A pochi chilometri da San Salvador de Jujuy si ubica il Barrio Alto Comedero, uno dei quartieri più grandi e popolari della provincia che ha finito col marcare fortemente il destino di Milagro Sala.
All’interno dell’Alto Comedero infatti Milagro Sala e la sua organizzazione Tupac Amaru hanno costruito migliaia di case popolari per realizzare successivamente nella stessa area delle fabbriche, un centro culturale, una scuola, un centro sanitario, spazi ricreativi, parchi giochi e il più grande parco acquatico del nord dell’Argentina.
Proprio sulla quelle realizzazioni si appoggiano oggi le accuse ingiustificate e illegittime alla leader Sala che da oltre un anno paga con la propria libertà l’azione anticostituzionale e illegale portata avanti dal potere giudiziario locale.
Per strani giochi del fato, a pochi chilometri da quel quartiere fiore all’occhiello della Tupac Amaru, si erge anche il carcere nel quale da 384 giorni è detenuta Milagro Sala.
La richiesta di entrare con le nostre telecamere nel carcere di Alto Comedero per intervistare Milagro Sala è stata rifiutata così come in precedenza quella d’incontrare il governatore Gerardo Morales. Non ci resta quindi che rendere visita a la flaca come qualsiasi altro visitatore.
Quando si oltrepassano i robusti cancelli grigi del penitenziario inizia un lungo gioco all’attesa e al controllo. Dopo l’identificazione e dopo l’annuncio di volere far visita a Milagro Sala, s’innesca un meccanismo, ormai rodato dopo più di un anno, che comporta il passaggio da un agente penitenziario all’altro per le verifiche di rito e per un attentissimo monitoraggio corporale.
Con un po’ di pazienza veniamo infine accompagnati nell’area all’aperto riservato al ricevimento, in giorni e orari prestabiliti, di familiari e di amici e in cui si trovano esclusivamente le detenute donne.
La guardia carceraria grida il nome di Milagro Sala e immediatamente eccola arrivare. In tenuta sportiva, scarpe da running, magra e a passo veloce ci viene incontro.
Ci riceve a braccia aperte, uno per uno, e nel suo abbraccio forte e commosso ci sono lunghi attimi di un silenzio parlante.
Con poche parole e qualche sorriso scarichiamo un po’ di tensione accumulata nei giorni precedenti. “Sei italiano, è vero? E’ vero che mi conoscete anche all’estero?” mi chiede Milagro con tono commosso, curioso e incredulo.
Arriva rapida la mia risposta, poi il mio saluto anche da parte degli altri amici della Redazione di Pressenza e infine un grosso pezzo di grana padano portato dall’Italia.
D’improvviso, quasi di scatto, Milagro mi afferra una mano e mi porta a lato di una giovine guardia carceraria che si trova pochi metri più in la. “Visto, visto mi conoscono pure fuori dall’Argentina, diglielo” dice Milagro con un sorriso fiero e rasserenante.
Inizia in questo modo la visita alla leader della Tupac Amaru. Oggi c’è il sole pure dentro di lei. Si fa in quattro per dedicare del tempo a tutti coloro che sono lì attorno a lei. Gioca con i nipoti con un tutore al ginocchio sinistro, discute con i familiari, corre a salutare le altre persone che di volta in volta oltrepassano la soglia dell’area di ricevimento.
Bastano pochi istanti e poche riflessioni per comprendere come dentro quel corpo esile e provato dalla prigionia c’è la forza di una donna coraggiosa e generosa che non riesce neppure in carcere a non anteporre gli altri a se stessa.
Dentro quella prigione Milagro ha portato l’alto senso di responsabilità nei confronti di un intero popolo che contava su di lei. Ha portato il timore di dovere assistere alla distruzione di quanto creato dalla Tupac Amaru nell’ultimo decennio. Ha portato il dolore e la sofferenza per le persecuzioni e le minacce sistematiche che i suoi tupaqueros continuano a subire per il semplice fatto di essere tupaqueros e per essergli stati vicino. Ma tutto ciò non è sufficiente a toglierle la determinazione e la forza.
La sua capacità di lottare per i diritti è inesauribile ed è incredibilmente efficace anche all’interno del carcere di Alto Comedero dove Milagro si è battuta e continua a battersi giornalmente per migliorare le condizioni di vita di tutti i detenuti.
Tra un mate ed alcuni profondi pensamenti giunge l’ora dei saluti, arriva qualche lacrima e con esse l’auspicio d’incontrasi la prossima volta en la calle (per la strada).
Abbiamo trascorso qualche ora anche fuori dal carcere di Alto Comedero per raccogliere le riflessioni di alcune persone che sono andate a fare visita a Milagro da diverse parti dell’Argentina. Nel video qui di seguito abbiamo raccolto le loro testimonianze.