È una significativa coincidenza quella per la quale la ripresa del dialogo tra Belgrado e Prishtina sia stata messa in calendario proprio a partire dallo scorso 16 novembre, data in cui le Nazioni Unite celebrano ed invitano a celebrare la “Giornata della Tolleranza”. Certo, significherebbe forzare le intenzioni dei protagonisti del processo negoziale arrivare ad affermare che una simile scelta possa rappresentare un contributo, attraverso il dialogo regionale e la mediazione politica, per affermare le “salienti finalità” delle Nazioni Unite, preservare la pace nel mondo e la sicurezza a livello inter-nazionale e consolidare un terreno comune di solidarietà e di cooperazione nei Balcani Occidentali.
Tuttavia, è fuori discussione che nella misura in cui sia quanto più possibile sottratto alle ingerenze degli interessi nazionali degli Stati europei più potenti e più attenti alle vicende balcaniche, in primo luogo la Germania e incanalato lungo la traccia segnata dalla legalità e dalla giustizia internazionale, nei suoi principi fondamentali, di parità nelle relazioni, autodeterminazione e non-ingerenza, il dialogo negoziale mediato dalla Unione Europea tra il governo serbo e l’auto-governo kosovaro possa effettivamente concorrere a rafforzare il percorso di superamento del conflitto.
In questo senso, l’accordo sul sistema delle comunicazioni in Kosovo raggiunto dalle due delegazioni lo scorso 13 novembre può rappresentare un passo avanti nella direzione giusta, in applicazione dell’Accordo sulle Comunicazioni del 2013 e del Piano di Azione del 2015. Questi sono a loro volta conseguenza dell’accordo di principio siglato il 19 aprile del 2013, che ha rappresentato il primo, storico, accordo per l’apertura del dialogo e la “pacificazione” delle relazioni tra la Serbia e il Kosovo. Ha fissato in particolare le modalità e le forme dell’organizzazione delle relazioni reciproche, della formazione di una «Comunità dei Comuni Serbi del Kosovo» e del riconoscimento di una sostanziale autonomia dei serbi kosovari nei campi dello sviluppo locale, dell’agricoltura, delle infrastrutture, della istruzione e della sanità. Non va dimenticato infatti che il quadro generale è sancito dalla risoluzione 1244 del 1999 del Consiglio di Sicurezza e che il Kosovo non è a tutt’oggi riconosciuto come stato indipendente dalle Nazioni Unite e lo è da soli 22 su 27 paesi della UE.
L’accordo prevede che al Kosovo sia riconosciuto un prefisso internazionale che non sia né il +381 (della Serbia) né il +377 e il +386, attualmente in corso, bensì un nuovo prefisso, il +383, secondo una formula per la quale, pur avendo tale prefisso carattere di prefisso internazionale, non corrisponde al riconoscimento del Kosovo come stato. Il prefisso sarà infatti richiesto dall’Austria (che aveva già avanzato richiesta un anno fa in occasione della stipula dei precedenti accordi) alla ITU (International Telecommunication Union), l’organizzazione internazionale responsabile della definizione degli standard nelle comunicazioni. La Serbia e il suo operatore nazionale, Telekom Srbija, continueranno a rimanere gli unici membri della stessa organizzazione dell’ITU.
Anche le questioni riguardanti la Telekom Srbija vengono prese in considerazione dall’accordo raggiunto: esso infatti prevede che le comunicazioni tra la Serbia Centrale e il Kosovo non saranno trattate alla stregua di comunicazioni (ad es. telefonate) internazionali, bensì di comunicazioni a lunga distanza. L’operatore serbo (appunto la Telekom Srbija) continuerà a operare in Kosovo non direttamente, bensì attraverso una società derivata, controllata dalla stessa Telekom, la MTS d.o.o., costituita in Kosovo e basata in Kosovo, coerentemente con la legislazione kosovara.
Anche questi sono punti dell’accordo di una certa importanza: recentemente avevano suscitato notevole eco le prese di posizione di alcuni funzionari dell’establishment politico serbo, che avevano denunciato i tentativi di condizionamento delle trattative in corso da parte di settori dell’Unione Europea: le proprietà serbe in Kosovo, e in particolare gli asset di Telekom, avrebbero dovuto essere ceduto o trasferiti a enti o imprese del Kosovo, determinando quindi una vera e propria forzatura, pericolosa anche come “precedente” nel percorso negoziale.
Sono ancora in discussione punti importanti nel dialogo, come la gestione delle risorse minerarie, delle risorse idriche e dell’energia. Proprio per questo è importante che il percorso negoziale si mantenga coerente con le sue “stelle polari” dichiarate e condivise dai protagonisti: il consenso, in ordine allo sviluppo step-by-step, il rispetto del diritto e della legalità internazionale, il contributo al miglioramento, attraverso la soluzione di problemi e questioni concrete, della vita quotidiana dei cittadini del Kosovo, tutti, senza esclusioni e discriminazioni, per un «Kosovo per tutti e per tutte».