La cartina, pubblicata recentemente da LIMES, mostra la presenza delle truppe italiane vicine a Mossul e alla diga di Mossul (bandiera tricolore). In viola sonoindicati i territori controllati dal Califfato (ISIS o DAESH). L’Iraq è ancora caratterizzato da una grande conflittualità, con processi di riforma politica e militare molto complessi, che non danno risultati sperati . Le Forze Armate, pur addestrate dagli occidentali, non sono ancora all’altezza di poter difendere obbiettivi importanti e attaccare il Califfato.
Durante il 2015 sono stati numerosi i casi di diserzione nell’esercito e dell’abbandono di città e territori allo Stato Islamico.
La seconda guerra del Golfo iniziò il 20 marzo 2003 con l’invasione dell’Iraq da parte una coalizione multinazionale guidata dagli Stati Uniti. L’obiettivo, la deposizione di Saddam Hussein venne raggiunto rapidamente, il 15 aprile 2003. Il primo maggio di quell’anno Bush dichiarò concluse le operazione militari. Il conflitto concluso ufficialmente diventò teatro di una guerriglia di liberazione da truppe straniere considerate invasori dell’Iraq. I costi umani e materiali di questa situazione, anche se non definiti numericamente con precisione, sono chiari: aumento della violenza e dell’insicurezza dei cittadini e penetrazione dell’islamismo; prima Al Qaeda e poi Il Califfato. Il 12 ottobre 2006 venne annunciata la fondazione dello Stato islamico dell’Iraq (ISI) sotto la cui bandiera veniva rappresentanti sei delle più importanti organizzazioni sunniti del paese.Il 29 Giugno 2014 Al Baghdadi proclamò con un grande discorso pubblico la restaurazione del califfato islamico.
L’Italia, partecipò al conflitto fra il 2003 e il 2006 con la missione Antica Babilonia, fornendo forze armate dislocate nel sud del Paese, con base principale a Nassiriya.
L’Italia nell’Ottobre 2014 è tornata in Iraq con l’operazione Prima Parthica al fianco di tutti quei paesi che hanno espresso l’intendimento di aderire alla Coalizione contro l’ISIS.
Questa coalizione ha ragione di esistere stando ai sensi dell’Art. 51 della Carta dell’ONU, nonché delle Risoluzioni n. 2170 (2014) del 15 agosto 2014 e n. 2178 (2014) del 27 settembre 2014, sulla base della richiesta di soccorso presentata il 20 settembre 2014 dal rappresentante permanente dell’Iraq presso l’ONU al Presidente del Consiglio di Sicurezza.
La Coalition of Willing (COW) ha lo scopo di fornire alle Forze Militari Irachene (ISF) il necessario supporto operativo per riportare tutto l’Iraq sotto il controllo del Governo di Baghdad. Controllo lungi dall’essere ottenuto
Nell’ambito della Missione internazionale Inherent Resolve l’Italia con l’operazione Prima Parthica fornisce personale ai Comandi multinazionali a Baghdad ed Erbil e addestramento. A Erbil ai Peshmerga e a Baghdad alle Forze Speciali. Inoltre sta programmando una presenza considerevole nell’area della diga di Mossul. Mossul, come dicevamo è il cuore del Califfato in Iraq. I militari italiani dovrebbero presidiare l’omonima diga che dista 35 km da Mosul, un compito rischioso e soprattutto mal inquadrato nella politica estera nazionale.
L’invio di 500 soldati alla diga per la sicurezza della ditta Trevi, appaltatrice dei lavori di riparazione della diga, ha colto alla sprovvista coloro che si aspettavano invio di truppe in Libia. La missione si presenta inoltre fuori dagli schemi soliti con cui opera il Ministero della Difesa italiana.
L’ Italia potrebbe dover fronteggiare davvero uno scontro ad alta conflittualità in zona d’operazioni belliche.
Le mission sono due e richiedono due assetti diversi, ma consistenti. Una di 130 militari, che sembrano già inviati, destinati alla base italiana di Erbil con compiti di personal recovery, recupero feriti.
Il ministro Pinotti ha parlato di inviare gli elicotteri d’attacco A129 Mangusta, sicuramente adatti allo scopo, in quanto garantiscono potenza di fuoco alle truppe a terra e grande velocità di spostamento.
La missione di personal recovery è una vera e propria azione di guerra; significa andare a recuperare feriti in zone di combattimento con assetti aerei in grado di garantire sicurezza. Nel caso di acutizzarsi delle ostilità si prevede l’intervento del 17° Stormo dell’aeronautica militare inquadrato nei reparti speciali delle nostre Forze Armate. Tutto questo schieramento ha un costo notevole, molto più oneroso, oltre che rischioso che attività di semplice addestramento. La missione Prima Parthica, 750 uomini e pochi mezzi, è costata circa 200 milioni di euro l’anno, ma con lo schieramento di nuovi mezzi e con un numero di militari quasi doppio rispetto a quello attuale il costo potrebbe salire fino a 700 milioni di euro circa. Una seconda missione è invece prevista specificatamente alla Diga di Mosul per difendere il personale della ditta Trevi di Cesena. Sono in corso i lavori di costruzione del campo e i primi soldati sono già arrivati. Senza entrare i dettagli tecnico-miltari, non ancora del tutto chiari, vanno sottolineate due problemi.
La diga di Mossul è stata conquistata nel 2014 dall’ISIS e poi liberata dai peshmerga curdi, ma dalla liberazione non sono mancati attacchi da parte degli islamisti.
L’arrivo di truppe italiane potrebbe costituire un obiettivo per le bandiere nere. A Mosul si rischia un Vietnam italiano.
Ultime considerazioni. In Iraq, nonostante la perdita di Tikrit e di Ramadi, l’inizio dell’attacco/riconquista di Falluja e il parziale accerchiamento di Mossul, la situazione per Daesh non è ancora critica. Può sfruttare l’odio esistente fra sunniti e sciiti, dopo l’emarginazione dei primi da parte del governo di Nouri al-Maliki e il timore di gran parte dei sunniti di subire nuove rappresaglie da parte del governo di Baghdad, dove gli sciiti sono maggioritari. Inoltre in Iraq esiste una forte rivalità fra arabi e curdi. Tutto questo non facilita un’unità d’azione contro il Califfato, anzi.
Di fronte all’avanzare dell’avventura militare in Iraq del governo del Partito Democratico di Renzi è urgente una discussione in Parlamento e una mobilitazione in tutta Italia di persone, organizzazioni e movimenti che si oppongono alla guerra.
Segnalo link con miei precedenti articoli sul tema:
http://contropiano.org/documenti/2016/04/29/diga-mosul-geologia-geopolitica-078438
http://www.pressenza.com/it/2016/03/mosul-lintervento-italiano-rischi-delle-grandi-dighe
http://www.pressenza.com/it/2016/05/roberta-pinotti-la-diga-mossul
Diga di Mossul: l’Italia in Iraq
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