La maggior parte dei media italiani si è accanita con toni drammatici (e spesso tinti di una maligna soddisfazione) sulla sconfitta laburista in Scozia in occasione delle elezioni locali del 5 maggio nel Regno Unito, presentandola come una conseguenza della sterzata a sinistra impressa al partito da Jeremy Corbyn. Questa immagine trascura però alcuni fatti fondamentali: il Partito Nazionale Scozzese è una formazione anti-austerity e anti-nucleare, quindi molto vicina alle posizioni del leader dei laburisti. Questi sono finiti al terzo posto, dietro ai conservatori, per un evidente spostamento dell’elettorato progressista a favore del PNS. La vittoria dei nazionalisti scozzesi inoltre era nell’aria da tempo, vista la crescita di consensi seguita al referendum sull’indipendenza.
Nel resto del paese però i risultati dei laburisti sono stati notevoli: oltre all’eclatante vittoria di Sadiq Khan a Londra, il partito ha ottenuto più consiglieri di qualsiasi altra formazione e ha smentito le previsioni negative diffuse prima delle elezioni. Carwyn Jones ha mantenuto il Galles, Marvin Rees è stato eletto sindaco di Bristol, Paul Dennett ha vinto a Salford e Joe Anderson è stato rieletto a Liverpool.
“Le elezioni di giovedì dimostrano i progressi fatti dai laburisti da quando abbiamo avviato un nuovo corso in autunno” ha scritto Corbyn sulla sua pagina Facebook. “Sempre più gente sta cominciando a capire che il governo di David Cameron è fallimentare e ingiusto. I sindaci laburisti proteggeranno le nostre città dagli spietati tagli dei conservatori, costruendo le case di cui abbiamo bisogno e difendendo i servizi pubblici. Il nostro messaggio di speranza sta cominciando a colpire nel segno. Nei prossimi mesi continuerò a diffondere la nostra visione per la Gran Bretagna. Insieme, come partito e come movimento, possiamo intraprendere nuovi passi per cambiare il nostro paese”.
Una realtà molto diversa da quella presentata dai media, che però preferiscono insistere sull’immagine di Corbyn come affossatore del Partito Laburista e responsabile di una sua probabile sconfitta nelle prossime elezioni (a cui peraltro mancano ancora quattro anni).