Pubblichiamo un comunicato apparso sulla pagina facebook ufficiale del Comitato nazionale delle associazioni per il referendum del 17 Aprile: “Ferma le trivelle, Vota Sì” (sito internet: http://www.fermaletrivelle.it)
“NESSUN RISCHIO”
C’è voluta più di una settimana perché finalmente venisse fuori la notizia che circolava in rete: una marea nera si sta estendendo a due passi da Lampedusa.
Nasce al largo della Tunisia, per l’avaria di un pozzo di estrazione di petrolio, il Cercina 7.
È bastato un centimetro, la rottura di un tratto di un solo centimetro della tubazione, per generare una marea nera che si sta allargando nei nostri mari.
Appare singolare, quindi, che mentre qui stiamo discutendo di una proposta di referendum che ha come tema proprio trivellazioni di gas e petrolio nei nostri mari, nessuno dei nostri organi di informazione ufficiali ci sia arrivato prima. Moltissimi blog e quotidiani online ne parlavano ma, inspiegabilmente, le grandi testate giornalistiche ci sono arrivate solo più di una settimana dopo.
Sarà che sono le stesse che ospitano le interviste di tutti quelli che continuano a dire che non ci sono pericoli negli impianti di trivellazione, che non corriamo alcun rischio, che è tutto sicuro.
E allora noi, a partire dal disastro della Tunisia, vogliamo condividere un po’ di dati, date e numeri, così da capire di cosa stiamo parlando.
La Tunisia è solo il caso più recente e vicino, ma registriamo moltissimi incidenti negli ultimi trent’anni.
Azerbaigian, dicembre 2015: l’incendio di una piattaforma petrolifera del Mar Caspio uccide 32 persone: http://goo.gl/RO2oc2 .
California, maggio 2015: 80mila litri di petrolio si sversano nel Pacifico per la rottura delle condutture di un oleodotto al largo di Santa Barbara. Il disastro è tale che viene dichiarato lo stato d’emergenza: http://goo.gl/1i1FxG .
Congo, luglio 2013: il fondo marino su cui poggia la piattaforma Perro Negro 6 (di una società collegata all’Eni), cede, e la piattaforma affonda nell’Atlantico: http://goo.gl/LEKGbd .
Scozia, agosto 2011: sversamento di circa 200mila litri di petrolio al largo della città di Aberdeen: http://goo.gl/nRm0dR .
Montana, luglio 2011: sversamento di più di 160000 litri di petrolio nel fiume di Yellostone: http://goo.gl/j4a7qt .
Golfo del Messico, aprile 2010: l’incidente della piattaforma Deepwater Horizon della British Petroleum causa lo sversamento di 500mila tonnellate di petrolio e 11 morti. Lo sversamento è stato inarrestabile per 106 giorni: http://goo.gl/TiKmuC.
Cina, luglio 2010: due incendi colpiscono per 15 ore due oleodotti nel porto di Dalian: http://goo.gl/uP50R6
Norvegia, dicembre 2007: una perdita di circa 3,84 milioni di litri di petrolio nella piattaforma Statfjord, nel Mar del Nord: http://goo.gl/ZQ1YQq .
Alaska, marzo 2006: fuoriuscita di un milione di litri di petrolio per la rottura di una pipeline: http://goo.gl/z7kXJ8 .
Brasile, gennaio 2000: sversamento di 1300000 litri di petrolio dalla raffineria di Duque de Caxias (Reduc) della Petrobras : http://goo.gl/z7kXJ8 .
Bretagna, dicembre 1999: naufragio della piattaforma Erika utilizzata dalla Total genera una marea nera che arriva alle coste francesi, centomila uccelli vengono uccisi dal petrolio: http://goo.gl/CGwpCN
Nigeria, gennaio 1988: perdita di 40mila barili di petrolio, disperso o evaporato, e addirittura 500 barili toccarono le rive: http://goo.gl/z7kXJ8
Questo è un elenco parziale, solo per rendere l’idea di quanto “sicuri” siano gli impianti che estraggono petrolio. In Italia il petrolio estratto è lo 0,3% del nostro fabbisogno nazionale, e si tratta di un prodotto di scarsissima qualità. Parte degli impianti coinvolti nel quesito referendario estraggono petrolio lungo le nostre coste, entro le dodici miglia. Dodici miglia sono circa venti chilometri.
Siete certi ne valga la pena?