Un capitalismo miope che si basa sulla deforestazione ha portato alluvioni ed erosione costiera. Ma qualcuno ha deciso di non abbandonare la propria abitazione e di resistere. Brillantemente
“Abbiamo resistito. Siamo stati considerati folli. Ma facciamo tutto questo per la comunità. Per poter vivere una vita dignitosa, lontani dalla paura di dovercene andare via a causa dell’erosione costiera”.
I danni ambientali nel Borneo Occidentale sono allarmanti. La superficie totale del territorio continua a diminuire a causa dell’abrasione della costa da parte delle onde del mare.
L’ecosistema forestale delle mangrovie è danneggiato da quelle attività economiche che si basano sull’abbattimento sfrenato degli alberi, che non prestano la dovuta attenzione all’ecologia. Molti terreni vengono ad esemio trasformati in laghetti per pesci. E le temperature continuano a mutare, così come il livello del mare, che avanza di dieci – quindici centimetri l’anno.
Come emerso nel 1999 da uno studio della Facoltà Forestale dell’Università dell’Agricoltura di Bogor, la superficie totale della foresta di mangrovie nel Borneo Occidentale si estendeva per 472.385,80 ettari. Lo stesso studio ha però dimostrato anche che il 44,36% dell’area forestale analizzata è fortemente danneggiata.
Una condizione che terrorizza chi vive e lavora nelle zone costiere. Ne è un esempio il villaggio di Sungai Duri. Ad ogni stagione delle piogge, alla fine dell’anno, molti residenti di questo villaggio vengono evacuati. Le loro case vengono sommerse dalla marea. E i maremoti distruggono anche la loro economia, basata sui prodotti del mare.
Una trentina d’anni fa, la regione costiera a nord del Borneo Occidentale andava fiera del suo boom economico. Ma ora è tutto cambiato. L’economia è crollata. La produzione è diminuita in modo significativo. Molte strade e altre infrastrutture sono state distrutte dalle onde e dalle mareggiate.
Un’analisi condotta dal WWF tra il 2000 ed il 2009 ha mostrato che nel quartiere di Mempawah è stata distrutta un’area di mangrovie pari a 645,974 ettari.
Lotta in difesa della terra
Raja Fajar Azansyah è un uomo di 38 anni, residente a Mempawah. Gli abitanti del villaggio lo definiscono “un instancabile lottatore”. Le sue armi sono però quelle della sensibilizzazione e dell’esempio pratico: Fajar vive infatti lanciando campagne, e piantando nuove mangrovie per contrastare passo dopo passo l’abrasione della costa.
Il degrado della costa di Mempawah, l’indifferenza di gran parte della popolazione e la conseguente angoscia hanno spinto Fajar ad essere attivo nella difesa ambientale nel 2011.
“È triste. Era dicembre del 2011. Dopo aver notato le condizioni in cui riversava la spiaggia, gravemente danneggiata dall’erosione, mi sono sentito in dovere di fare qualcosa. Ho reclutato allora due miei amici, Roni e Iyan, che vivono sulla spiaggia, per iniziare ad agire. Ho pensato che se non eravamo noi, gente del posto, a muoverci, nessun altro se ne sarebbe interessato”, racconta Raja Fajar Azyansyah.
Fajar spiega che l’entità dei danni nel distretto di Mempawah è davvero allarmante. In un periodo di 20 – 30 anni, l’abrasione ha distrutto ben 1,5 chilometri di terraferma.
In passato una diga naturale, situata a circa un chilometro dalla spiaggia, faceva da argine ed era in grado di sopportare la forza delle onde provenienti dal largo. Ma intorno agli anni ’70 l’erosione ha colpito la costa, distruggendo la foresta di mangrovie e separando quella porzione di terra, formando l’isolotto di Penibung.
“In passato isola e terraferma erano unite. Ora sono state separate dall’erosione. Uno dei tanti problemi è costituito dagli stagni che la gente costruisce, senza alcun riguardo per le funzioni ecologiche. Così ora gli argini naturali sono stati consumati dalle onde, e non ci sono più” dichiara Fajar.
Fajar ed i suoi compagni hanno quindi fondato il Mempawah Mangrove Conservation (MMC) ed hanno iniziato a piantare questi arbusti nel 2011.
Inizialmente è stato possibile piantare soltanto 7000 steli di mangrovie, concentrati nel villaggio costiero di Benteng. I fondi erano molto limitati, il denaro raccolto era destinato all’acquisto di sacchetti neri per le piante. Si recavano nella limitrofa foresta per prelevare e poi ripiantare le mangrovie.
“Non potevamo aspettare oltre, in quelle condizioni. Attraverso l’MMC abbiamo iniziato le nostre attività di rimboschimento. Ma purtroppo ci siamo potuti focalizzare solo su un’unica zona, poiché i costi erano elevati. E a quel tempo eravamo noi a finanziarci”.
Nonostante i fondi limitati, Fajar non si è arreso. Nel 2012 lui e l’MMC hanno lanciato una campagna sull’importanza della conservazione delle mangrovie, andando di scuola in scuola a parlare della situazioe. Hanno inoltre chiesto ai membri del villaggio di partecipare alle attività di piantagione degli arbusti.
Ma non tutti hanno voluto dare una mano. La loro risposta è stata piatta.
“Sì, è andata così. Le persone hanno rifiutato il nostro invito, pensando che le nostre attività facessero parte di un progetto imposto dall’alto. Eppure noi ci autofinanziavamo. Anche se la comunità era contraria, siamo andati avanti e siamo riusciti a piantare altri arbusti di mangrovie”.
Nonostante la risposta non favorevole della comunità, Fajar rimase coerente con le sue idee, e lanciò varie campagne ambientali. Armato delle piantine di mangrovie rimastegli, nel 2013 invitò gli studenti di varie associazioni giovanili a partecipare alle attività di piantagione dei piccoli arbusti.
“Venivano da una varietà di organizzazioni. Tra le altre, la Croce Rossa della Gioventù, studenti ambientalisti, membri della Green School, ed altre associazioni di Mempawah. E rimasi contento nel constatare che si preoccupavano per la nostra regione, diedero un contributo importante alle attività dell’MMC”.
Tutti gli sforzi di Fajar condotti sino a quel momento iniziarono a ricevere apprezzamenti. Nel 2013 l’MMC ricevette una donazione attraverso il programma CSR, o Corporate Social Responsibility, dalla Banca Indonesiana. Sorseo inoltre molti volontari che si offrirono di partecipare alle attività.
In quello stesso anno, l’MMC si riprese la libertà di coinvolgere il pubblico nei lavori di conservazione delle piante, incentrate nei villaggi di Bakau Besar Laut e Bakau Kecil, distretto di Mempawah. La ragione per cui facevano tutto questo era quella di dimostrare alla gente la capacità dell’MMC di muoversi autonomamente, senza alcuna interferenza da parte del governo.
Cambiare il modo di pensare per raddrizzare le storture di un sistema sbagliato
Tuttavia, sostiene Fajar, aprire la mentalità degli abitanti del villaggio non fu affatto semplice, soprattutto a causa del livello medio d’istruzione, ancora molto basso. Così, il primo passo da compiere fu un approccio delicato ma intenso rivolto ai leader dei Dusun.
I Dusun sono delle piccole aree all’interno di ciascun villaggio. Fajar agì in questo modo poiché non vi era una cultura prevalente nella comunità locale, solo il leader e le figure pubbliche avevano grande influenza sul modo di pensare della gente.
Il secondo passo che Fajar condusse, fu quello di sollecitare tutti i leader dei Dusun al dialogo, coinvolgendoli in discussioni riguardanti le condizioni delle spiagge, gravemente danneggiate. Inoltre, li condusse al mare, perché potessero vedere dal vivo le reali condizioni in cui riversavano i luoghi costieri.
“A quel punto dissi loro che avevo delle piantine di mangrovie. Vogliamo piantarle insieme?”
Con questo approccio diplomatico, Fajar fu in grado di risvegliare la consapevolezza della comunità. Alcuni di loro iniziarono a piantare mangrovie. Ed anche diversi leader dei Dusun presso il villaggio di Bakau si dedicarono a questa attività in modo autonomo.
“Le piantine le avevamo. E loro avevano la giusta energia. Così abbiamo potuto lavorare assieme ai giovani del villaggio,” spiega Fajar.
“All’inizio del nostro movimento ci consideravano dei pazzi. Ma in realtà noi stavamo lottando per la comunità, per vivere dignitosamente senza la paura di dovercene andare via a causa dell’erosione costiera. Però sì, il cinismo fa parte di ogni movimento, è normale. Ma sono grato che, giorno dopo giorno, il numero di queste persone è diminuito sempre più,” racconta Fajar.
Ma Fajar ringrazia anche per il fatto che, grazie all’opposizione ricevuta, gli attivisti dell’MMC hanno potuto imparare preziose lezioni, su come cambiare il loro modo di porsi nelle campagne fatte al pubblico. Su come impostare l’approccio educativo per coinvolgere, oltre ai leader dei Dusun, anche i giovani.
“Non solo ci approcciamo a loro in modo diverso, ma cerchiamo di aprire i loro occhi tramite il dialogo e le storie, perché l’erosione sta davanti ai loro occhi. Vorrei che i giovani si svegliassero presto, si mettessero in azione, prima di perdere le loro case. La foresta di mangrovie è una fortezza per la prevenzione dell’erosione costiera”.
I risultati della campagna di tipo educativo hanno portato molta gente ad accoglierci con entusiasmo. Dall’entusiasmo si sono poi creati vari gruppi di persone che hanno a cuore l’ambiente nei villaggi di Bakau Kecil e Bakau Besar. I gruppi sono rappresentati da giovani, donne e casalinghe.
“E noi li sosteniamo aiutandoli e fornendo le piantine di mangrovie,” spiega.
Grazie alla continua lotta di Fajar e dell’MMC sinora sono circa 12 gli ettari di aree costiere salvate attraverso le piantagioni periodiche di mangrovie. Tra il 2012 ed il 2013 sono cioè riusciti a piantare mangrovie su una superficie di due ettari. I 12 ettari totali coprono cinque aree diverse.
Fajar spiega che ora l’MMC non si focalizza soltanto sull’attività di piantagione, ma è attiva anche nell’accompagnamento e monitoraggio della comunità. “Perché il nostro non è un progetto limitato, che iniziamo e terminiamo lo stesso giorno. La gente qui ha bisogno di spazio alla comunicazione intensiva,” dichiara Fajar.
Con il passare del tempo, nel 2015, l’entusiasmo della popolazione è aumentato. La presenza dell’MMC e delle sue attività ha fatto sì che un altro gruppo di persone si interessasse alle mangrovie, nel villaggio di Purun Kecil. Il gruppo è nato dall’iniziativa popolare, ma con gli stessi obiettivi di Fajar e dei suoi compagni. Presso quel villaggio la gente si riunisce a piantare mangrovie.
Nel frattempo, nel villaggio di Pasir, la comunità di pescatori ha cambiato opinione. Adesso vogliono aiutare a preservare la foresta di mangrovie piantate. La loro motivazione sta nell’aver compreso davvero i benefici che le mangrovie possono portare loro dal punto di vista economico.
Fajar racconta che, prima che le mangrovie fossero piantate, la fauna marina delle zone costiere era sparita, per effetto dell’abrasione.
“I vantaggi sono evidenti. Prima, i pescatori dovevano allontanarsi di cinque chilometri dalla spiaggia. Ma dopo che la foresta di mangrovie si è formata, gli esseri marini come pesci, gamberi, granchi e vongole sono tornati. Così ora possono trovare comodamente queste loro risorse naturali lungo la costa. In questo modo anche la loro economia ne risente in positivo,” dichiara Fajar.