Pubblichiamo il testo integrale dell’intervento di Valerio Colombo, Segretario del Partito Umanista, al workshop “La sfida della democrazia diretta”, tenutosi a Milano il 19 marzo 2016.
Abbiamo visto che già oggi la società è matura per uno straordinario aumento della partecipazione diretta di noi cittadini alla vita democratica.
Solo pochi secoli fa, un battito di ciglia rispetto al tempo di evoluzione della nostra specie, il concetto di democrazia era riservato ai “cittadini liberi”, dando per scontato che la maggior parte degli esseri umani fosse esclusa da tale pratica e ridotta in schiavitù.
Solo pochi secoli fa la schiavitù era normale e una monarchia illuminata era una fortuna per i sudditi di un regno.
Una costituzione come quella della Repubblica Italiana sarebbe stata considerata un’utopia – oggi magari non viene applicata e stanno cercando di stravolgerla, ma c’è e possiamo difenderla.
È certo però che la democrazia puramente rappresentativa – così come è disegnata nella nostra costituzione – è in forte crisi (non solo in Italia), tanto da far definire questa come un’epoca post-democratica!
Sicuramente, nonostante il momento di parziale tendenza involutiva che stiamo vivendo, l’evoluzione della storia umana va verso la diffusione della sovranità a tutti i membri della specie: cioè verso una vera democrazia.
Le conseguenze di questa democrazia “reale”, come piace definirla a noi umanisti, è che essendo tutti sovrani non ci saranno più sovrani: né quelli centrali delle vecchie monarchie, né quelli delegati, come l’attuale Parlamento (che dovrebbe essere sovrano, no?).
Questa – della democrazia reale senza delega di sovranità – sì che oggi appare una vera utopia, così come qualche secolo fa sarebbe apparsa la nostra Costituzione a qualunque persona ragionevole.
Quello di cui vorrei parlare oggi riguarda quali sarebbero le condizioni e le implicazioni del raggiungimento di questa utopia e quali i veri ostacoli?
Partiamo dalle condizioni, che a mio parere in sostanza esistono già. Tornando a ciò che accennavo all’inizio di questo contributo, fino a (relativamente) poco tempo fa cose come la schiavitù erano perfettamente accettate, così come lo era il fatto che ci fosse una élite privilegiata.
La giustificazione di tutto questo è sempre stata la “scarsità”: siccome non ci sono abbastanza risorse per tutti proteggiamo alcuni perché, un po’ come l’ape regina in un alveare, possano svilupparsi in un ambiente protetto, studiare e vegliare sul processo comune.
Veniva chiamata classe dirigente e selezionata in modi diversi a seconda della cultura e del periodo storico.
Negli anni ’60 del secolo scorso, tuttavia, è successa una cosa che ha prodotto un punto di discontinuità: si è concluso il ciclo che a partire da alcune centinaia di migliaia di anni fa con la manipolazione del fuoco ha prodotto le varie tappe della tecnologia fino ai giorni nostri. Nel corso degli anni ’60 del XX secolo scienza e tecnologia hanno portato a decretare la fine della scarsità.
Da quel momento in poi ci sono sempre state di fatto le risorse per garantire a ogni essere umano una vita dignitosa. Se questo non si è ottenuto è per motivi di tipo “organizzativo” e politico, non di insostenibilità materiale.
L’economista Piketty ci dice che negli ultimi anni si sta invece riallargando la forbice della disuguaglianza, tornata ad essere quella di fine ‘700; questo potrebbe sembrare in contraddizione con quanto appena affermato, ma non lo è. In effetti a pensarci bene, la fine della scarsità ha decretato anche la fine della giustificazione delle disuguaglianze come “necessità”.
A partire da ciò si stava preparando una vera e propria rivoluzione che avrebbe riguardato tutta l’umanità, già allora in fase di mondializzazione (intesa come interconnessione globale).
Vi ricordate il ’68? Una generazione che si rendeva conto che era arrivato il momento di cambiare tutto!
Da quel momento in poi però abbiamo assistito a diverse ondate controrivoluzionarie di una violenza inaudita: per esempio l’economia, nata proprio per gestire la scarsità cercando di ottimizzare le risorse, è in parte impazzita. trasformandosi in una speculazione finanziaria fuori controllo che fa sì che tutto si potrebbe fare in pratica, ma non ci sono mai i soldi per farlo…
La violenza delle forze contrarie all’evoluzione conseguente dalla fine della scarsità ha prodotto un vero e proprio blocco generazionale.
Si è arrivati a uno stallo in questo senso e gran parte della crisi che stiamo vivendo in questo momento è collegata a questo fenomeno… che non è il punto centrale di oggi e che quindi è meglio lasciare qui solo abbozzato.
Quello che è certo però è che almeno da un punto di vista delle risorse in gioco non c’è più nessuna ragione per cui la sovranità non si debba diffondere a ogni essere umano. Con l’avvento dell’intelligenza artificiale perfino i lavori concettuali saranno presto delegati alla tecnologia e quindi dobbiamo trovare qualcosa di utile da fare… come per esempio decidere insieme il nostro destino?!?
Una volta definito che ci sono ampiamente le condizioni affinché cambi radicalmente la struttura di controllo del tessuto umano, sorge un’altra domanda…
Quali sono le implicazioni di tutto questo?
Innanzitutto dobbiamo superare alcune ingenuità concettuali in cui cadiamo a causa del paesaggio di pseudo democrazia rappresentativa in cui viviamo ora.
“Con la democrazia diretta finalmente decideremo noi, la gente!” ci diciamo aspirando così a poter prendere finalmente il controllo delle nostre vite attraverso il controllo del processo comune.
Cercando di mettere un po’ più a fuoco l’immagine di come tutto questo potrebbe funzionare davvero, tuttavia, ci appare quasi subito la trappola in cui cadiamo nel proiettare ciò a cui siamo abituati, cioè il fatto che deciderò “io” insieme ai miei amici… ovverosia tendiamo a proiettare una situazione di sovranità “tradizionale” in cui decideremo “noi” inteso come una collettività che estende il nostro io come proiezione, senza tenere in conto l’enorme eterogeneità del tessuto sociale umano.
Decideranno “gli altri?” o decideremo “noi?” ecco che subito ci appaiono fazioni in cui il nostro io o un noi che lo proietta si contrappone a tutti gli altri.
Questo perché siamo comunque abituati a vedere come necessario il fatto che ci sia una sorta di “punto di controllo centrale” da cui guidare il processo, siamo abituati alla necessità dell’élite e del tropismo a farne parte.
Se però ci immaginiamo davvero che tutti siano sovrani, e quindi non solo io e i miei amici (errore, lo ripeto, in cui a volte cadiamo quando pensiamo alla democrazia diretta, in cui finalmente possiamo decidere “noi”) non ci sarà più un “punto di controllo” e soprattutto non è detto che quello che voglio “io” o che vogliono i miei amici costituisca alla fine la decisione finale.
Potranno certo esserci dei nodi di coordinamento delegati alla raccolta e alla elaborazione dell’informazione… ma se tutti saranno coinvolti come pari nel processo democratico a un certo punto non potrà che esserci una perdita di controllo da parte degli individui.
Perdita di controllo peraltro del tutto illusoria, in quanto oggi le cose sono così complicate da rendere impossibile il controllo e la direzione di tipo “tradizionale” del processo… Forse la democrazia formale rappresentativa non sta fallendo solo per la casta corrotta, ma perché è un modello troppo semplice rispetto all’attuale complessità del fenomeno umano.
Questo è probabilmente l’aspetto più interessante, ma anche che incute più timore: chi guiderà il processo? Sarà un caos totalmente disordinato? Andremo così verso l’abisso?
Come possiamo immaginarci che sorga un nuovo modello organizzativo senza qualcuno che lo “diriga”?
La scienza del XX secolo viene in nostro aiuto con quelle che Ilya Prigogine chiama “Strutture Dissipative”.
Ecco che in mezzo a turbolenze caotiche in apparenza completamente disordinate appaiono degli esagoni… e questo succede proprio quando la turbolenza è molto lontana dall’equilibrio e “consuma energia”…
Quando un sistema è in equilibrio e si cristallizza è molto vicino a quella che per un essere vivente possiamo chiamare morte, mentre quando un sistema come l’umanità mondializzata è in piena turbolenza caotica, allora lì sì che è possibile (e lo dimostrano gli studi della chimica fisica del secolo scorso) che a un certo punto si producano degli straordinari effetti di “auto-organizzazione”… esagoni che appaiono in mezzo a turbolenze, senza che nessuno li disegni…
In un sistema chiuso, lontano dall’equilibrio e turbolento basta che una quantità infinitesimale di elementi inizi ad autostrutturarsi per produrre un effetto bang: un’auto-organizzazione di tutto il sistema non attraverso una diffusione lineare del fenomeno, ma attraverso una sorta di risonanza strutturale.
Se questo avviene per delle semplici molecole gassose, che tipo straordinario di auto-organizzazione possiamo immaginarci per turbolenze in cui siano coinvolte miliardi di straordinarie coscienze umane?
Certo, all’inizio potrà sembrare tutto molto disordinato… una vera anarchia! dirà qualcuno. Gli individui, soprattutto quelli appartenenti o collegati alle vecchie “classi dirigenti” – ma non solo loro -sperimenteranno una pericolosa perdita di controllo. E lo stesso accadrà per chi era abituato ad avere qualcuno che decideva per lui.
Ma molto probabilmente questo porterà a un nuovo livello qualitativo del “tessuto umano”: a una coscienza intersoggettiva strutturata, senza necessariamente perdere la soggettività degli individui.
Perdita di soggettività che rappresenta uno dei timori che ognuno di noi percepisce immaginandosi questo processo: come se i neuroni del nostro cervello, nel partecipare alla strutturazione della nostra coscienza umana si snaturassero come cellule!
Tornando all’oggi e a quello che possiamo fare per creare le condizioni di questo vero e proprio salto, penso che la priorità sia dare molta importanza all’istruzione, alla formazione di ciascuno di noi come un vero e proprio potenziale sovrano, a pensare in modo riflessivo assumendoci la responsabilità di non delegare più a nessuno la soluzione dei problemi collettivi, facendocene carico in prima persona insieme a chi ci circonda…
Penso che tutto quello che già oggi si sta sperimentando rispetto alla democrazia diretta sia veramente prezioso, perché accumula esperienze che saranno fondamentali tra non molto, quando i tempi per il salto di cui parlavo prima saranno maturi.
Lo ripeto: in un sistema chiuso, lontano dall’equilibrio e turbolento basta che una quantità infinitesimale di elementi inizi ad autostrutturarsi per produrre un effetto bang: un’auto-organizzazione di tutto il sistema non attraverso una diffusione lineare del fenomeno ma attraverso una sorta di risonanza strutturale.
Forse anche piccoli esperimenti che possono sembrare senza speranza pensando a processi massivi tradizionali, potrebbero avere grandi e interessanti conseguenze!