Le donne musulmane sperimentano le stesse disuguaglianze delle altre donne nel mondo del lavoro per quanto riguarda violenza verbale e fisica, ma in più subiscono altri fattori di discriminazione legati a religione e/o etnia. Tuttavia, molto poco viene fatto per una raccolta esaustiva di dati e per affrontare questa forma intersezionale di razzismo. Questa è la conclusione del nuovo rapporto dell’European Network Against Racism dal titolo: “Forgotten Women: l’impatto dell’islamofobia sulle donne musulmane”. Il rapporto analizza le discriminazioni verso le donne di fede islamica in otto paesi europei: Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito.
Le donne musulmane sono soggette a tre tipi di penalizzazioni in materia di occupazione: di genere, etniche e religiose. La discriminazione nel mercato del lavoro è spesso legata alla percezione della “muslimness“, e in particolare all’abbigliamento delle donne musulmane. Ad esempio, nel Regno Unito, durante i colloqui di lavoro viene chiesto al 12,5% delle donne pakistane delle proprie aspirazioni su matrimonio e famiglia. La stessa domanda viene chiesta solo al 3,3% delle donne bianche, vale a dire quasi quattro volte di meno. Il velo è un ulteriore ostacolo nel trovare e mantenere un lavoro. In Germania, il 18% delle aziende ha invitato candidate con nomi dal suono tedesco a un colloquio, mentre solo il 13% ha invitato le candidate con nomi dal suono turco. E solo il 3% delle candidate musulmane con il velo nella foto del cv è stato invitato a un colloquio. In Belgio, il 44% dei datori di lavoro concorda sul fatto che indossare un velo può influenzare negativamente la selezione dei candidati.
Nella maggior parte dei paesi, le donne musulmane hanno maggiori probabilità di essere vittime di hatespeech rispetto agli uomini della stessa religione, soprattutto se indossano il velo. Le donne musulmane sono prese di mira da minacce e incitamento all’odio, alla violenza e all’aggressione online e offline. Ad esempio, nei Paesi Bassi oltre il 90% delle vittime di incidenti di islamofobia che si sono rivolte all’organizzazione Meld Islamofobie nel 2015 erano donne. In Francia, l’81,5% delle violenze islamofobiche registrate nel 2014 dal Collettivo contro l’islamofobia erano indirizzate a donne, la maggior parte delle quali indossava un simbolo religioso visibile. Tell Mama riporta che nel Regno Unito il 54% delle vittime di minacce e abusi verbali offline erano donne. Insulti verbali e violenza fisica spesso si mischiano, così come i gesti razzisti con quelli sessisti. Gli incidenti si verificano soprattutto negli spazi pubblici.
Il rapporto mostra che i pregiudizi e le rappresentazioni stereotipate delle donne musulmane sono diffuse dai media e dai discorsi dei personaggi pubblici, tra cui alcuni politici. Questa attenzione negativa verso le donne musulmane nei media e nei dibattiti politici contribuisce anche a creare un terreno fertile per le pratiche discriminatorie e la violenza.
“Le donne musulmane sono obiettivi di discriminazione e violenza perché sono donne e musulmane, eppure non si fa nulla per affrontare la discriminazione multipla che devono affrontare”, ha spiegato la presidentessa dell’Enar Sarah Isal. “L’Unione europea non può permettersi di escludere e dimenticare le donne musulmane, se vuole battersi per l’uguaglianza di genere e la lotta contro il razzismo. Le leggi comunitarie contro la discriminazione nel mercato del lavoro e i crimini d’odio devono proteggere efficacemente”.