Se, come dice l’ISTAT, quasi il 30% degli italiani vive in povertà, ma il governo spende 64 milioni al giorno per preparare la guerra, c’è un problema. Anche costituzionale. E il referendum lo ha mostrato in tutta la sua gravità
E’ passata una settimana dal referendum costituzionale che ha visto la grande partecipazione popolare e la netta vittoria del No alle riforme costituzionali, proposte dal governo. Questo esito ha portato la sera stessa del referendum alle dimissioni del presidente del consiglio Renzi in diretta televisiva, con l’apertura di una crisi extra-parlamentare. E, contemporaneamente, all’avvio della ricerca del capro espiatorio. Mentre nel corso della settimana successiva il presidente Mattarella ha cercato di trovare una soluzione costituzionale all’inedita crisi di governo, non abbiamo letto o ascoltato alcuna auto-critica da parte dei fautori della riforma costituzionale, pesantemente bocciata dagli italiani.
Eppure, due giorni dopo il referendum, il 6 dicembre, l’ISTAT ha pubblicato i dati sulla condizione sociale del Paese: è la drammatica conferma del fatto che 17 milioni e mezzo di italiani – quasi il 30% – sono poveri o a rischio povertà. Mentre il divario tra la fascia della popolazione più ricca e quella più povera si allarga sempre di più: il 20% delle famiglie più ricche si divide quasi il 40% della ricchezza complessiva e, a causa di ciò, il 20% delle famiglie più povere deve sopravvivere con appena il 7,7%. Questa povertà diffusa, inoltre, pone l’Italia agli ultimi posti dell’Unione Europea rispetto alla distribuzione del reddito ed alle condizioni di vita.
Eppure, nelle settimane precedenti al referendum, il 23 novembre, il nuovo Osservatorio italiano sulle spese militari aveva pubblicato l’anticipo del proprio rapporto (che uscirà integralmente a gennaio), che dimostra come negli ultimi due anni le spese militari del governo Renzi abbiano visto un’impennata del 7% del bilancio del Ministero della Difesa. E, come se non bastasse, le previsioni di spesa miliare per il 2017 dello stesso governo – approvate con la manovra di bilancio del 7 dicembre, dopo il referendum, con tanto di voto di fiducia! – sono di 23 miliardi di euro all’anno, ossia 64 milioni al giorno (al giorno!), al netto delle spese per i “servizi di polizia”. Inoltre, una parte di queste abnormi spese militari – ossia 5,6 miliardi (cioè 15 milioni al giorno) destinati all’acquisto di nuovi armamenti – derivano non dal Ministero della Difesa ma direttamente dal Ministero per lo Sviluppo Economico. Servono per acquistare altri cacciabombardieri F35, una nuova portaerei, altre fregate, nuovi carriarmati ed elicotteri da attacco…Un eccezionale ammodernamento e sovradimensionamento di un arsenale da guerra in piena regola.
La ministra Pinotti, di fronte alla grande eco avuta sulla stampa nazionale della notizia di queste folli spese militari – confermando i dati – ha detto, a stretto giro, che sono “sono soldi spesi bene”! Tuttavia, nel mezzo c’è stato il referendum costituzionale voluto dal governo, con l’esito clamoroso che conosciamo. Allora, forse i cittadini italiani, con il loro voto massiccio, hanno anche voluto dire che – al contrario – le priorità di spesa pubblica devono essere del tutto diverse, perché l’unica guerra ammessa dalla Costituzione è quella alla disuguaglianza ed alla povertà. Dunque, la Costituzione repubblicana, prima di essere cambiata, va finalmente e pienamente attuata. A cominciare dai Principi Fondamentali, per esempio l’articolo 3 e l’articolo 11, i cui incipit riporto qui, come promemoria: art. 3 Cost: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana; art. 11 Cost: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Dunque, comunque andranno le cose della politica da qui alla fine della legislatura, è meglio che i governi futuri si ricordino di ripudiare la guerra, anziché continuare a ripudiare la Costituzione.