“Vogliamo che l’oro rosso, da simbolo di sopraffazione e caporalato in Puglia e Basilicata, diventi simbolo di emancipazione, riscatto e speranza di un futuro diverso”. È questo l’obiettivo di Sfruttazero, progetto che vede migranti, contadini, giovani precari e disoccupati lavorare insieme per realizzare una filiera etica e solidale del pomodoro. Il risultato? Prodotti locali di alta qualità.
Irregolarità contrattuali, pagamento a cottimo, caporalato: le condizioni lavorative in agricoltura versano in condizioni molto precarie per numerosi braccianti, specialmente se stranieri. Ma di fronte a questo scenario desolante c’è chi non si è scoraggiato ma ha cercato di cambiare le cose, restituendo rispetto e dignità sia agli abitanti del territorio, sia ai tanti migranti che lo attraversano per una o più stagioni.
È proprio dall’obiettivo finale dell’associazione costituita da un gruppo di giovani di Nardò, “Diritti a Sud”. Rosa Vaglio, presidente dell’associazione ricorda come tutto sia cominciato nel 2009 da gesti molto semplici, come portare acqua potabile ai braccianti stranieri che dormivano nei campi o nei ruderi abbandonati in condizioni terribilmente precarie. “Dormivano sotto gli alberi di ulivo”, racconta, “senza neanche un tetto sopra la testa”.
Da questo primo impegno sociale e politico, nel 2014 si è costituita “Diritti a Sud” che con il tempo ha allargato i suoi orizzonti operativi, cercando di intervenire anche sulla condizione abitativa, l’istruzione e il lavoro.
I ragazzi di Nardò hanno richiesto le autorizzazioni necessarie per ristrutturare un edificio abbandonato con materiali riciclati, lavorando insieme ad un’altra associazione del territorio attiva in questo settore e mettendo quindi a disposizione dei braccianti una struttura in cui potersi riposare dopo il lavoro. Parallelamente hanno cominciato a fornire servizi di assistenza legale e una scuola di italiano. “Le lezioni di lingua hanno avuto un successo enorme anche perché col tempo sono diventate un momento aggregativo”, spiega Rosa.
Dopo essersi costituiti come associazione, “Diritti a Sud” è entrata a fare parte della rete “SfruttaZero” un progetto di auto-produzione di salsa di pomodoro, di tipo cooperativo e mutualistico, promosso da giovani precari locali e dai migranti stessi. Sfrutta Zero è costituita da altre tre realtà, oltre a “Diritti al Sud” ne fanno parte “Netzanet-Solidaria” (di Bari), “Osservatorio Migranti Basilicata”, di Palazzo San Gervasio, e “Fuori dal Ghetto” (Venosa).
Una rete che è un simbolo importante per tutti perché è la dimostrazione che si può produrre nel settore agricolo e si può guadagnare senza sfruttare i braccianti: i lavoratori sono stati pagati 10 euro all’ora, una cifra importante soprattutto se paragonata alle tariffe vigenti in molte campagne del meridione (3 euro per un cassone di pomodori o agrumi da 300 chili, raccolti sotto il sole cocente di agosto).
“Lavoriamo il campo tutti insieme e mi sento uguale agli altri”, confida Modà un ragazzo sudanese che vive e lavora in Italia da circa quattro anni e fa parte della rete “SfruttaZero” con “Diritti a Sud”. “Non solo non sono sfruttato, ma mi sento parte di qualcosa”, aggiunge.
“SfruttaZero” funziona sul piano sociale ma è risultato anche un buon investimento economico. La presidente di “Diritti a Sud” riporta che le prime 2500 bottiglie di salsa prodotta sono state vendute in pochissimo tempo, senza alcuna difficoltà. “Abbiamo cominciato ad avere da subito grandi ordini da tutta Italia”, continua Rosa, “è stato un successo importate e anche gli errori ci sono serviti per riuscire a fare meglio e organizzare il lavoro agricolo in modo più efficiente”.
Il ritorno sempre più frequente dei giovani pugliesi al lavoro agricolo Rosa lo chiama “la Primavera Salentina”, un sintomo del cambiamento che reagisce alla crisi. “Perché l’Italia cambia grazie all’impegno quotidiano di ognuno di noi”, conclude.