L’usurpazione del potere dei cittadini e il rito sacrificale
Nel giugno 2011, più di 26 milioni di cittadini espressero in maniera chiara la loro opposizione alla privatizzazione del servizio idrico e la loro scelta in favore della gestione pubblica approvando l’eliminazione del profitto dal calcolo di fissazione della tariffa dell’acqua potabile e del trattamento delle acque reflue. Il potere dei cittadini stabili che le scelte delle classi dirigenti (governo, imprese, sindacati, mondo accademico) operate durante il regime berlusconiano (poi mantenute dai governi Monti, Letta e Renzi) dovevano essere abbandonate e sostituite da disposizioni miranti a trattare l’acqua come bene comune pubblico e come diritto (e non merce).
La città di Napoli è stata l’unica città italiana importante a ripubblicizzare il servizio idrico dando vita all’Azienda speciale pubblica ABC la cui nascita fu celebrata come una vittoria politica e socioeconomia nel pieno rispetto dei risultati referendari. Una « solitudine » che è rimasta tale in questi anni perché, altrove in Italia, le classi dirigenti non hanno rispettato affatto il potere legislativo degli Italiani, anzi hanno fatto di tutto per svuotarlo di senso e calpestarlo, pretestando invece di agire al fine di renderlo più concreto ed efficace.
Si tratta di una vera e propria usurpazione del potere dei cittadini… in nome dei cittadini!
Ho vissuto direttamente il fenomeno dell’usurpazione allorché ero presidente dell’Acquedotto pugliese (AQP). Il presidente della Regione Puglia dell’epoca, Nichi Vendola, che fu eletto soprattutto per l’impegno preso di ripubblicizzare l’AQP, non solo non ripubblicizzò l’AQP ma, usando il potere de cittadini che lo elessero, ha creato un sistema di gestione regionale del servizio idrico pugliese ambiguo, poco partecipato dai cittadini e ispirato alle logiche predominanti dell’efficienza e dell’economicità (profitto compreso). Apparentemente, il suo successore, Michele Emiliano, anch’egli proclamatosi pubblicamente difensore convinto dell’acqua pubblica, dell’acqua bene comune, del diritto all’acqua, della gestione partecipata, sta usurpando il potere dei cittadini che hanno creduto nelle sue affermazioni, facendosi difensore della trasformazione dell’AQP in una società multiutilities, destinata a quotarsi in borsa, come ACEA, HERA… cioé il contrario di un governo pubblico dell’acqua.
Nel campo dell’acqua, la lista dei « fatti d’usurpazione » è molto lunga in Lombardia come in Sardegna, in Piemonte e in Toscana, specie nelle regioni che furono nel passato dei capisaldi dell’economia pubblica e dell’economia cooperativa e mutualista.
Nessuno aveva immaginato che l’usurpazione sarebbe intervenuta anche a Napoli per mano del sindaco stesso, Luigi De Magistris, fervente sostenitore della creazione di ABC. Forse ci si sarebbe dovuti già interrogare dopo l’andata via del suo primo assessore ai beni comuni, Alberto Lucarelli, e la defenestrazione del primo presidente dell’ABC Ugo Mattei, due figure di primo piano della rinascita dei movimenti per i beni comuni. La liquidazione del CdA dell’ABC presieduto dall’avv. Montalto costituisce une fatto molto grave.
Il vero pomo della discordia, cosi come è interpretato dal sindaco di Napoli, sta nella non accettazione da parte dei responsabili dell’ABC dell’imposizione fatta all’azienda da parte del sindaco (a nome del Comune di Napoli) d’incorporare un centinaio di lavoratori del Consorzio di Depurazione di San Giovanni a Teduccio, anch’essa azienda del Comune, in stato di liquidazione dal 2011. L’ABC considera che l’incorporazione non è possibile per numerose ragioni giuridico-istituzionali e soprattutto economiche (inadeguatezza dei fondi di copertura finanziaria per il personale da incorporare cosi come per gli investimenti nelle infrastrutture da rinnovare od interamente nuove). L’azienda argomenta che in tali condizioni non saranno solo il centinaio di lavoratori ad essere vittime dell’operazione fra uno o più anni, ma il rischio è notevole che l’intera azienda sia condotta al fallimento: l’interesse generale ne soffrirà e il carattere pubblico dell’Azienda sarà messo in questione. Il Sindaco non condivide le tesi dell’ABC e usando il potere datogli dai cittadini destituisce il CdA ingaggiando per di più una campagna di denuncia, in particolare nei confronti del presidente destituito, Maurizio Montalto. Da persona meritevole di essere nominato presidente dell’ABC, egli è improvvisamente diventato un incompetente, privo di serietà professionale, una schiappa.
Gli attacchi portati contro Montalto – che conosco da quasi venti anni e stimo molto per la probità dei suoi comportamenti, la serietà e professionalità delle sue scelte, e la sincerità dell’essere al servizio dell’interesse pubblico e del bene comune – sono la parte visibile del rito sacrificale cui ricorrono i dirigenti allorché « i dipendenti » non eseguono gli ordini del potere.
Destituire il CdA è come la punizione che un bambino dà al giocattolo che distrugge perché non fa più quello che lui vorrebbe. Ora, un’azienda pubblica non è un giocattolo al servizio degli interessi dei dirigenti politici nel contesto delle loro, eventuali, operazioni clientelari. Il diritto al lavoro del centinaio di persone dell’ex Consorzio di Depurazione non può giustificare la messa in crisi e pericolo dell’intera gestione del servizio idrico pubblico di una grande città. Napoli ha altri mezzi più sani, sostenibili e democratici per riuscirvi. Come l’esperienza nazionale ci dimostra, il governo di uno solo non va a braccetto con la giustizia e la responsabilità, neanche a livello locale.
Bruxelles, 20 settembre 2016
Riccardo Petrella
Ex presidente dell’Acquedotto Pugliese
Presidente dell’Institut Européen de Recherche sur la Politique de l’Eau (IERPE), Bruxelles