Amnesty International ha sollecitato l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw), il cui Comitato esecutivo si riunisce all’Aia, in Olanda, dal 7 al 10 marzo, a indagare sugli attacchi compiuti dall’esercito del Sudan in Darfur.
In un rapporto pubblicato nel settembre 2016, Amnesty International aveva rivelato prove credibili sul ripetuto uso delle armi chimiche contro i civili, compresi bambini, nella regione darfuriana del Jebel Marra.
“Quegli attacchi brutali si ritiene abbiano causato dai 200 ai 250 morti e decine e decine di feriti. L’Opcw deve indagare in modo approfondito e indipendente. Se gli stati membri non lo consentiranno, si tratterà di una vera e propria abdicazione al loro dovere”, ha dichiarato Michelle Kagari, vicedirettrice di Amnesty International per l’Africa orientale, il Corno d’Africa e la regione dei Grandi laghi.
“Alcuni stati membri si sono detti preoccupati per le nostre denunce. Ma non basta. Occorrono passi concreti per determinare la reale natura e dimensione del programma di armi chimiche del Sudan e per chiedere al suo governo la massima cooperazione con l’Opcw”, ha proseguito Kagari.
Amnesty International ha sollecitato gli stati membri dell’Opcw a chiedere chiarimenti al governo sudanese sugli attacchi chimici nel Jebel Marra. Se non li ottenessero, dovrebbero chiedere un’ispezione sul posto come previsto dall’articolo IX della Convenzione sulle armi chimiche.
La comunità internazionale nel suo complesso dovrebbe premere sul governo del Sudan affinché consenta ai peacekeeper delle Nazioni Unite e dell’Unione africana, così come alle agenzie umanitarie, di avere libero accesso nella regione del Jebel Marra per fornire aiuti umanitari di vitale importanza, istituire basi operative e avviare pattugliamenti preventivi.