle elezioni politiche. E poi c’è il Pd di Renzi, al governo del paese, che ha deciso anche lui di “non lasciare alla destra” il tema dell’immigrazione e della sicurezza e quindi vai con i pacchetti sicurezza 4.0 (anche se sono uguali a quelli 1.0 di Maroni Ministro) e con gli ignobili rastrellamenti in stazione ad uso e consumo delle telecamere. Appunto, non tutto è uguale a tutto, ma rimane il fatto che l’intero quadro politico si è spostato a destra, realizzando un inquietante convergenza di fondo. È un dato oggettivo, ma anche il frutto di scelte soggettive.
A Barcellona avevano trovato il modo di sottrarsi alle ambiguità e alle contraddizioni. Altri erano i promotori e altro il quadro politico cittadino, dove c’è l’esperienza di Barcelona en Comú e di Ada Colau. Qui, invece, i promotori della manifestazione che afferma di voler –giustamente- abbattere i muri stanno nello stesso partito di Renzi e Minniti, che di muri invece ne alza. Sta qui la contraddizione e la fonte delle ambiguità e delle reticenze.
E quindi, qui a Milano che si fa? Il dibattito è esploso giorni fa sui social, in particolare dopo il rastrellamento alla stazione. Ci sono non poche persone che dicevano che no, a questo punto non si può stare nella stessa piazza, come se niente fosse, insieme al Pd. Quindi, meglio stare a casa, non confondersi. È una posizione che capisco, ma che non condivido, perché penso che sottrarsi e passare la giornata a guardare la tv finisca per darla vinta esattamente a chi pensa di potersi lavare la coscienza in piazza tra un decreto e un rastrellamento.
E poi, penso anche che quella piazza non abbia un proprietario, ma che appartenga a tutti quelli e tutte quelle che partecipano, che vogliono metterci la faccia a favore di un’accoglienza dignitosa e contro le schifezze di Salvini, ma anche contro il decreto Minniti-Orlando. E sono convinto che probabilmente la grande maggioranza degli uomini e delle donne che scenderanno in piazza, al di là delle loro collocazioni o non collocazioni politiche, non sono d’accordo con la rincorsa delle destre a suon di decreti e rastrellamenti. Ma se questo è vero, allora bisogna far sì che non rimanga un fatto privato, ma che acquisisca dimensione e dignità pubblica, che sia visibile, anzi, che sia il messaggio maggioritario il 20 maggio.
Una serie di realtà associative, sociali e politiche, molte delle quali impegnate da tempo sul terreno dell’accoglienza e dell’antirazzismo, hanno costruito una piattaforma autonoma per il 20 maggio e oltre il 20 maggio. Si chiama Nessuna persona è illegale, è articolata e aperta. Leggetela e se vi convince mandate un’adesione a nessunapersonaeillegale@gmail.com.
Insomma, se il 20 maggio a Milano tante persone, con la loro presenza, i loro corpi e le loro parole, diranno sì all’accoglienza e alle frontiere aperte per chi fugge da guerre, dittature e miseria, allora sarà un buon giorno. Ma se, invece, sarà una giornata ambigua, dove potranno comodamente stare insieme quelli che plaudono ai decreti e ai rastrellamenti e quelli che invece ne sono inorriditi, allora non sarà solo un’occasione persa, ma anche qualcosa di peggio. Ecco perché vi propongo di starci in piazza, ma parlando chiaro e con la piattaforma Nessuna persona è illegale, che è a disposizione di tutti e tutte.
La pagina fb della piattaforma Nessuna persona è illegale
Le iniziative di avvicinamento al 20 già programmate: martedì 9 maggio, ore 18, assemblea cittadina pubblica in piazza della Scala e venerdì 12, dalle ore 16 alle 22, alla Stazione Centrale, Milano città aperta, musica e sport contro il razzismo.