In occasione della Giornata internazionale dei Popoli Indigeni (9 agosto), l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) vuole richiamare l’attenzione sui nuovi pericoli per la salute e la sopravvivenza delle comunità indigene causati dal cambiamento climatico. Le condizioni climatiche straordinarie sono con estrema probabilità anche la causa di malattie finora sconosciute o pensate superate da tempo, come l’epidemia di antrace attualmente in corso in Siberia.
La straordinaria ondata di caldo con temperature fino ai 35°C registrate a fine luglio in Siberia hanno risvegliato per la prima volta dal 1941 il batterio dell’antrace causando un’epidemia che ha finora comportato la morte di un ragazzo di 12 anni, circa 10 persone malate e circa 90 persone messe in quarantena. La malattia ha in particolare contagiato i pastori della regione di Yamalo-Nenets (penisola di Yamal in Russia) dopo essere esplosa nelle scorse settimane tra le renne, uccidendo oltre duemila esemplari. Casi di antrace sono stati registrati anche tra le renne in Svezia.
Il batterio dell’antrace (bacillus anthracis) in Siberia è presente nel ghiaccio permafrost ma sarebbe stato liberato dalle alte temperature. Il vento ha poi disperso spore del batterio che avrebbe così infettato prima le renne che brucano il terreno e di conseguenza gli esseri umani.
Non sappiamo quali altri pericoli per la salute degli animali e dell’uomo si nascondano ancora nel disgelo della tundra, ma sappiamo che popolazioni indigene di tutto il mondo vivono principalmente dell’allevamento nomade, di caccia e raccolta e di orti di sussistenza e dipendono quindi da un ambiente naturale intatto. L’inquinamento e la distruzione ambientale comporta per tutte queste persone la perdita della loro base vitale e in ultima istanza causa la perdita di vite umane e di antiche culture, lingue e tradizioni ed è quindi una perdita per tutta l’umanità.
Il cambiamento climatico causa nuove malattie anche nelle regioni tropicali. L’espansione del virus Zika o della malaria sono sicuramente favorite dalla deforestazione e da un clima sempre più caldo che permette la sopravvivenza delle zanzare anche in zone che finora erano troppo fredde per loro. I principali responsabili del riscaldamento terrestre sono le nazioni industriali le quali dovrebbero quindi anche fornire aiuti immediati per le emergenze causate dal cambiamento climatico.
I popoli indigeni perlopiù vivono in zone ecologicamente sensibili nelle quali il cambiamento climatico è particolarmente evidente con conseguenze particolarmente gravi. A ciò si aggiunge che l’assistenza sanitaria alla quale le popolazioni indigene hanno accesso è quasi sempre insufficiente e scadente e concorre a far sì che l’aspettativa media di vita delle popolazioni indigene sia notevolmente più bassa di quella della popolazione maggioritaria.
Si stima che attualmente esistano in tutto il mondo circa 5.000 diversi popoli indigeni per una popolazione totale di 450 milioni di persone. La loro sopravvivenza è gravemente minacciata dall’attività economica e industriale. Latifondisti senza scrupoli, lo sfruttamento selvaggio di petrolio, gas e carbone sulle terre indigene, la costruzione di sempre più dighe che distruggono ampi territori e la base vitale di complessivamente centinaia di migliaia di persone, lo sfruttamento di importanti risorse minerarie, la deforestazione selvaggia ma anche il contrabbando di stupefacenti e armi e le guerre civili sono attualmente le più importanti cause di morte, deportazione, povertà e fame tra le popolazioni indigene.