Dalla pagina Facebook di Gabriele Del Grande:
Al mio quinto giorno di libertà, mi riaffaccio per la prima volta su facebook e mi commuovo scorrendo le vostre bacheche. Vorrei abbracciarvi uno ad uno per la seconda volta. Il primo abbraccio ce lo siamo già dati venerdì scorso, ma io ero in cella a Mugla e forse non ve ne siete accorti. Era il mio nono giorno in isolamento e il quarto di sciopero della fame. Quella mattina avevo finalmente incontrato Taner Kilic, il mio avvocato turco. Prima di spiegarmi perché ritenesse completamente illegale il mio fermo, tirò fuori un’agendina nera e iniziò a leggere dai suoi appunti. “Devi sapere cosa sta accadendo là fuori”. Alexandra, la mia famiglia, gli amici della sposa, le piazze, i sindaci, i parlamentari, la stampa italiana, turca e internazionale.
Quella notte non riuscii a dormire. E piansi come un bambino. Erano lacrime di gioia, liberatorie. Era il vostro abbraccio che mi arrivava da lontano a dirmi che non ero più solo, che là fuori c’era una famiglia variegata e forse un po’ sgangherata, ma fatta di persone che si vogliono bene. Persone generose, capaci di sognare insieme e insieme spendersi nelle mobilitazioni in cui credono. Persone che quando qualcuno ha bisogno non si tirano indietro. Proteggono. Forse è per questo che abbiamo fatto tanto notizia. Perché non c’è nessun potere forte dietro di noi, se non il forte potere dell’amicizia e degli ideali.
A questa comunità di persone e amici voglio dire una sola cosa: grazie.
Ci tengo anche a tranquillizzarvi sulle mie condizioni. Nonostante le due settimane dietro le sbarre, sto bene. Stanotte ho perfino dormito, per la prima volta dopo quattro giorni di insonnia!
Non so se l’esperienza della detenzione mi abbia reso più forte o più fragile.
Di certo mi ha servito su un piatto d’argento storie che andavo cercando da mesi e che per assurdo non avrei potuto trovare altrove se non dietro le sbarre. Sia la storia esclusiva che mi aveva portato a Reyhanli (davvero pensate abbia preso dei rischi senza un buon motivo?), sia le storie dei compagni di cella che per caso ho incontrato ad Hatay.
È il paradosso di chi fa questo mestiere. Ogni disavventura alla fine può rivelarsi una grande fortuna nella misura in cui ti permette di portare a casa la storia giusta.
Adesso, la mia priorità è respirare, ritrovare gli affetti e riprendere fiato prima dell’ultimo giro di giostra dell’inchiesta narrativa di #unpartigianomidisse.
In tv non mi vedrete per un po’. Ho deciso di non cavalcare l’onda mediatica esplosa sul mio caso.
Per quanto portatore sano di una storia insana, il mio posto è altrove. Il mio posto è in viaggio.
Lunedì all’alba io e Alexandra torniamo in Grecia.
Grazie di nuovo a tutti e buon cammino anche a voi!
Gab