L’approvazione avvenuta ieri in sede ONU del testo di Trattato sul commercio di armamenti è un passo sicuramente importante per tutte quelle associazioni a livello internazionale, tra cui la Rete Italiana per il Disarmo, che da dieci anni si battono regolamentare i trasferimenti di armamenti. Non è un caso che solo dopo un percorso lungo, diversi momenti di discussione e anni dubbi, in particolare da parte degli Stati Uniti, si sia arrivati a questa approvazione solamente grazie a una forte pressione internazionale.
Certamente il Trattato approvato non copre tutte le problematiche che esistono nel commercio di armi, ma già il fatto di aver previsto delle regole mondiali comuni in un commercio che oggi è regolamentato meno di quello delle banane è importante. La Rete Italiana per il Disarmo plaude quindi al coraggio e dalla determinazione di molti Stati che, nonostante il blocco dell’approvazione per consenso della scorsa settimana effettuato da Iran, Corea del Nord e Siria, hanno chiesto ottenuto che il Trattato e il suo testo venissero subito approvati a maggioranza dall’assemblea Generale delle Nazioni Unite. “Sicuramente non ci fermeremo qui, e continueremo a lavorare affinché questa sia solo il primo passo di un cammino ancora più forte di regolamentazione degli armamenti – afferma Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – per cui il nostro lavoro continuerà sia livello italiano che internazionale. Il trattato entrerà in vigore solo dopo la ratifica dei primi 50 paesi, e sarebbe un segno molto importante e forte poter annoverare l’Italia tra i primi paesi a portarne a termine la ratifica, anche per valorizzare la grande tradizione di trasparenza su questi aspetti che il nostro paese possiede”.
Non a caso lo stesso Segretario ONU Ban Ki-moon, nel commentare il voto all’Assemblea Generale, ha affermato ”Mi congratulo con i membri della società civile per il ruolo fondamentale che hanno giocato dalla nascita di questo processo, attraverso i loro contributi di esperti e il loro sostegno entusiasta”. La soddisfazione è dunque condivisa anche a livello internazionale: gli attivisti della campagna Control Arms hanno definito l’approvazione “l’alba di una nuova era, perché questo voto invia un segnale chiaro ai trafficanti di armi e a chi viola i diritti umani: il loro tempo è scaduto”. E ancora “Se si pensa al grande interesse economico e il potere politico in gioco per i grandi produttori ed esportatori di armi, si coglie come questo Trattato sia un omaggio per la società civile che da tempo sostiene l’idea che con meno armi si possano salvare vite umane e ridurne le sofferenze” ha affermato Widney Brown, Senior Director per Amnesty International.
Dopo sei anni di negoziati diplomatici e più di 10 anni di campagna della società civile internazionale l’approvazione è infatti stata raggiunta con una maggioranza schiacciante (154 voti SI – NO 3 voti, 23 astenuti).
Il Trattato sancisce nel nuovo diritto internazionale un insieme di regole chiare per tutti i trasferimenti globali di armi e munizioni anche se mantiene sicuramente dei lati problematici, se si entra nel merito delle decisioni prese “Come avevamo già messo in evidenza, il Trattato rappresenta un compromesso al ribasso voluto da diversi paesi (tra cui Stati Uniti, Russia, India e Cina) – sottolinea Maurizio Simoncelli vicepresidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disamo – e sono molte ancora le lacune che la bozza di Trattato non è riuscita a colmare, malgrado il testo presentato l’ultimo giorno di lavori abbia fatto dei passi in avanti. Le superpotenze mondiali hanno mostrato l’incapacità di fare passi in avanti decisi. L’adozione non sarà sufficiente a creare un regime di controlli effettivi e stringenti su tutte le armi”
Infatti il Trattato riguarda solo i principali sistemi d’arma (carri armati, veicolo corazzati da combattimento, sistemi di artiglieria di grosso calibro, aerei da combattimento, elicotteri d’attacco, navi da guerra e sottomarini, missili e missili lanciatori) più le armi leggere e di piccolo calibro. Permane una serie di limitate forme di controllo sulle munizioni e sulle componenti di armi, mentre restano fuori sia le armi da fuoco che non hanno un esclusivo uso militare e tutte le armi elettroniche, radar, satelliti ecc., sia i trasferimenti di armi all’interno di accordi governativi e programmi di assistenza e cooperazione militare (poiché esso riguarda solo il commercio di armi). “Ora il lavoro delle organizzazioni della società civile si sposta su un proseguimento di mobilitazione affinché il Trattato entri in vigore, soprattutto monitorandone l’attuazione che ne faranno i singoli paesi e il Segretariato che il testo approvato ha creato” conclude Simoncelli.
Intanto comunque è positivo che si siano iniziate a prevedere regole internazionali condivise: “Con l’approvazione di questo Trattato viene chiaramente sconfitto chi per interessi politici o economici è sempre stato contrario ad una regolamentazione del commercio delle armi. – sottolinea Giorgio Beretta, ricercatore di Rete Disarmo – Tra gli oppositori al Trattato oltre a diversi governi autoritari e dittatoriali figurano infatti anche diverse lobbies tra cui soprattutto la National Rifle Association degli Stati Uniti di cui uno dei maggiori sponsor è la ditta Beretta USA. A questi signori oggi il mondo ha detto che le armi non sono né un “diritto costituzionale” né un “simbolo della democrazia”: sono invece una merce che per troppo tempo è stata venduta e trafficata con la complicità degli stessi produttori”.
Il lavoro dunque continua anche e soprattutto a livello italiano ed europeo e la Rete Disarmo in questi giorni ha già richiesto al governo che vengano diffusi i dati sull’export militare italiano (il termine di pubblicazione è già scaduto) e che si chiariscano le differenze con i dati trasmessi in sede europea come sottolineato nelle scorse settimane dalla nostra Rete.
“La trasparenza è un elemento fondamentale in questo ambito, forse ancora più delle stesse regole. Il nostro auspicio è quindi che si costruisca un serio e preciso meccanismo di rendicontazione da parte di tutti gli stati, sotto l’egida di questo Trattato” conclude Francesco Vignarca.