Il 15 dicembre Tacheles, la casa occupata berlinese, uno dei centri più rappresentativi della controcultura europea e simbolo della riunificazione tedesca, è stata sgomberata “pacificamente”, dopo anni di dispute legali.
Secondo l’agenzia stampa DPA, gli artisti che vivevano ancora nell’enorme edificio del quartiere di Mitte “hanno consegnato le chiavi senza opporre resistenza”. “Rinunciamo alla violenza” ha spiegato alla stampa locale la portavoce degli occupanti, Linda Cerna.
Con la fine di Tacheles –l’edificio costruito nel 1909 e occupato da un gruppo di artisti nel 1990, pochi mesi dopo la caduta del Muro di Berlino, al fine di impedirne la demolizione – si perde l’emblema di una cultura contestatrice, ribelle e alternativa caratteristica di un’era, quella della riunificazione della Germania.
Con il tempo la casa occupata è divenuta una famosa attrazione turistica. Gli ultimi visitatori che hanno potuto vedere i murales e gli slogan rimasti da quell’epoca, oltre alle gallerie d’arte, alla sale cinematografiche e teatrali e ai bar dove si tenevano interventi, sono arrivati all’inizio di agosto, appena prima che le autorità ne imponessero la chiusura al pubblico per la mancanza di un efficace sistema anti-incendio.
I 23.000 metri quadrati erano occupati da una trentina di artisti (molti dei quali argentini e sudamericani). Questi si sono sempre rifiutati di pagare l’affitto imposto dai giudici nel 2009 e sono riusciti a far dichiarare l’edificio “monumento edilizio”.
Il palazzo appartiene a un fondo bancario, ma durante la seconda guerra mondiale è stato una sede delle SS e nell’epoca comunista un deposito di materiali da costruzione.