APM chiede indagine dell’ONU e revisione della cooperazione europea con il paese africano
In seguito al bagno di sangue commesso dalle forze dell’ordine etiopi durante una protesta pacifica, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) è indignata per il totale silenzio dell’Unione Europea di fronte alle gravi violenze e accusa l’Europa di rendersi in tal modo complice delle violenze e di istigare così nuove gravi violazioni dei diritti umani. Per l’APM, è vergognoso che a quattro giorni dal massacro compiuto in Etiopia l’Europa non si sia ancora espressa in merito ed è evidente che il rispetto dei diritti umani è per l’Europa una questione molto relativa e variamente adattabile. I molti interessi europei in Etiopia, a partire dagli interessi strategici, di politica economica e dello sviluppo e di controllo dei migranti non possono giustificare un silenzio che per il governo e le autorità etiopi equivale a un lasciapassare per altre e ulteriori violenze nei confronti delle minoranze e dei manifestanti.
Lo scorso fine settimana migliaia di persone erano scese in piazza nelle regioni di Oromia e Amara per protestare contro la corruzione del governo e gli espropri forzati di terra e per chiedere riforme politiche, uno stato di diritto e la liberazione dei prigionieri politici. La maggior parte dei manifestanti erano persone appartenenti ai popoli degli Oromo e degli Amhara. Le forze di sicurezza etiopi hanno risposto alle proteste con estrema violenza, almeno 67 Oromo sono stati uccisi in 49 città delle regione di Oromo, 30 Amhara sono stati uccisi nella città di Bahir Dar e altri sette sono morti durante le proteste a Gonder. Centinaia di persone sono rimaste ferite. Fino a stamattina, 10 agosto, a quattro giorni dalle violenze, il Consiglio per gli Affari Esteri dell’Unione Europea non ha ancora reagito ufficialmente al bagno di sangue commesso nel paese africano.
L’APM chiede all’Alto Commissariato per i Diritti Umani dell’ONU di indagare sulle molte testimonianze oculari secondo cui a molti feriti è stato negato l’accesso agli ospedali e l’utilizzo come carceri illegali di magazzini di proprietà statale nella capitale Addis Abeba. Inoltre si chiede di indagare sulle ondate di arresti arbitrari avvenuti prima e soprattutto dopo le proteste nella regione di Oromo. In alcune città come ad esempio ad Ambo la polizia ha perquisito sistematicamente tutte le case di interi quartieri della città arrestando presunti manifestanti.
Da novembre 2015 ad oggi più di 20.000 persone appartenenti al popolo degli Oromo sono state arrestate per motivi politici. La maggior parte delle persone arrestate sono state poste in isolamento e senza alcun contatto con il mondo esterno in isolati magazzini militari. Da anni l’Etiopia è accusata di utilizzare con regolarità carceri illegali in cui non è possibile avere alcun controllo sul trattamento e lo stato di salute dei detenuti. Per una triste ironia della sorte, gli Oromo arrestati potrebbero risultare detenuti in magazzini usati come carceri illegali costruiti proprio su terreni che erano stati loro espropriati per avviare grandi cantieri industriali. L’APM chiede con urgenza all’Europa di rivedere i termini della sua cooperazione economica con il paese africano.