La legge è uguale per tutti. Così almeno dovrebbe essere. Ma in Italia siamo ormai abituati alle disuguaglianze. Non fa eccezione il progetto di legge per la revisione costituzionale, che in autunno verrà giudicato dagli elettori. Infatti, la nuova composizione del Senato creerà una situazione oggettiva di diversità di trattamento tra consiglieri regionali e tra sindaci. Ricordiamo che il nuovo Senato, se la riforma verrà confermata dal referendum, sarà composto da 5 persone scelte dal Presidente della Repubblica, 74 consiglieri regionali e 21 sindaci (scelti dai consigli regionali).
I nuovi senatori avranno l’immunità parlamentare, come quelli attuali. Qui nasce il problema di un diverso trattamento tra gli eletti. Infatti, tra i sindaci e tra i consiglieri regionali ci saranno alcuni “privilegiati” che godranno dell’immunità parlamentare, il che ad esempio significa che i magistrati non potranno effettuare intercettazioni telefoniche nei loro confronti senza il consenso del Senato.
In teoria, l’immunità parlamentare varrebbe soltanto per i compiti svolti in qualità di senatori, ma sarà praticamente impossibile tracciare il confine tra l’attività di consigliere regionale o sindaco e quella di senatore. Il magistrato potrebbe disporre – senza bisogno di chiedere un’autorizzazione – un’intercettazione telefonica dell’utenza del sindaco o del consigliere, ma non di quella del senatore. Ma se il numero di telefono fosse lo stesso, che cosa si dovrebbe fare? Chiedere l’autorizzazione per tutte le conversazioni o ascoltare ogni telefonata e poi cancellare quelle in cui viene pronunciata la parola “Senato”?
Lasciamo da parte i paradossi ridicoli e prendiamo un caso concreto: il 9 ottobre 2012 è stato arrestato Domenico Zambetti, Assessore alla casa della Regione Lombardia, che – secondo le accuse – era stato eletto nelle liste del PdL grazie anche a 4mila voti di preferenza ricevuti dalla ‘ndrangheta, con adeguato compenso (50 euro a voto). L’inchiesta è stata condotta anche attraverso lo strumento delle intercettazioni. Se Domenico Zambetti fosse stato anche senatore, forse oggi non sapremmo nulla di questa vicenda e nel 2013 non ci sarebbero state le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale lombardo.
Non è tutto. I nuovi senatori non rappresenteranno più la nazione, ma “le istituzioni territoriali”. È il caso di ricordare che l’immunità parlamentare è stata inserita in Costituzione per proteggere personalmente i rappresentanti della sovranità popolare da possibili abusi del potere. Se non si tratta più di rappresentanti del popolo e quindi della nazione, non c’è più alcun motivo che giustifichi il mantenimento dell’immunità parlamentare. A meno di estendere – per coerenza – l’immunità a tutti i rappresentanti delle istituzioni territoriali. Comunque la si veda, nel progetto di revisione costituzionale c’è un’illogica disparità di trattamento tra i senatori e gli altri rappresentanti degli enti locali e regionali.
Infine, è evidente che c’è uno squilibrio nella responsabilità attribuita ad alcuni sindaci. Con la riforma si potrebbe creare un ulteriore paradosso: il sindaco di un piccolo paese di provincia potrebbe diventare senatore e godere dell’immunità parlamentare, mentre il sindaco di Roma o di Milano, che non avrà sicuramente il tempo seguire i lavori parlamentari, non diventerà senatore e si ritroverà senza immunità. D’altra parte, se per avere l’immunità diventassero senatori i sindaci delle città più importanti, di certo non potrebbero essere presenti nell’aula parlamentare in modo significativo, visto l’impegno richiesto dalla carica di sindaco; con il risultato di un Senato con molte sedie vuote tra i già pochi senatori rimasti, se entrasse in vigore la riforma. E questa sicuramente non è una prospettiva edificante.