Un italiano su due dichiara di possedere più capi di abbigliamento di quelli che davvero gli servono e il 46 per cento afferma di avere nel guardaroba abiti mai utilizzati o addirittura ancora provvisti di etichetta. È quanto emerge da un sondaggio condotto da SWG per Greenpeace, su un campione di 1.000 italiani, uomini e donne tra i 20 e 45 anni, relativo alle abitudini degli italiani nell’acquisto di capi di abbigliamento.
Secondo la ricerca, per più di metà degli italiani l’acquisto eccessivo di capi di abbigliamento aiuta a combattere la noia e lo stress o ad aumentare l’autostima. Tuttavia gli intervistati dichiarano che il senso di euforia e soddisfazione post-shopping ha una durata limitata, che si esaurisce circa due giorni dopo l’acquisto.
“La presenza di offerte e promozioni rappresenta una tentazione irresistibile per tre italiani su quattro ma, viste le basse percentuali di riciclo degli abiti, questo genera un elevato impatto ambientale” dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.
L’industria tessile è tra i settori produttivi più inquinanti al mondo e, anche a causa del massiccio impiego di fibre sintetiche derivanti dal petrolio come il poliestere, il riciclo dei capi di abbigliamento a fine vita è estremamente difficile. Un’altra criticità ambientale che si aggiunge all’uso di sostanze chimiche pericolose, di cui Greenpeace chiede l’eliminazione dal 2011 con la campagna Detox.
Secondo la ricerca, le donne residenti al Nord-Ovest e al Sud Italia – di età compresa tra i 30 e i 39 anni, con reddito personale superiore ai duemila euro – sono il segmento della popolazione più incline allo shopping eccessivo.
“Le donne giovani con un lavoro ben remunerato sono quelle che subiscono maggiormente lo stress di una società altamente competitiva” dichiara Donata Francescato, docente di Psicologia di Comunità all’Università “La Sapienza” di Roma. “Possedere qualcosa è un modo per reinventare se stessi, per compensare la distanza tra l’autopercezione e come invece si desidererebbe essere. Questa discrepanza è presente anche in altre forme di disturbi psicologici, come il gioco d’azzardo, l’abuso di alcol, i disordini alimentari e sessuali, disturbi sempre più diffusi nelle nostre società liquide e ansiogene”.
Il sondaggio evidenzia un’influenza medio-alta dei social sulla propensione agli acquisti di capi di abbigliamento e nove intervistati su dieci dichiarano di effettuare acquisti online. Questa tendenza è meno evidente in Germania ed è invece più marcata in paesi asiatici come Cina, Hong Hong e Taiwan dove Greenpeace ha realizzato un sondaggio analogo, i cui risultati verranno resi noti nei prossimi giorni.
“Il sondaggio mostra che un quinto degli italiani è dipendente dallo shopping, si tratta dei cosiddettishopping-addicted” continua Ungherese. “Se queste abitudini non cambiano, nei prossimi anni il nostro pianeta sarà invaso da montagne di rifiuti tessili. È necessario invertire la rotta: prima di effettuare il nostro prossimo acquisto abbiamo il dovere di chiederci se ne abbiamo realmente bisogno”.
Leggi la ricerca completa: http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2017/Inquinamento/35736_SWG_Greenpeace_marzo2017.pdf
Leggi il commento della professoressa Donata Francescato: http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2017/Inquinamento/Commento_Donata_Francescato.pdf