Il canone TV nel 2016 si pagherà con la bolletta dell’elettricità. Questa novità è stata introdotta per contrastare l’ampia evasione fiscale di questa tassa, partendo dal presupposto che chiunque abbia un allacciamento con la rete elettrica possieda una TV. Questa correlazione tra consumo elettrico e canone TV pone in rilievo la differenza tra due servizi pagati in modo diverso: la corrente elettrica si paga sostanzialmente in relazione al consumo reale. Non solo: chi ha un contratto per una disponibilità maggiore di corrente (per esempio 6 Kw anziché 3 Kw) paga di più. Da questo punto di vista potremmo definirla una tassa equa, basata sul principio che chi più consuma più debba pagare.
Viceversa il canone TV è un obolo versato di fatto da ogni famiglia una sola volta l’anno, indipendentemente dalla dimensione del televisore, da quante siano le persone che guardano la TV, quanto tempo la si utilizzi, quanti apparecchi televisivi si posseggono e in quante abitazioni siano collocati. Si arriva al paradosso che il canone si deve pagare anche se si possiede una sola TV non funzionante. Infatti, il canone in realtà non è un abbonamento, ma un’imposta sul possesso di un apparecchio televisivo. Di conseguenza emerge la palese ingiustizia di questa tassa, poiché detenere una piccola TV in un monolocale in affitto o invece possedere 10 megaschermi distribuiti in varie ville al mare e in montagna è la stessa identica situazione: in entrambi i casi lo Stato aggiungerà 100 euro sulla bolletta elettrica. Patrimonio, reddito, capacità contributiva, condizione economica e famigliare non contano nulla: l’erario incamera sempre 100 euro.
Se paragoniamo questa imposta sulla proprietà dell’apparecchio televisivo a quella sulla proprietà degli autoveicoli (bollo auto), ne cogliamo subito la differenza. La tassa sui veicoli è correlata alla potenza del motore e in qualche misura ai consumi e all’inquinamento. Infatti le auto ecologiche sono esenti dal pagamento del bollo.
Se invece facciamo il confronto con la proprietà dell’abitazione, la situazione è ancora più contraddittoria. Proprio nel 2016 il Governo ha abolito l’imposta sulla prima casa, lasciando però quella sulla (prima) tv. Sulle seconde case, però, le tasse si pagano, ma non sulle TV nelle seconde case. Viene da chiedersi dove sia la coerenza e soprattutto la logica in questi provvedimenti dai criteri opposti.
Anche ammesso (e non concesso) che il canone TV sia una tassa necessaria, dato che il numero dei detentori di un apparecchio atto od adattabile alla ricezione delle trasmissioni televisive coincide sostanzialmente con il numero delle famiglie italiane, sarebbe molto più semplice che lo Stato ricavasse lo stesso gettito attraverso le dichiarazioni dei redditi dei contribuenti, senza complicare le bollette elettriche. Inoltre, attraverso le dichiarazioni fiscali si potrebbe far pagare il canone in modo correlato almeno al reddito, perché come ci ha insegnato don Lorenzo Milani, non c’è nulla di più odioso di fare parti eguali tra diseguali.
D’altra parte si può obiettare che almeno con i 100 euro inseriti nella bolletta elettrica gli evasori del canone verranno ampiamente ridotti e che il costo è diminuito di 13,50 euro rispetto al canone dell’anno precedente. Vero: ma se la riforma del canone TV si fermasse qui, la delusione sarebbe notevole. Basterebbe davvero poco per fare molto meglio.