Le elezioni politiche in Olanda segnano un’importante inversione di tendenza rispetto all’avanzata in apparenza inarrestabile del populismo xenofobo e anti-islamico rappresentato in Europa dai vari Farage, Le Pen e Salvini e negli Stati Uniti da Trump. I toni, gli slogan e le proposte della campagna elettorale di Geert Wilders erano quasi uguali a quelli adottati dall’Ukip di Farage, che avevano portato alla vittoria del “leave” nel referendum di giugno in Gran Bretagna: gli immigrati colpevoli di tutti i mali, l’Olanda è la nostra terra, riprendiamoci le chiavi di casa nostra e decidiamo noi chi far entrare e chi no, basta con la feccia marocchina, bando del Corano, chiusura delle moschee, delle frontiere e dei centri di asilo, uscita dall’UE…
Con un’affluenza alle urne dell’82%, gli olandesi hanno respinto questa retorica razzista assegnando la vittoria al partito di centrodestra del premier Mark Rutte, ma soprattutto portando a un inatteso e clamoroso successo la Sinistra Verde guidata dal trentenne ex sindacalista Jesse Klaver, che ha quadruplicato il numero di seggi in Parlamento e raggiunto secondo alcuni media il 9% dei voti e secondo altri addirittura il 14%.
Klaver ha parlato di disuguaglianze economiche, ingiustizie sociali, lavoro precario, energie rinnovabili e cambiamenti climatici ed esaltato valori come “la libertà, la tolleranza e l’empatia, che i populisti stanno distruggendo”. “Tassiamo ciò che non vogliamo e rendiamo più vantaggioso ciò che vogliamo, il lavoro” ha proposto, riferendosi alle multinazionali e ai contratti a tempo determinato da una parte e agli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato dall’altra. Una posizione che continua la sua precedente battaglia all’evasione fiscale delle multinazionali.
Klaver ha chiuso la campagna elettorale dicendo “questa non è la fine, ma il punto di partenza del nostro movimento” e sostenendo “la necessità di unirsi non soltanto contro i populismi, ma anche contro la sacra trinità della crescita, del mercato e di sempre meno Stato”.
Ed è stato premiato da un elettorato, soprattutto giovane, stanco delle politiche liberiste sostenute dai laburisti, il cui crollo è stato probabilmente causato dalle loro posizioni troppo favorevoli all’austerity.
E’ improbabile che i Verdi vengano chiamati a far parte del nuovo governo, ma il loro successo e la mancata, temuta vittoria dei populisti di Wilders dimostrano che i temi sfruttati dall’estrema destra in chiave razzista e xenofoba si possono riproporre in una direzione di solidarietà e giustizia sociale. Una lezione di cui partiti e movimenti progressisti di tanti altri paesi dovrebbero tener conto.