“Dare ospitalità a esseri umani, saggi di esperienze, sovente trattati come alieni dalla nostra società”. È questa la missione della cooperativa K-Pax che è riuscita a sviluppare con successo un sistema di micro accoglienza diffusa per i rifugiati favorendo così la graduale integrazione degli immigrati in una nuova comunità
K-Pax nella mia fantasia era solo un film di fantascienza. A volte, però, la realtà va oltre l’immaginazione. In questo caso è successo a Breno – in Valcamonica – non lontano da Brescia, dove nel 2008 è nata la Cooperativa Sociale K-Pax, un gruppo formato da operatori e consulenti interessati a fornire forme di aiuto per i richiedente asilo, per i rifugiati.
La loro peculiarità consiste nell’aver sviluppato con successo un sistema di accoglienza “diffusa” per i rifugiati, un modello che si contrappone a quello diffuso solitamente che tende a concentrare una grande quantità di persone in un solo luogo. Nell’ultimo caso, infatti, l’immigrato viene percepito come “invasore”, come pericolo e difficilmente riesce a integrarsi in una comunità, mentre se questo viene inserito gradualmente in un contesto meno emergenziale riesce a trovare una maggiore facilità nel relazionarsi con una nuova cultura ed un nuovo modo di vivere e gli abitanti locali non temono per la loro sicurezza o la loro identità culturale.
In teoria lo Sprar (1) prevederebbe proprio questo tipo di politica per i rifugiati ma in pratica, quando i flussi migratori sono troppo elevati, il meccanismo dello Sprar si inceppa. K-pax è riuscita a riprodurre gli standard Sprar nella gestione di numeri elevati di rifugiati e in contesti che non sembrano favorevoli all’inserimento.
“Il nostro ‘sistema operativo’ diffonde sui territori le residenze dei rifugiati in appartamenti da quattro o cinque persone”, ci spiega il Presidente della Cooperativa, Carlo Cominelli, “in questo modo i nuovi arrivati non stravolgono il contesto.
L’Italia ha migliaia di piccoli paesi e in questi l’integrazione può avvenire in modo molto più che in grandi città.
Lavoriamo con afghani, pachistani, nigeriani, senegalesi, a volte siriani, a volte curdi – continua Cominelli – dobbiamo quindi sviluppare un lavoro continuo di traduzioni e mediazioni… ogni etnia ha il suo traduttore”.
I ‘ragazzi’ della Cooperativa K-Pax sono riusciti quindi a portare una esperienza di micro-accoglienza dentro la dimensione dell’emergenza creando reti che velocemente si allargano e contraggono a seconda del bisogno e sostituendo così i grandi centri di assembramento di persone.
“In questi anni abbiamo ospitato un centinaio di persone per volta. Ora siamo a centotrenta/centocinquanta persone. È un percorso a tempo, ci sono fasi di entrata ma anche di uscita e re-inserimento”.
Gli chiedo di ripercorrere brevemente la storia della cooperativa. “All’inizio eravamo in sette – ci spiega Cominelli – tutti provenienti da esperienze di volontariato o già impegnati nei sistemi di accoglienza. Oggi siamo quindici persone con contratto a tempo indeterminato affiancati da una serie di collaboratori che ci aiutano in determinate mansioni. Ultimamente ci chiamano anche molto in giro per fare consulenze. Il nostro modello sta piacendo!”.
Da due anni, la cooperativa ha anche preso in gestione lo Sprar di Brescia: “lì siamo nella grande città, e il contesto è diverso. Gestiamo accoglienze e sistemi di emergenza. Abbiamo il vantaggio di essere vicini alla questura e cerchiamo di applicare le nostre logiche nei quartieri”.
Tra i progetti attuali più significativi Cominelli ci segnala la gestione dell’albergo in cui ci siamo incontrati, situato nel centro di Breno, che era in stato di decadenza mentre oggi è attivo e offre, tra le altre cose, occupazione ad alcuni rifugiati; il progetto della raccolta dei vestiti usati con i quali finanziano anche appartamenti protetti per donne vittima di violenza; un video informativo da scaricare sul proprio telefono palmare da parte dei rifugiati politici appena approdati in Italia.
L’esperienza della cooperativa K-Pax assume particolare rilevanza in un periodo come questo in cui la cronaca porta drammaticamente in auge presunti conflitti religiosi e culturali o guerre di civiltà.
“La cosa che non bisogna fare è cadere negli stereotipi, cadere nella caratterizzazione delle persone. Con tutti si può dialogare. Noi lo facciamo da sempre, anche all’interno delle proteste – ci rassicura Cominelli – Problemi non ne abbiamo avuti e speriamo di non averne. La stampa spesso ci attacca, ma noi andiamo avanti”.
Il sito della Cooperativa sociale K-Pax
(1) Sprar: Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati. Lo Sprar è il sistema che esiste in Italia in regime ordinario per richiedenti asilo e rifugiati, portatori di protezione internazionali.