Oggi, 4 febbraio 2017, si svolgerà a Roma, dalle ore 10:00 alle 13:30, la conferenza “Il Mediterraneo che verrà. Arte e formazione per le società del futuro” presso il Centro Arci Malafronte sito in via dei Monti di Pietralata 16.
Alla conferenza interverranno Dounia Benslimane dell’associazione “Racines” fondata nel settembre 2010 a Casablanca per la promozione della cultura, dello sviluppo, dell’industria creativa e della cooperazione in Africa, Massimo Bray (Treccani), Donatella Ferrante (Direzione Generale Spettacolo dal Vivo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – MiBACT), il professor Massimiliano Fiorucci (Centro di Ricerca sull’Educazione Interculturale e la Formazione allo Sviluppo dell’Università degli Studi Roma Tre), Anna Lodeserto (CIE – Center for Intercultural Exchange, Stoccolma/Tangeri), Takoua Ben Mohamed (fumettista e giornalista visuale tra Italia e Tunisia), Enrico Molinaro (Direttore Esecutivo della Rete Italiana per il Dialogo Euro-Mediterraneo) e i rappresentanti delle organizzazioni aderenti a CON.ME – Contemporaneo Mediterraneo, la nuova rete euro-mediterranea sul dialogo interculturale.
Il Mediterraneo, culla di antiche civiltà nonché spazio culturale, già percorso e ampiamente sfruttato dagli antichi romani come rotta commerciale fino a divenire ponte per eccellenza tra diverse culture, ancora oggi intreccia diverse visioni del mondo. Tuttavia, oggi guerre e integralismi, non solo religiosi, sembrano prendere il sopravvento sulle straordinarie opportunità di sviluppo e di crescita che il dialogo e la convivenza tra individui di diverse provenienze potrebbero continuare a generare. L’incontro odierno vuole, dunque, costituire un momento di riflessione collettiva per un confronto su politiche e pratiche della dimensione artistica e della conoscenza con il fine di rafforzare il dialogo tra i popoli che si affacciano sul mar Mediterraneo, nei secoli noto come “Mare Nostrum” dal suo antico nome romano.
Per l’occasione abbiamo intervistato la dottoressa Maria Donata Rinaldi della Direzione Scuola del COSPE (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti), una delle organizzatrici promotrici dell’evento e della rete CON.ME.
Di cosa si occupa la rete Con.Me.?
“La Rete Contemporaneo Mediterraneo è nata formalmente nel 2013 per iniziativa di una quindicina di associazioni impegnate nell’arte, nella cultura, nel teatro, nella cooperazione e nella solidarietà internazionale, il dialogo interculturale, tutte originariamente appartenenti alla Fondazione Euromediterranea “Anna Lindh” per il Dialogo tra le Culture, che ha la sua sede ad Alessandria d’Egitto. La Fondazione si occupa di promuovere dibattiti ed iniziative di riflessione sullo spazio culturale mediterraneo e sulle sfide che oggi questo spazio geopolitico e culturale si trova ad affrontare. Singolarmente le associazioni aderenti sviluppano e realizzano progetti di integrazione, scambio e cooperazione culturale ed artistica coinvolgendo soprattutto giovani, migranti, studenti e artisti delle due sponde del Mediterraneo.”
I fenomeni migratori possono mettere alla prova la nostra capacitò di essere una comunità libera e aperta?
“Non credo che i fenomeni migratori mettano alla prova la nostra capacità di essere comunità libere e aperte, al contrario le esaltano e potenziano. Indubbiamente, la paura dell’estremismo che ha investito l’Europa recentemente mette alla prova la nostra capacità come società civile di contrastare il pregiudizio, i discorsi di odio e di promuovere integrazione e contaminazione culturale. I fenomeni migratori ci interpellano, ci sollecitano, ci arricchiscono, ci stimolano a praticare con sempre maggiore convinzione i diritti e le pari opportunità per tutte e tutti i cittadini dello spazio mediterraneo, e ben oltre.”
Come possono “le arti e la formazione” avere un ruolo importante nella costruzione di ponti tra diverse culture?
“Fra le conclusioni del MED Forum 2016 che si è svolto lo scorso mese di ottobre a Malta per iniziativa della Fondazione Anna Lindh, l’arte e la cultura sono state individuate come una delle chiavi privilegiate di accesso al dialogo e allo scambio interculturale, in particolare di mobilitazione giovanile. L’importanza degli artisti per la loro capacità di rappresentazione delle realtà ricche e complesse dell’intera regione e per il ruolo che essi possono avere nell’attirare audience. La formazione per le arti e nelle arti permette di sviluppare alleanze e sinergie fra i diversi protagonisti e di coinvolgere un pubblico sempre più ampio in una sorta di alleanza e sinergia di creatività. È essenziale in questo il ruolo dei media e la formazione interculturale dei giovani.”
Proprio in occasione della conferenza “Il Mediterraneo che verrà. Arte e formazione per le società del futuro” in programma a Roma, che si svolgerà con il patrocinio dell’Assessorato alla Crescita Culturale del Comune di Roma, saranno presentate buone prassi di protagonismo giovanile e di formazione interculturale delle nuove generazioni su entrambe le sponde del Mediterraneo e oltre. Tra queste, Anna Lodeserto ci racconterà del lavoro in materia svolto negli ultimi mesi con il CIE (Centro per gli scambi interculturali), un’organizzazione europea nata come gruppo informale di giovani (la tipologia di partecipazione nota come “Informal Group of Young People” ammissibile per le progettualità nell’ambito del programma europeo Erasmus+ e prima ancora sotto Gioventù in Azione proprio per rafforzare le capacità delle nuove generazioni di gestione di iniziative coerenti con lo sviluppo dei territori di provenienza e nel confronto a livello transnazionale) e ora cresciuta al punto di vincere e gestire in maniera autonoma progetti europei dal Marocco alla Svezia che favoriscono l’incontro, il dialogo e lo sviluppo di pratiche di cittadinanza attiva, inclusione sociale, costruzione di percorsi di pace e rafforzamento di capacità di giovani migranti. “Il Mediterraneo che verrà dovrà essere coeso nel rispetto delle diversità molto più di quanto questa nostra Europa dolorante sembri essere oggi e in grado al tempo stesso di rafforzarla e infonderle un nuovo slancio che vada oltre i limiti della stessa Unione e i confini che da questa spingono per riemergere e far muro. Lo spazio senza confini di un mare che deve tornare a essere crocevia di scambi e di percorsi di sviluppo della profonda comunanza e diversità del vicino che osservo e immagino dall’altra sponda, anziché quella fossa comune della brutale trasformazione contemporanea di fronte alla quale troppo spesso ci limitiamo ad assistere, nonché la casa che le nuove generazioni si preparano ad abitare e intorno alla quale vorranno trovare quella stessa accoglienza autentica che sapranno offrire a fronte di ogni sbarco culturale, sociale, economico e, in primis, umano.” È quanto ci racconta in preparazione della conferenza la stessa Anna Lodeserto che presenterà alcuni dei progetti appena condotti nella regione del Mediterraneo meridionale come il VAEMC (Value for Active Euro-Mediterranean Citizenship) che ha visto la partecipazione di giovani provenienti da tutta Europa grazie al programma Erasmus+.
In conclusione, sembra quasi di sentir risuonare le memorabili parole di Predrag Matvejević, il celebre scrittore croato scomparso poche ore fa e famoso in tutto il mondo per il suo “Breviario Mediterraneo” nel quale ricordava come “Non sappiamo neppure fin dove si estenda: quanto ampi siano i tratti della costa che occupa, fin dove si spinga nelle rientranze del territorio e dove in effetti cessi. Gli antichi Greci lo videro da Phasis sul Caucaso fino alle Colonne d’Ercole, andando da oriente verso occidente, sottintendendo i suoi naturali confini verso nord e trascurando qualche volta quelli a sud. La saggezza antica insegnava che il nostro mare arriva fin dove cresce l’ulivo. E tuttavia, non è ovunque così: ci sono posti che si trovano proprio sulla costa che non sono mediterranei o lo sono in misura minore rispetto ad altri che ne sono più distanti. In certi punti la terraferma fatica ad adattarsi al mare e non riesce a inserirvisi. E altrove le peculiarità meridionali contraddistinguono parti del territorio continentale, penetrano in esso con molteplici effetti e conseguenze. Il Mediterraneo non è solo geografia.”
Non solo geografia, ma popoli, storie, peculiarità da scoprire e da vivere, partendo e ripartendo senz’altro dall’arte e dalla cultura come patrimonio condiviso di un Mediterraneo da ripensare e riattivare.