Il caso della tragica morte di Giulio Regeni porta alla ribalta una delle tante storie “dimenticate” dai media tradizionali: la violazione dei diritti umani in molte aree del pianeta. Abbiamo chiesto a Riccardo Noury, Portavoce di Amnesty International, di darci più contesto e la loro opinione in merito.
Amnesty ha pubblicato di recente un rapporto sulla situazione dei Diritti Umani in Egitto. Ce ne puoi riassumere i dati più importanti?
L’uccisione di Giulio Regeni ha messo in evidenza una situazione di drammatica repressione e violazione dei diritti umani in Egitto, che avrebbe continuato a essere ignorata da parte delle istituzioni italiane se la vittima fosse stata egiziana. Da quando al Sisi è salito al potere, le organizzazioni per i diritti umani hanno registrato centinaia di casi di sparizioni e oltre 1700 condanne a morte (quasi tutte ancora non eseguite) e decine di migliaia di arresti, in larga parte nei confronti di sospetti militanti della Fratellanza musulmana, messa fuorilegge nel 2014. La tortura è praticata abitualmente nelle stazioni di polizia e nelle carceri, compresi i centri segreti di detenzione. La libertà d’espressione e manifestazione pacifica è pesantemente limitata e i difensori dei diritti umani e i giornalisti subiscono persecuzioni e processi irregolari. A questo Egitto di al-Sisi, tra l’altro, l’Italia ha mandato enormi quantità di armi.
Nello specifico caso Regeni che osservazioni avete fatto?
Abbiamo sottolineato l’incidenza della tortura e la coincidenza della sua sparizione il giorno del quinto anniversario della “rivoluzione del 25 gennaio” che diede il via alla fine del potere di Hosni Mubarak. Abbiamo chiesto un’indagine indipendente, imparziale, approfondita e tempestiva per chiarire le circostanze e i responsabili della morte di Giulio Regeni.
Come giudica Amnesty l’operato della autorità egiziane in questa vicenda?
Privo di trasparenza. Si è provato a fare quello che si fa abitualmente in casi di violazione dei diritti umani che riguardano cittadini egiziani: versioni contraddittorie, cui temo potranno seguire indagini non coerenti con le caratteristiche sollecitate da Amnesty International.
E secondo Amnesty, qual è stato il comportamento delle autorità italiane?
Sono intervenute con decisione, chiedendo di sapere la verità. E’ fondamentale però che le autorità italiane al Cairo collaborino pienamente, anche rispetto al lavoro dei legali, e che non ci si accontenti di verità di comodo.
Quale ti sembra la situazione dei diritti civili e di espressione nella regione e, in generale, nel mondo? Stiamo avanzando nella direzione del rispetto dei diritti umani?
Nell’area la situazione dei diritti umani è deprimente. In queste settimane di anniversari delle cosiddette “primavere” del 2011, non c’è una situazione (salvo, parzialmente, quella tunisina) che abbia mostrato segni di progresso. In alcuni paesi, come Siria, Yemen e Libia, alle rivolte del 2011 è seguita una catastrofe umanitaria e dei diritti umani. Altrove, la repressione si è persino intensificata, ed è il caso dell’Arabia Saudita e del Bahrein.
Il prossimo Rapporto annuale di Amnesty International fornirà un’analisi approfondita della situazione dei diritti umani su scala mondiale.