Paolo Ermani mi fa incazzare, quasi sempre. E sapete perché? Perché è cocciuto come un mulo, testardo fino a farti uscire dai gangheri, coerente come neanche un monaco buddista, e soprattutto perché ciò di cui parla lo fa.
Non riesci a trovargli dei punti deboli, non riesci a prenderlo in castagna, non lo trovi mai con le mani nella marmellata. E se c’è una cosa che fa incazzare, a questo mondo, è la gente come lui. Cioè le stesse ragioni per cui finisci con l’adorarlo e volergli bene. Soprattutto, lo stimi e ne hai rispetto.
Ma mi fa incazzare, sia chiaro. Non condivido un mucchio di cose del suo approccio che a parer mio è eccessivamente radicale (la sua avversione per alcuni vizi, ad esempio, che io adoro umanamente, e anche per i media, che lui guarda con sospetto e io invece penso che vadano usati), approccio che considero vagamente millenaristico, e che non tiene conto di un paio di cosette molto importanti. Sarà che io sono un anarchico nichilista e individualista, che suppongo faccia incazzare lui di me.
Vedo con piacere nella sua ultima fatica saggistica che Andrea Strozzi, cofirmatario, lo piega un po’ ai numeri, alle analisi macro, e trovo che il sodalizio tra i due sia decisamente fervido e produttivo. Mi fa piacere. Quando ho scritto “Ufficio di scollocamento” (Chiarelettere) con Paolo ho sudato sette camicie per evitare che quel libro diventasse un manifesto oltranzista. Dunque massima solidarietà a Andrea, immagino che non sia stato facile neanche per lui.
Va detto, dopo questa premessa, che la mia stima per Paolo Ermani è totale. Vive come scrive e scrive come vive, prima di tutto. E questo, scusate, ma nella fiera dell’ipocrisia imperante non è poco. Soprattutto vive come dice che bisognerebbe vivere da oltre venticinque anni, cioé quando la Decrescita manco si sapeva che esistesse, o quando la fede nelle magnifiche sorti e progressive della crescita non era quasi intaccata dal dubbio. Ne sa davvero tanto di ciò di cui si occupa e solo per la sua assurda repulsione per i media non è diventato un guru contemporaneo (non per le masse, almeno, anche se tantissimi lo considerano davvero un punto di riferimento). Questa di non andare in televisione, ad esempio, è una delle questioni su cui abbiamo litigato più volte.
Ma veniamo al libro. In questo “Solo la crisi ci può salvare” (Edizioni il Punto d’incontro) Paolo e Andrea danno fondo a tutto quello che sanno. Uno ex bancario, l’altro esperto di resilienza e cultura alternativa da sempre, affrontano e smontano i capisaldi della cultura della crescita, dall’alto e dal basso, e ragionano, ove mai ancora possibile, su ciò che eventualmente fosse rimasto fuori dalla vasta letteratura di “Adesso Basta”, che chiamo così solo per farmi capire ma che ha luminari e grandi firme assai maggiori di me e di noi al suo attivo.
Un saggio non del tutto sistematico, che saltabecca tra questioni macroeconomiche e piccoli dettagli contemporanei, e fa bene a fare così, perché quando bracchi un animale in una battuta di caccia non è il tuo percorso che devi seguire, ma il suo. I due cacciatori non lasciano scampo alla loro preda, infatti. Rincorrono l’illogico e l’assurdo delle nostre vite in tutte le pieghe della nostra società, e riescono a catturarlo. Ci spiegano alcuni retroscena del Sistema e di come tutto sommato non sia impossibile, neppure difficile, cambiare rotta. Se non ci trovate dentro troppe cose sull’individuo, sulle sue crisi interiori, sulla sua storia umana di essere mediocre che si dibatte come tutti noi tra destino, aspirazioni e bisogni irrazionali, non vi preoccupate: potete tornare su questo punto ad altre letture. Quello che conta qui è l’ipotesi concreta che questo sia il momento giusto per cambiare vita, per se stessi e per il pianeta. Appuntamento non da poco.
Conosco un mucchio di gente che si sentirà spiazzata leggendo questo libro. E questo, lo so per certo, è l’effetto rivelatore della giustezza di un libro.
Questo libro è da consigliare a tutti quelli che hanno amato e si sono sentiti provocati da Adesso Basta, Avanti Tutta e Ufficio di scollocamento, perché vi troveranno pezzi, pezzulli, pezzoni o pezzettini di ciò che è rimasto fuori da quelle pagine e solo i due autori, con le loro complementari esperienze, potevano aggiungere.
Da mettere nella propria libreria. E già che ci siete, da leggere senza indugio.