Se la revisione costituzionale verrà confermata dal referendum popolare, per fare il senatore sarà necessario iscriversi ad un corso per “azzeccagarbugli”. Sì, perché la riforma prevede che il Senato abbia competenza legislativa bicamerale obbligatoria per 16 materie diverse e possa attivare un potere di proposta e di emendamento per le rimanenti materie di competenza monocamerale, cioè della Camera dei deputati. A parte il possibile conflitto di competenza per decidere quali siano le leggi bicamerali e quali monocamerali, soprattutto queste ultime si prestano ad una diatriba complessa, dato che la revisione costituzionale stabilisce 8 modalità diverse di possibile intervento dei senatori rispetto a quanto approvato dai deputati. In particolare, sono previsti i seguenti differenziati procedimenti:
1 – ordinario con intervento del Senato facoltativo: approvazione del disegno di legge da parte della Camera con immediata trasmissione al Senato, che ha 10 giorni per la richiesta di esame della legge da parte di un terzo dei componenti e 30 giorni per la deliberazione di proposte di modifica. Segue un’altra deliberazione da parte della Camera (che può conformarsi o meno) in via definitiva e la legge viene promulgata
2 – per leggi monocamerali con ruolo rafforzato del Senato in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale: in questo caso ci sono soltanto 10 giorni dalla trasmissione per esame e deliberazione di proposte di modifica da parte del Senato. Ipotesi A: modifiche proposte dal Senato a maggioranza semplice; in tal caso la Camera può conformarsi o meno. Ipotesi B: modifiche proposte dal Senato a maggioranza assoluta dei suoi componenti; in questo caso la Camera può non conformarsi solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti
3 – per disegni di legge con intervento del Senato obbligatorio previsto per le leggi di approvazione del bilancio e del rendiconto consuntivo: il termine è di 15 giorni dalla trasmissione per esame e deliberazione di proposte di modifica da parte del Senato; a seguire la pronuncia da parte della Camera (che può conformarsi o meno) in via definitiva
4 – per disegni di legge indicati come essenziali per l’attuazione del programma di Governo: richiesta da parte del Governo alla Camera di deliberare l’iscrizione del progetto di legge con priorità all’ordine del giorno e la sottoposizione dello stesso a pronuncia in via definitiva entro 70 giorni dalla deliberazione; immediata trasmissione al Senato: soltanto 5 giorni per richiesta di esame della legge da parte di un terzo dei componenti e 15 giorni per deliberazione di proposte di modifica; pronuncia da parte della Camera (che può conformarsi o meno) in via definitiva
5 – per disegni di legge di conversione dei decreti legge: 30 giorni dalla presentazione alla Camera per disporne l’esame da parte del Senato e 10 giorni dalla trasmissione (che deve avvenire non oltre 40 giorni dalla presentazione) per deliberazione di proposte di modifica da parte del Senato; pronuncia da parte della Camera (che può conformarsi o meno) in via definitiva
6 – abbreviato per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza: rinvio ai regolamenti parlamentari per la tempistica
7 – per disegni di legge di iniziativa di uno o più senatori: deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei componenti del Senato di richiesta alla Camera di procedere all’esame di un disegno di legge, che si deve pronunciare entro sei mesi
8 – per le proposte di legge di iniziativa popolare: rinvio ai regolamenti parlamentari per la disciplina di tempi, forme e limiti della discussione e deliberazione conclusiva.
Questa varietà di procedure non si può certo far passare per semplificazione. Al contrario, per districarsi in questa complessità procedurale probabilmente i senatori dovranno essere scelti e nominati anzitutto per spiccate competenze per i “cavilli”.
In questo quadro, è facile pronosticare che aumenteranno i ricorsi alla Corte Costituzionale per identificare quali siano le leggi bicamerali e quali invece monocamerali, e tra queste ultime quale sia la corretta procedura da seguire, poiché non poche volte le leggi presentano contenuti disomogenei e non sempre è chiara la tipologia a cui appartengono.
Il testo della riforma, tra l’altro, tralascia di dare indicazioni in alcuni casi specifici: per esempio, la mancata previsione del caso di introduzione da parte della Camera di ulteriori modifiche rispetto a quelle proposte dal Senato in sede di esame degli emendamenti da questo proposti. Inoltre, il testo di revisione costituzionale non indica il procedimento corretto per le proposte di legge di conversione dei decreti legge in materie riservata alla legislazione bicamerale, con il rischio di eludere proprio il procedimento bicamerale.
Infine, in caso di contrasti interpretativi tra la Camera e il Senato la riforma attribuisce la competenza ai presidenti dei due rami del Parlamento, ma nulla dice nel caso in cui i due presidenti non trovassero un accordo. Il rischio di uno stallo legislativo è concreto, soprattutto se i presidenti appartenessero a partiti o a coalizioni politiche diverse.