E’ difficile comprendere la sostanza di ciò che sta accadendo, nel corso delle ultime settimane, nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, senza tenere a mente alcuni presupposti, politici, sociali e istituzionali che caratterizzano profondamente questo paese e ne rappresentano aspetti assai originali. Dal punto di vista istituzionale, si tratta anzitutto di una repubblica presidenziale “sui generis”: per un verso, il Presidente della Repubblica, eletto direttamente dagli elettori e dalle elettrici venezuelani, è capo dello Stato e del governo e stabilisce la formazione e la composizione di quest’ultimo; d’altra parte tutte le cariche elettive, anche quella del Presidente della Repubblica, sono revocabili; è possibile, a norma di Costituzione, indire un referendum popolare per la revoca del mandato, una volta che si sia giunti a metà di quest’ultimo.
Dal punto di vista politico generale, inoltre, non assistiamo in Venezuela, per quanto singolare possa sembrare, alla classica divisione dei tre poteri, l’esecutivo, il legislativo e il giudiziario; ancora una volta a norma di Costituzione bolivariana, infatti, il sistema venezuelano è attualmente organizzato in base all’articolazione e alla separazione di cinque poteri: quello esecutivo, esercitato dal Presidente, dal Vicepresidente e dal governo; quello legislativo, esercitato dal Parlamento monocamerale, l’Assemblea Nazionale; quello giudiziario, attraverso il Tribunale Supremo di Giustizia; il potere cittadino, attraverso il Consiglio della Repubblica, che funge da istanza popolare e da controllo pubblico degli atti istituzionali e amministrativi; il potere elettorale, che sovrintende e regola tutti i processi elettorali in cui si esprime la volontà popolare, attraverso il Consiglio Nazionale Elettorale.
Non finisce qui, perché la sostanza della realtà politica, “partecipativa” e “protagonistica”, del modello bolivariano, vale a dire del sistema politico così singolare e per molti aspetti innovativo della repubblica venezuelana, inaugurato dall’ascesa al potere di Hugo Chavez e confermato poi con i successivi mandati, fino a quello attualmente in vigore di Nicolas Maduro, è un’altra: non esiste in Venezuela un’unica forma di potere politico, attraverso l’abituale articolazione istituzionale “costituita” (istituzioni della repubblica e organismi dell’amministrazione), bensì una duplice forma. Accanto alla forma del potere “costituito”, infatti, esiste anche quella del potere “costituente” (inteso come insieme delle formazioni e delle pratiche delle organizzazioni sociali orientate alla piena realizzazione della Costituzione bolivariana) che ad esempio si esprime nelle forme di autorganizzazione e di protagonismo sociale, quali i Consejos Comunali e le Comunas.
Sintetizzando: la Costituzione bolivariana è un tipico esempio di Costituzione programmatica, nel senso che impegna le articolazioni istituzionali, politiche e sociali al conseguimento dell’obiettivo della piena maturazione di una società “di diritto e di giustizia”. Secondo l’art. 2: «Il Venezuela si costituisce in stato democratico e sociale di diritto e di giustizia, che sostiene come valori superiori del proprio ordinamento e della propria attività la vita, la libertà, la giustizia, l’uguaglianza, la solidarietà, la democrazia, la responsabilità sociale e, in generale, la preminenza dei diritti umani, l’etica e il pluralismo politico». D’altro canto, secondo l’art. 70: «Sono mezzi di partecipazione e protagonismo del popolo nell’esercizio della propria sovranità: l’elezione di cariche pubbliche, il referendum, la consultazione popolare, la revoca del mandato, l’iniziativa legislativa, costituzionale e costituente, la giunta aperta e l’assemblea dei cittadini, le cui decisioni saranno di carattere vincolante; […] le istanze di attenzione cittadina, l’autogestione, la cogestione, le cooperative, […] l’impresa comunitaria e altre forme associative guidate dai valori della cooperazione e della solidarietà».
In questo singolare equilibrio di poteri, che assegna alla funzione costituente del popolo, nelle sue organizzazioni e nelle sue articolazioni, la funzione fondamentale nell’attuazione e nel compimento delle disposizioni costituzionali, un elemento di rottura assai significativo si è verificato all’indomani delle elezioni parlamentari del dicembre 2015, quando il Tribunale Supremo di Giustizia (TSG) dichiarò nulla l’elezione di quattro deputati; tra questi, tre dell’opposizione al governo Maduro. Era un fatto di rilievo, dal momento che senza questi tre deputati all’opposizione, che pure aveva vinto quelle elezioni, veniva a mancare la maggioranza qualificata dei due terzi, che le avrebbe garantito poteri maggiori nei confronti del governo e del Presidente. La maggioranza parlamentare, in mano alla opposizione, ha tuttavia deciso di non sottostare alla deliberazione del TSG, di insediare ugualmente i tre deputati e di porsi di conseguenza, secondo un successivo deliberato del TSG, in situazione di oltraggio alla Corte stessa. Nella vigente situazione costituzionale venezuelana, in cui l’iniziativa legislativa non è di pertinenza esclusiva del Parlamento e dei cittadini (art. 204 Cost.), il Parlamento può varare leggi “organiche” solo con la maggioranza dei due terzi, mentre con la maggioranza dei tre quinti può licenziare leggi “abilitanti” (art. 203 Cost.), e le opposizioni hanno “solo” la maggioranza dei tre quinti, ma non quella, in virtù dei seggi contestati, dei due terzi, ecco che tale decisione ha determinato il conflitto istituzionale su cui è recentemente intervenuto il TSG.
Quest’ultimo, con due sentenze recenti (la 157 e la 158 del 1° aprile 2017) ha chiarito il senso e la portata dei “punti controversi” contenuti nelle due precedenti sentenze emesse (la 155 e la 156 dei precedenti 28 e 29 marzo 2017), la cui formulazione aveva aperto dubbi e fatto insorgere settori non solo anti-bolivariani, in patria e all’estero. Questi avevano denunciato in relazione all’obiezione all’immunità parlamentare nelle vigenti condizioni di irregolarità nella composizione del Parlamento e all’attribuzione al presidente della facoltà di assumere iniziative legislative eccezionali per mantenere la stabilità democratica, la messa in moto di un vero o presunto golpe istituzionale.
Non solo tali punti, nelle due sentenze di chiarificazione, sono stati soppressi, ma in unìulteriore nota esplicativa il Presidente del TSG ha chiarito che «le decisioni assunte dal TSG non hanno spogliato il Parlamento delle sue prerogative, così come non ne hanno annullato le funzioni. Riconoscono, in particolare, l’immunità parlamentare come una garanzia della funzione legislativa, nelle forme e con le limitazioni stabilite dal dettato costituzionale. È responsabilità esclusiva dell’organo legislativo ripristinare il valido esercizio legale e legittimo delle proprie competenze costituzionali, fare proprie le decisioni del potere giudiziario e sottoporsi allo stato di diritto».
Il punto di svolta della controversia è stato definito nella riunione, appositamente convocata, del Consiglio di Difesa Nazionale. Tenutasi lo scorso 1° aprile e presieduta dal Presidente della Repubblica, questa si è espressa in merito alla controversia tra la Procura Generale della Repubblica (cui il presidente si era rivolto sottoponendo un quesito in merito alla ratifica da parte del Parlamento di un provvedimento assunto nell’esercizio delle proprie funzioni) e la Sezione Costituzionale del TSG e ha ribadito che «l’istanza competente ai fini del controllo di costituzionalità degli atti emanati dagli organi del potere pubblico nazionale, così come ai fini della risoluzione dei conflitti tra poteri» è la Sezione Costituzionale del TSG. Ha poi sollecitato il TSG stesso a rivedere le sentenze 155 e 156 «al fine di preservare la stabilità istituzionale e l’equilibrio dei poteri» e ha confermato infine che «squilibri e conflitti tra i diversi rami del potere pubblico nazionale vanno risolti in base ai meccanismi di controllo costituzionale e attraverso la collaborazione tra i poteri».
A propria volta, il Consiglio di Difesa Nazionale, in base all’art. 323 della Costituzione, «è il massimo organo consultivo per la pianificazione e assistenza del potere pubblico nei temi inerenti alla difesa integrale della nazione, la sua sovranità e l’integrità del suo spazio geografico» […]. Se da un lato, dunque, la sua convocazione testimonia la gravità della controversia inter-istituzionale che si è recentemente prodotta in Venezuela, dall’altro la sua deliberazione e il concerto istituzionale che ne è seguito smentiscono nei fatti le accuse di “golpe istituzionale” che pure, da più parti, sono state mosse nei confronti del potere bolivariano. L’evoluzione di tale diatriba apre se mai ulteriori riflessioni: in ordine alla specificità e all’originalità dell’esperimento sociale, politico e istituzionale che il processo bolivariano ha saputo mettere in moto dal 1999 ad oggi e se si vuole al complesso equilibrio dei poteri e delle funzioni nell’architettura istituzionale bolivariana, ma anche in ordine al carattere della maggioranza parlamentare oppositrice del potere chavista, che continua ad alimentare tensione e contrapposizione e non manca di porsi ai limiti, se non al di fuori, del dettato costituzionale.