La banca tedesca Bayerische Landesbank (BayernLB) è una delle 17 banche che hanno investito nel controverso oleodotto Dakota Access, destinato a trasportare petrolio ottenuto dal fracking attraverso il continente nordamericano. L’oleodotto rappresenta una minaccia per l’ambiente e le riserve di acqua potabile, oltre a distruggere luoghi sacri della tribù Sioux di Standing Rock, nel North Dakota. Il modo spietato con cui le autorità e le forze di sicurezza hanno represso la resistenza nonviolenta dei nativi e dei loro alleati ha suscitato proteste in tutto il mondo.
Verso la fine dell’anno scorso i protettori dell’acqua di Standing Rock hanno lanciato la campagna “Defund DAPL“, durante la quale alcuni grandi investitori hanno ritirato i finanziamenti all’oleodotto. Adesso si è aggiunta la BayernLB. Il 23 febbraio il capo della banca bavarese, Johannes Jörg Riegler, ha risposto alle domande del Parlamento bavarese. Dopo l’indagine conoscitiva svoltasi a porte chiuse, secondo i media Riegler non ha rilasciato commenti, ma ha fatto distribuire una dichiarazione scritta con la notizia che la BayernLB intende ritirarsi dal finanziamento.
La BayernLB era entrata nel finanziamento dell’oleodotto con € 120.000. Il 75% della banca appartiene allo stato della Baviera, il restante 25% alle casse di risparmio. Nonostante ora politici di tutti i colori si mostrino preoccupati per gli effetti dell’oleodotto, è chiaro che sono state la pressione dell’opinione pubblica e le azioni della società civile a spingere la banca a compiere questo passo. Oltre ad alcuni resoconti comparsi nei media, c’è stato molto lavoro nelle reti sociali, si sono lanciate due petizioni e un grande annuncio nel giornale di Monaco “Süddeutsche Zeitung” è stato pagato con numerose donazioni. Si è anche tenuta una protesta organizzata da tre ONG (Fossil Free Germania, Campact! e Urgewald e.V.) davanti alla sede centrale della banca a Monaco, ripresa da varie televisioni.
L’altra banca tedesca coinvolta nel progetto è la Deutsche Bank (una delle più grandi banche private del paese). La petizione lanciata da “SumOfUs – Persone prima del profitto” e indirizzata alla Deutsche Bank continua a raccogliere firme.
In Italia Greenpeace ha lanciato un’analoga petizione per chiedere a Banca Intesa San Paolo di ritirare i suoi finanziamenti all’oleodotto.