In Turchia attualmente ci sono 33 giornalisti in carcere. Si discute molto, sia nel paese che oltre confine, in merito alla possibilità di parlare di libertà di stampa nelle condizioni attuali. Vorrei aggiungere alcune informazioni per rendere più chiara la questione.
Innanzitutto la realtà legislativa che apre corridoi che conducono le redazioni al carcere. Quindi, il come e perché alcuni mezzi di comunicazione di massa si sono trovati in condizioni economiche solide e fiorenti rispetto ad altri.
Il 13 gennaio di quest’anno, la rivista nazionale Nokta usciva con un approfondimento molto interessante dal titolo: ”Ultimi tre mesi: 58 giornalisti condannati a 877 anni e 6 mesi di carcere”. Oltre al forte impatto creato da questo “strillo”, il preziosissimo contenuto metteva in luce gli elementi legislativi che legano le mani dei giornalisti in Turchia. Dall’articolo si apprende che la maggior parte dei casi di condanna si basa su una serie di commi della Legge per la Lotta contro il Terrorismo (TMK). La legge, introdotta nel 1991 e rafforzata dopo i quattro attacchi suicidi avvenuti nel territorio degli Stati Uniti d’America l’11 settembre 2001, facilita anche le condanne dei giornalisti accusandoli di “far parte di organizzazioni terroristiche” oppure di “aiutarle”. Per i giudici che esaminano i casi o per i poliziotti che sporgono le denunce bastano alcune semplici prove per condurre il giornalista dietro le sbarre. Esemplare è il caso di Mesut Aslan, editore del portale di notizie Otekilerin Postası, che ha condiviso la foto di Aziz Güler sulla sua pagina Facebook. Aziz e Mesut erano amici stretti ai tempi dell’università e Guler, nel 2014, aveva deciso di aderire alla lotta delle YPG, in Rojava, per combattere contro l’ISIS. Dopo qualche mese aveva perso la vita. Nonostante diversi tentativi, il cadavere di questo cittadino turco ha dovuto attendere 58 giorni al confine per poter essere sepolto in Turchia. Tra i motivi di questa lunga attesa, ovviamente, non si può ignorare il fatto che le YPG fossero conosciute come un’organizzazione terroristica da parte del partito al governo in Turchia. Proprio per questo Mesut Aslan è stato accusato di propaganda terroristica ed è rimasto in carcere per 3 mesi. E’ stato assolto il 29 gennaio 2016.
Altro caso esemplare di vittime della TMK è la giornalista Beritan Canozer dell’Agenzia di Notizie Jinha, arrestata il 16 dicembre 2015. Le accuse rivolte alla giornalista si concentravano sul suo comportamento “ansioso” nel momento dell’arresto, per aver filmato le proteste contro il coprifuoco a Sur, nella città di Diyarbakir, quando erano in atto scontri tra i militanti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e le forze armate. Secondo i poliziotti che l’hanno fatta salire nel blindato, la Canozer si comportava in modo ansioso, come se volesse nascondere qualcosa. Così, in pochi giorni, la giornalista messa dietro le sbarre è stata accusata di “propaganda terroristica” e di “appartenenza a un’organizzazione terroristica”. Dopo 3 mesi e mezzo di detenzione, la Canozer è stata rilasciata, ma non assolta.
La legge designata per affrontare i movimenti terroristici, oltre che essere osservata in questo modo che definirei “limitante” per la libertà di stampa, diminuisce anche la differenza tra le condanne per i terroristi veri e propri e per chi viene accusato di fare propaganda per un’organizzazione. Ovviamente a pagare il conto nella maggior parte dei casi è la stampa curda e quella rivoluzionaria. Si vedano a tal proposito i casi dei giornalisti Cengiz Dogan (Azadiya Welat Nusaybin), condannato a 3 anni, Mikdat Algül (Mezitli FM), condannato a 65 anni e Hatice Duman (Atilim Dergisi), condannata all’ergastolo.
Un altro provvedimento che apre le porte dei centri di detenzione per i giornalisti è quella della legge di Vilipendio del Presidente della Repubblica. L’articolo 299 del Codice Penale Turco (TCK), introdotto nel 2005 dal partito attualmente al governo, l’AKP (Partito dello Sviluppo e della Giustizia) prevede una condanna da uno a quattro anni di detenzione. Inoltre, se il giudice dimostra che la legge è stata infranta per mezzo di un lavoro divulgato tramite un mezzo di comunicazione di massa, la condanna può aumentare di 1/6 della sua durata.
Emblematico, a tal proposito, il caso del giornalista Mumtaz’er Turkone, ex candidato per le elezioni parlamentari dell’AKP, accusato di aver offeso il Presidente della Repubblica con un suo articolo pubblicato il 16 marzo 2014 sul quotidiano nazionale Zaman. Dopo circa due anni, il 12 gennaio 2016, Turkone è stato assolto. In uno degli articoli scritti durante il periodo del suo processo, egli definiva l’articolo 299 come “l’armatura di ghiaccio della dittatura”.
Ad essere colpiti dalla legge 299 non sono, però, solo i giornalisti. I dieci contadini di Adana che hanno protestato per l’aumento dei prezzi del mercato, il 27 aprile di quest’anno sono stati malmenati dalla polizia r accusati di aver insultato il Presidente della Repubblica. Questi manifestanti sono stati liberati dopo la prima udienza, ma sono tuttora sotto processo. Il 14 gennaio 2015 militanti del Partito Comunista del Popolo turco (HTKP) sono stati denunciati e in seguito assolti per aver appeso manifesti raffiguranti il Presidente della Repubblica con baffetti alla Hitler.
Il caso di Murat Capan, accusato di aver infranto la legge 299, illustra perfettamente come viene limitata la libertà di stampa e pensiero in Turchia. Lo scorso settembre la rivista nazionale Nokta è uscita con una copertina in cui il Presidente della Repubblica si faceva un selfie (si trattava di un fotomontaggio) di fronte alla tomba di un soldato morto durante gli scontri con i militanti del PKK. Questa immagine era stata pubblicata pochi mesi dopo che il Presidente della Repubblica aveva tenuto un discorso durante i funerali di un soldato ucciso, sottolineando quale onore fosse morire per la patria da un punto di vista religioso. Aveva aggiunto che più di 100 terroristi erano stati già “sepolti” grazie alle forze armate. Il Presidente della Repubblica teneva la mano destra appoggiata sulla tomba del soldato, Ahmet Camur, mentre enunciava un breve discorso ponendo l’accento sul fatto che la lotta al terrorismo sarebbe proseguita fino alla fine del mondo. Pochi giorni dopo la pubblicazione della rivista con l’immagine sopra citata, la polizia ha fatto irruzione nella sede centrale della Nokta e Capan è stato arrestato, restando in carcere per 57 giorni, liberato, ma non assolto. Durante il processo ha fatto notare che nel 2013 il quotidiano britannico The Guardian aveva pubblicato la stessa foto contro il premier Tony Blair, ma in Gran Bretagna nessun giornalista era stato denunciato per questo motivo.
Solo nel periodo ottobre-dicembre 2015 sono stati condannati a 2 anni e 10 mesi di carcere 4 giornalisti. Sempre nello stesso periodo, 8 giornalisti sono stati processati con la stessa accusa. In totale 42 giornalisti sono stati denunciati da altri cittadini o dagli avvocati del Presidente della Repubblica per aver infranto la legge 299.
Secondo una relazione preparata dal parlamentare nazionale Murat Emir, del Partito Repubblicano del Popolo, il 31 gennaio del 2016 risultavano in corso più di 1.300 processi per vilipendio al Presidente della Repubblica. Con il precedente Presidente, Abdullah Gul, i processi erano stati 139 e con Ahmet Necdet Sezer 26. E’ evidente la crescita dell’utilizzo dello strumento “legale” come arma-bavaglio per colpire i giornalisti.
Mentre si cerca di zittire la stampa con le leggi, in Turchia la maggior parte dei media mainstream si concentra nelle mani di alcune grandi aziende politicamente vicine al partito al governo, l’AKP.
Ne è un esempio il canale televisivo nazionale Star Tv, nato nel 1989 grazie all’iniziativa dell’Ozal Holding, di proprietà del figlio dell’ex Presidente della Repubblica, Turgut Ozal. Il primo canale televisivo privato della Turchia era in coproprietà con l’imprenditore Cem Uzan, che è stato anche il fondatore e il candidato Primo Ministro nel 2002 del nuovo partito politico Genc Parti. Questa giovane esperienza ha ottenuto, nel suo primo giro elettorale, il 7,25% dei voti. Da quel momento fino al 2004 attraverso diversi processi Cem Uzan insieme al suo gruppo Cukurova ha visto passare il controllo di 219 aziende di sua proprietà nelle mani dei commissari. Così nel 2003 due banche appartenenti al gruppo, Imar Bankasi e Akbank e nel 2004 il canale televisivo Star Tv sono stati venduti a diversi gruppi imprenditoriali. Nel mentre Cem Uzan ha dovuto chiedere asilo politico in Francia – concesso nel 2009 – perché non riusciva a svolgere liberamente l’attività politica in Turchia. Due anni dopo, nel 2011, il canale televisivo Star Tv è stato venduto al gruppo imprenditoriale Dogus Holding, fondato da Ayhan Sahenk. Oltre gestire una serie di fabbriche automobilistiche storiche della Turchia, questo gruppo è anche uno dei partner importanti in diverse grandi opere pubbliche, come dighe, centrali idro- elettriche, autostrade, porti, linee ferroviarie, linee metropolitane. Dogus Holding attualmente possiede 8 canali televisivi (StarTv, Ntv, Cnbc-e, e2, Kral Tv), 8 canali radiofonici, 6 riviste nazionali e 5 portali di notizie. L’attuale amministratore delegato, figlio del fondatore, Ferit Sahenk è conosciuto per la sua ammirazione verso il partito al governo AKP, esattamente come aveva dichiarato nell’intervista rilasciata al giornalista Eylem Turk, del quotidiano Milliyet, nel marzo 2010.
Stesso percorso e stessa storia anche per il quotidiano nazionale Star, che era quasi ufficialmente l’organo di stampa del vecchio partito politico Genc Parti. Il quotidiano passa nelle mani dell’imprenditore Ethem Sancak, iscritto al Partito dello Sviluppo e della Giustizia(AKP). Sancak, proprietario dell’Esmedya oltre al quotidiano Star possiede anche il canale televisivo Kanal 24, Ep Tv, 360 Tv, i quotidiani nazionali Aksam e Gunes e i canali radiofonici Alem Fm e Lig Radyo.
Un esempio eccellente di collegamenti pazzeschi è quello del canale televisivo nazionale Atv. Fondato nel 1993 dall’imprenditore Dinç Bilgin, passa nelle mani dei commissari nel 2007 e subito viene venduto al gruppo Turkuvaz Medya che possiede 4 canali televisivi (Atv, aHaber, Yeni Asir Tv, Minika), 2 canali radiofonici, 4 quotidiani nazionail (Sabah, Takvim, Yeni Asır, Pas Fotomaç), 11 rivisite nazionali e 2 portali di notizie. Particolarmente i due quotidiani nazionali del gruppo, Sabah e Takvim, hanno avuto la stessa esperienza del canale televisivo Atv, ossia sono stati acquistati dopo il commissariamento del 2007 da parte del Turkuvaz Medya. Oggi questo gruppo media così grosso fa parte di un enorme holding che si chiama Kalyon Grup. Si tratta di un’altra realtà cresciuta con gli appalti pubblici importanti negli anni del governo AKP, come la costruzione del Palazzo di Giustizia di Istanbul, la linea bus Metrobus, lo stadio olimpico di Basaksehir, il terzo aeroporto di Istanbul e il famoso progetto di riqualificazione urbanistica che avrebbe coinvolto il Parco Gezi. Oltre a questa notevole crescita si nota anche un evidente rapporto d’amicizia con il mondo politico. L’attuale Presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, nel 2014 ha fatto da testimone al matrimonio del figlio del proprietario del gruppo. Inoltre il fondatore storico del gruppo, Hasan Kalyoncu, mancato nel 2008, era uno dei personaggi più illustri del movimento conservatore Milli Gorus, che ha dato vita alle esperienze di partito Refah, Saadet ed AKP.
Un altro esempio di relazioni tra il mondo imprenditoriale, i media e il mondo politico è il caso di Albayrak Holding. Questo gruppo attualmente possiede il quotidiano nazionale conservatore Yeni Safak e il canale televisivo TvNet, è un altro gruppo di appalti pubblici per le grandi opere e anche l’azienda della famiglia Albayrak, a cui appartiene Berat Albayrak. Costui è il genero del Presidente della Repubblica e il Ministro delle Energie e delle Risorse Naturali dell’attuale governo. Un altro figlio della famiglia Albayrak, Serhat, oltre le sue mansioni nel gruppo di famiglia è anche l’amministratore delegato del Turkuvaz Medya che abbiamo appena citato sopra.
Questi legami tra il mondo degli appalti pubblici, i media e il mondo politico ovviamente si traducono in diversi casi in un notevole giro economico tra “conoscenti”. Nel gennaio 2016 il parlamentare nazionale Levent Gok ha presentato i risultati di un’interessante ricerca sui rapporti tra le banche statali e il loro investimento nei media vicini al governo o comunque conservatori, non dell’opposizione. Secondo il report in questi ultimi 5 anni le banche statali come Halk Bank, Vakiflar Bankasi e Ziraat Bankasi hanno speso circa 325 milioni di euro in pubblicità nei quotidiani Sabah, Star, Yeni Şafak, Akşam, Güneş, Takvim, Yeni Akit, Türkiye e nei canali televisivi Ülke Tv, TVNet, 360 TV, 24 TV, aHaber e Beyaz TV.
Con questa ragnatela di connessioni di interessi reciproci ovviamente parlare di libertà di stampa non è molto facile. Spesso e volentieri i media mainstream che abbiamo menzionato hanno riportato dei fatti allineati con la voce del “padrone”. Dopo l’uccisione del giovanissimo Berkin Elvan durante le proteste del Parco Gezi, nel marzo 2014, i quotidiani Akit e Milli Gazete non hanno dato nessuno spazio alla notizia. Altri quotidiani. Yeni Şafak, Takvim e Türkiye, hanno parlato soltanto delle proteste avvenute dopo la sua morte, utilizzando dei titoli accusatori verso i manifestanti. I giornali Akşam, Sabah, Güneş e Star invece hanno dedicato un trafiletto alla morte del ragazzino, accusato di essere “membro di un’organizzazione terroristica” dal Presidente della Repubblica in diverse occasioni pubbliche.
I quotidiani vicini al governo hanno ignorato anche l’arresto dell’imprenditore Reza Zarrab negli USA nel marzo 2016. Imprenditore accusato di corruzione in collaborazione con diversi membri del partito al governo AKP, è tuttora in carcere negli Stati Uniti. Tuttavia un personaggio al centro delle indagini di corruzione che nel 2013 hanno portato 4 ministri a dimettersi, non è stato il focus dell’attenzione di quotidiani come Milliyet, Vatan, Habertürk, Yeni Şafak, Karar, Star, Akşam, Güneş, Sabah, Takvim, Yeni Akit, Milat,Türkiye, Diriliş Postası e Zaman. Tutti questi ne hanno parlato in brevi notizie e non in prima pagina. Invece il quotidiano nazionale Aksam non ha minimamente parlato del fatto.
L’ultimo esempio evidente di come i media mainstream ignorino alcuni fatti importanti è il caso della scarcerazione dei giornalisti Can Dundar e Erdem Gul del quotidiano nazionale Cumhuriyet, accusati di spionaggio e terrorismo, arrestati il 26 novembre 2015 e scarcerati alla fine del febbraio 2016. La notizia ha trovato poco spazio presso i quotidiani Yeni Safak e Aksam, mentre è stata totalmente ignorata dal quotidiano nazionale Star.
In un intreccio di rapporti economici e politici così stretti e collegati parlare di una stampa libera ovviamente è molto difficile. Con immenso piacere ricordo le parole del giornalista assassinato Ugur Mumcu il 24 gennaio 1993 ad Ankara:
“La libertà di stampa è uno dei fondamenti della democrazia. La stampa che costituisce e rappresenta il pubblico in ogni epoca della storia è stata una questione controversa. Nei periodi in cui la libertà di stampa è stata limitata, lo sviluppo democratico si è fermato e ciò ha rafforzato le tendenze totalitarie. L’istituzione di principi democratici e lo sviluppo della libertà di stampa sono obbligatoriamente interconnessi”.