È tempo di agire per evitare una nuova catastrofe. Per evitare il fallimento del 2011 quando in Somalia morirono 260mila persone, fra cui 133mila bambini, perché il mondo non riuscì ad intervenire tempestivamente alla carestia che colpì i paesi del Corno d’Africa. A sei anni di distanza, la regione dell’East Africa è di nuovo sull’orlo di una nuova carestia, che per il momento è stata dichiarata solo in due province del Sud Sudan, dove vivono più di centomila persone.
“Se la risposta umanitaria non sarà efficace e tempestiva, probabilmente ci troveremo di fronte alla più grave carestia del nuovo millennio”, dichiara Giacomo Franceschini Direttore dei Programmi di INTERSOS. “Quando viene dichiarata una carestia, vuol dire che abbiamo già fallito, che molte vite umane saranno perdute perché non si è riusciti a prevenire una catastrofe spesso annunciata. Su questo – continua Franceschini – dobbiamo davvero evitare ogni consolatorio fatalismo. Se la siccità è determinata anche da condizioni naturali, la carestia dipende interamente dal mancato intervento o dai danni prodotti dall’uomo, che per i paesi di cui stiamo parlando significa conflitti permanenti che hanno portato al collasso le strutture statali e aiuti insufficienti. Per questo lanciamo un appello affinché le agenzie internazionali garantiscano i fondi necessari per far fronte a questa nuova emergenza, in particolare per proteggere i bambini, ed evitare nel modo più assoluto una carestia come quella del 2011”.
COORDINAMENTO ED EFFICIENZA, L’UNICA RISPOSTA ALL’EMERGENZA
L’unica risposta efficace a questa emergenza deve essere a carattere regionale. “È necessario – osserva Franceschini – che si instauri un giusto ed efficace coordinamento e condivisione di informazioni tra tutti i paesi coinvolti poiché negli ultimi anni sono cresciuti in modo considerevole gli spostamenti trans-frontalieri tra i paesi coinvolti, in particolare quelli del Corno d’Africa”.
17 MILIONI DI PERSONE A RISCHIO, SUD SUDAN E SOMALIA I PAESI PIÙ COLPITI
Attualmente sono oltre 17 milioni le persone che si trovano in condizione di grave insicurezza alimentare tra Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Uganda.
In Sud Sudan metà della popolazione, circa 5 milioni e mezzo le persone, rischia la vita per via dell’insicurezza alimentare. Gli operatori umanitari di INTERSOS sono già a lavoro per contrastare gli effetti della siccità con diversi progetti in Upper Nile, Unity, Jonglei, Western e Central Equatoria, volti a rispondere anche alla tragica crisi umanitaria ancora in corso in seguito al conflitto interno esploso nel 2013. INTERSOS sta portando aiuto a migliaia di persone sfollate in fuga dalle violenze, distribuendo cibo e beni di prima necessità, garantendo l’accesso all’acqua pulita, proteggendo donne e bambini a rischio di abusi e violenze, costruendo scuole e spazi sicuri per garantire l’accesso all’istruzione e ai servizi ricreativi ai bambini vittime del conflitto.
In Somalia i numeri sono altrettanto allarmanti. “Da qui a giugno si prevede che saranno oltre 3 milioni le persone in Somalia colpite dalla siccità”, dichiara Francesco Mazzarelli, Responsabile per East Africa e Yemen di INTERSOS, presente in Somalia dal 1992. “Non piove ormai da mesi e i prezzi dei generi alimentari hanno raggiunto dei livelli inaccessibili per la popolazione. A ciò si aggiunge la continua insicurezza causata dai continui conflitti armati”, aggiunge Mazzarelli. “La siccità non porta automaticamente alla carestia. A determinarla sono anche altri fattori, come la debolezza delle istituzioni e delle infrastrutture, la presenza di un conflitto armato e la difficoltà di accesso delle organizzazioni umanitarie. Tutti elementi che purtroppo in Somalia sono da tempo una costante”.
I numeri di questa nuova crisi sono già drammatici: oltre 6 milioni di persone, la metà della popolazione somala, si trovano in una condizione di urgente stato di bisogno, migliaia di famiglie stanno abbandonando le loro case per cercare rifugio anche fuori dal confine. Ma se nel 2011 più di 130mila somali trovarono rifugio nel campo profughi di Dadaab in Kenya, il più grande del mondo, che ospita attualmente oltre 250mila somali (dati UNHCR, gennaio 2017), questa soluzione potrebbe non essere più praticabile poiché le autorità di Nairobi hanno recentemente deciso la chiusura del campo entro il mese di maggio del 2017.
“La nostra più grande preoccupazione è per i più vulnerabili: sono 944mila i bambini malnutriti sotto i 5 anni, tra loro 185mila a rischio di malnutrizione acuta severa”, dichiara Andrea Martinotti, Capo Missione in Somalia di INTERSOS.
Anche in Somalia gli operatori umanitari di INTERSOS stanno già lavorando per contrastare gli effetti della siccità con progetti di assistenza medica e sanitaria e programmi nutrizionali nei distretti di Jowhar e Balcad, e con interventi nel settore dell’acqua e dell’igiene nel distretto di Baidoa.