Judith e Glenn Cherry non ritengono che la pena di morte dia conforto alle famiglie in lutto, anzi sono convinti che aggiunga dolore al dolore facendo soffrire un’altra famiglia.
Non parlano per sentito dire, i signori Cherry: hanno perso un figlio, Jonas, ucciso durante una rapina in Texas, Usa, nel 2006.
Invece, fissata la data dell’esecuzione di uno dei due assassini di Jonas (l’altro, Dewayne Porter, aveva patteggiato una condanna all’ergastolo), i due genitori hanno ribadito la loro opposizione alla pena capitale con queste parole, contenute in un video diffuso quattro giorni fa: “Ci riempie di dolore pensare che a causa della morte di nostro figlio, un’altra persona sarà di proposito messa a morte. Non vogliamo che i familiari di Storey, soprattutto sua madre e sua nonna, assistano a questo omicidio programmato. Loro non hanno colpe”.
La Corte d’Appello del Texas, venerdì 7 aprile, ha dato loro ascolto: l’esecuzione di Paul Storey, prevista cinque giorni dopo, è stata sospesa e il caso è stato rimandato a una corte di livello inferiore. Nel nuovo processo, tra l’altro, occorrerà esaminare la condotta tenuta dalla pubblica accusa nel giudizio originario: in sintesi, aveva mentito comunicando alla giuria che la famiglia Cherry era a favore della pena di morte.
Almeno un membro della giuria ha successivamente dichiarato che, se avesse conosciuto il vero orientamento dei Cherry, non avrebbe votato per la pena di morte.
C’è quindi un problema di falsa testimonianza della pubblica accusa. Un altro motivo per annullare definitivamente la condanna a morte di Storey…