“Esorto i vecchi leader e diplomatici, gli scienziati, gli esperti e la società civile mondiale, a dichiarare nel modo più forte e inequivocabile: le armi nucleari devono essere vietate. Ancor di più: la guerra deve essere vietata.”
Un ricordo e un appello. Il messaggio di Michail Gorbachev alla Conferenza per il 30° anniversario del Summit di Reykjavik.
Reykjavik trent’anni dopo. Ricordando il summit dell’ottobre 1986 tra USA e URSS, tra Reagan e e Gorbachev, la Conferenza internazionale appena svolta nella capitale islandese ha portato la testimonianza diretta dello stesso Presidente dell’Unione Sovietica di quegli anni. Il suo discorso ha toccato il tema anora attuale del confronto e del disarmo nucleare, riportandone il suo ricordo nel contesto di questi nostri tempi difficili e cruciali.
“Vi siete riuniti in un momento cruciale. In momenti come questo, avvertiamo profondamente la continuità del tempo, come il passato si pone in dialogo con il presente e il futuro. Pertanto, questa data non è solo un’occasione per ricordare questo evento storico, ma anche l’occasione per una seria riflessione su cosa fare nei nostri tempi difficili.”
E Mikhail ricorda:
“Come e perché è nata l’idea di un incontro a Reykjavik?Nell’estate del 1986 ricevetti una lettera del Presidente Reagan, che riguardava i negoziati USA-URSS sul disarmo nucleare, e il progetto di risposta preparata dal nostro Ministero degli Esteri. Io trovai i due testi del tutto insoddisfacenti.Ancora una volta mi ero convinto che i negoziati tra le nostre delegazioni a Ginevra si stavano trasformando in una routine, impantanandosi in dettagli tecnici, diventando uno schermo dietro il quale non stesse accadendo nulla di significativo mentre la corsa agli armamenti nucleari continuava. Ma a dispetto di tutto, Reykjavik non è stato un fallimento – si è trattato di un passo avanti. Per la prima volta, abbiamo guardato oltre l’orizzonte.
Eppure, solo pochi mesi prima, al nostro primo vertice a Ginevra, il presidente degli Stati Uniti e io avevamo fatto una dichiarazione: la guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta; i nostri paesi non cercheranno la superiorità militare.
Ma questa affermazione non è stata seguita da passi decisivi per fermare la corsa agli armamenti nucleari.La situazione generale delle nostre relazioni è stata anche causa di grave preoccupazione. Molti pensavano che i rapporti fossero scivolati indietro verso una Guerra Fredda: navi della Marina militare stavano entrando nelle nostre acque territoriali; gli Stati Uniti avevano testato una nuova arma nucleare ad alta potenza; le tensioni si aggravavano a causa di una retorica ostile e di “scandali” spionistici.”
La tragedia di Chernobyl dell’aprile 1986 diede anche per Gorbachev e per ia leadership sovietica una svolta decisiva:
“Nel frattempo, l’incidente nucleare di Chernobyl fu un richiamo vivido per tutti noi sul pericolo nucleare che affrontavamo. Ho detto spesso che ciò ha diviso la mia vita in due parti: prima e dopo Chernobyl. La leadership sovietica convenne all’unanimità sulla necessità di fermare e invertire la corsa agli armamenti nucleari, per sbloccare lo stallo dei colloqui sul disarmo nucleare.I negoziati avevano la necessità di un forte impulso dai vertici, e potevano essere solo il risultato di uno sforzo comune. Era necessario un incontro tra i leader dei due Paesi.Proposi al presidente Reagan di incontrarci in qualche luogo a metà strada tra Mosca e Washington: a Londra o Reykjavik. Decidemmo per Reykjavik e, quasi subito, iniziammo a prepararci in modo da arrivare al summit con proposte che potessero aprire la strada a una svolta. Questo fu l’incarico affidato ai nostri esperti; il Politburo approvò all’unanimità questo approccio.”
Il Summit di Reykjavik sembrò non avere raggiunto i risultati desiderati, a causa soprattutto del disaccordo sul progetto statunitense di creazione dello “scudo spaziale”: il sistema di difesa missilistico americano avrebbe ampliato il confronto nucleare anche al di fuori dell’atmosfera. Ma furono concordi su un'”opzione zero” riguardante l’eliminazione dei missili a gittata intermedia e a corto raggio. Fu il primo passo per la stesura del Trattato INF del dicembre 1987 che si concretizzò con lo smantellamento dei cosiddetti Euromissili: gli SS20 sovietici e i Pershing e Cruise statunitensi.
“Fu la svolta a Reykjavik a scatenare il processo di reale riduzione delle armi nucleari. Gli accordi senza precedenti che raggiungemmo con i presidenti Reagan e Bush sulle armi nucleari strategiche e medio raggio e sulle armi tattiche permisero di ridurre le riserve ed eliminare migliaia di testate nucleari – oltre l’80 per cento degli arsenali della Guerra Fredda, come Russia e Stati Uniti riferirono alla Conferenza di revisione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare.”
Ma questa è storia del passato: la preoccupazione di Gorbachev si accende alla descrizione degli scenari attuali:
“Sono preoccupato e allarmato per la situazione attuale. Sotto i nostri occhi, la finestra per un mondo senza armi nucleari aperta a Reykjavik si è chiusa e sigillata. Vengono creati nuovi e più potenti tipi di armi nucleari. Le loro caratteristiche qualitative aumentano, vengono sviluppati sistemi di difesa missilistica. Si stanno sviluppando sistemi non-nucleari di attacco paragonabili per il loro impatto mortale alle armi di distruzione di massa. Le dottrine militari delle potenze nucleari sono cambiate in peggio, ampliando i limiti di impiego “accettabile” delle armi nucleari. È principalmente a causa di questo che il rischio di proliferazione nucleare è aumentato.Ma la cosa peggiore successa negli ultimi anni è il crollo di fiducia nelle relazioni tra le grandi potenze, che secondo la Carta delle Nazioni Unite hanno la responsabilità primaria per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, che possiedono ancora vaste scorte di armi nucleari e devono ridurle fino alla loro completa eliminazione. Questo è ancora un loro impegno vincolante ai sensi del Trattato di non Proliferazione Nucleare.”
La perdita di fiducia tra le Grandi Potenze, l’erosione del Diritto Internazionale, l’uso della forza anziché della diplomazia nella risoluzione delle controversie tra i popoli: diventa sempre più difficile parlare di un mondo libero dal nucleare:
“Dobbiamo essere onesti e riconoscerlo. A meno che le questioni internazionali non si rimettano su una traccia normale e le relazioni internazionali siano smilitarizzate, l’obiettivo che ci ponemmo congiuntamente a Reykjavik diventerà più distante piuttosto che più vicino.Sono profondamente convinto che un mondo libero dalle armi nucleari non è un’utopia, ma una necessità imperativa. Abbiamo bisogno di ricordare costantemente ai leader mondiali questo obiettivo e il loro impegno.
Finché esistono armi nucleari, c’è il pericolo che un giorno saranno utilizzate: sia per incidente o guasto tecnico, o di intenti malvagi dell’uomo – un folle o un terrorista. Dobbiamo quindi ribadire l’obiettivo di vietare ed eliminare le armi nucleari.Esorto i vecchi leader e diplomatici, gli scienziati, gli esperti e la società civile mondiale, a dichiarare nel modo più forte e inequivocabile: le armi nucleari devono essere vietate. Ancor di più: la guerra deve essere vietata.”