“Rivendica il tuo diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti veniva portato via o carpito o andava perduto, raccoglilo e fanne tesoro. Convinciti che è proprio così, come ti scrivo, certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più vergognosa è perder tempo per negligenza. Pensaci bene: della nostra esistenza una parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell’agire diversamente dal dovuto….”
Comincia così una delle più belle lettere di Seneca all’amico Lucillo nel 63 D.C.
Da allora sono passati quasi 2000 anni, il mondo è cambiato, con esso i nostri modi di comunicare. E mai come prima d’ora nella storia umana, abbiamo accesso a portentosi mezzi di comunicazione. Quasi chiunque lo voglia, adesso può accedere a strumenti di comunicazione impensabili solo fino a 30 anni fa.
Un tempo, le persone potevano perdersi di vista senza mai più ritrovarsi, adesso coi mezzi di comunicazione attuali è quasi impossibile, eppur molto si è perso di un tratto tipico della comunicazione umana, di un gusto nel soppesar parole, nel dar profondità e valore ad esse, d’un tempo fatto di pause, di silenzi, di riflessioni dell’intimo che si alternava ad improvvisi slanci e moti dell’animo, con cui esternare comprensioni e riflessioni, maturate e sussurrate, proprio nell’intimità privata del silenzio.
In alternanza tra silenzio e comunicazione, si dava spessore, profondità e valore a molto, di tutto quel che si esprimeva.
E adesso invece, nel modo in cui comunichiamo nel mondo virtuale, facendo d’una comunicazione spesso divisa, sconnessa da quello che sentiamo che viaggia in canali paralleli che non s’incontrano mai, oppure fraintesa, decontestualizzata, a volte svilita e sempre sovrastata da un costante rumore di fondo.
Così, abbiamo mezzi potenti assai, nel mondo virtuale, ma vien completamente a mancare l’interazione fisica col mondo e con gli altri, siamo costretti a comunicare attraverso rappresentazioni sempre più semplificate ed evanescenti, di quello che vogliamo dire e di tutto ciò che abbiamo dentro. Sui social network riduciamo tutto il nostro mondo, tutti i nostri mezzi d’espressione a qualcosa d’incorporeo, quando invece la comunicazione reale, oltre che di parole, è fatta di sguardi, di silenzi, di cambi di tono, di sorrisi, d’espressioni del volto, di gestualità, di mimica, di postura del corpo, di empatia, di energia positiva o negativa che si esprime verso l’altro e viceversa, la comunicazione reale è fatta anche di profumi, di odori, di luci ed ombre, di messaggi che esprimono contenuti materiali ma anche di messaggi non verbali che esprimono l’immateriale. “Condividere” adesso, in questo mondo parallelo e virtuale, è diventato un click col mouse.
Ma condividere, nella realtà, significa invece, partecipare insieme, offrire del proprio ad altri, condividere, è una tensione d’insieme, sviluppata fra due o più persone, un essere d’accordo, un’esperienza che affratella ed è vissuta in un determinato tempo da più punti di vista diversi, diventando perciò più ricca, fertile di discernimento, di emozione comunicante.
Condividere, è quando conosci qualcuno, gli regali un libro, lui poi te ne dà un altro, poi un altro giorno discutete su qualcosa, un altro ancora, prendete un caffè insieme e via e via passa il tempo, e prima che possiate rendervene conto, siete diventati fratelli o sorelle, con ideologie rigogliose e progetti brillanti, su una strada vostra e pura che è davvero condivisa.
Allo stesso modo, l’atto di condividere, si manifesta ancor più forte, fra due persone che si amano, che condividono gioie e dolori, conquiste e sconfitte, luci ed ombre, comprensioni e incomprensioni, paure e aspirazioni, speranze e delusioni, difficoltà e avanzamenti, pensieri, parole, sguardi, profonda vicinanza mentale, emotiva e fisica, a volte, pur vicinanza che va anche oltre, di un apparente limite di spazio e tempo, oppure anche che condividono semplicissimi momenti, come prendere un caffè, mangiare una pizza a lume di candela o fare due passi, solo nel gusto di stare insieme.
E’ questo dunque, del condivider l’atto che in qualunque punto lo si guardi, nel suo insieme rimane integro di straordinaria bellezza e di pienezza è intriso, in una complessità davvero non riducibile ad un semplice click su un tasto “condividi” che anzi, diventa ingannevole, distorcendo completamente il concetto di cosa davvero significhi il condividere.
Gli antichi latini, esprimevano il concetto di “condividere” con le parole compatire e compassione che non significavano aver pena, quasi in senso dispregiativo, come hanno assunto spesso il significato nel periodo attuale, bensì, compatire è composta dalle due parole “Cum” e “Pati” e significa soffrire insieme, partecipare all’altrui patimento e “compassione” con ancora più forza significa “moto dell’animo che ci fa sentire dispiacere o dolore dei mali altrui.”
Per non entrar nel merito del significato d’un altro sentimento, molto complesso, come manifestar piacere, per una cosa, un avvenimento o anche una persona che oggi, all’interno delle asettiche regole dei nostri mondi virtuali, ridotto è ad un altro freddissimo click, sul tasto “mi piace”.
All’interno dei mondi virtuali c’è un altro importante aspetto, che stravolge completamente i termini della comunicazione e di confronto con la realtà. Il nostro rapporto con ciò che è fisico, viene completamente mistificato, ridotto, vanificato. Nel momento in cui gli strumenti comunicativi diventano sempre più virtuali, immateriali e astratti, siamo costretti a comunicare attraverso rappresentazioni sempre più semplificate ed evanescenti di ciò che vogliamo dire e peggio ancora, di ciò che proviamo. Riduciamo tutto il vasto mondo che abbiamo dentro, fatto d’idee, sentimenti, pulsioni, esperienze, ricordi, aspirazioni, speranze, sogni, contraddizioni, a qualcosa d’estremamente limitato e limitante, si riduce così il nostro rapporto con ciò che è fisico, limitando la nostra capacità d’intervenire sulla realtà stessa e così, modificarla.
In definitiva, in un mondo virtuale, il nostro “potere” di trasformare la realtà che ci circonda, viene drasticamente ridotto, possiamo anche condividere migliaia di post o mettere migliaia di “mi piace”, possiamo esprimere un punto di vista o anche un’idea, provare a veicolare un concetto ma tutto questo, ha ben poco a che fare coi concetti di socialità o affettività, nel senso pieno del termine. Ogni nostra azione, all’interno di un mondo virtuale, ha possibilità ridotte d’apportare modifiche alla nostra vita reale, scarsissime quelle di modificare la realtà che ci circonda e ancor meno attraverso di esso, poter correggere azioni passate.
Un mondo virtuale, in definitiva, può essere un buon veicolo per comunicare concetti o informazioni, anche per mettere in contatto persone fra loro, ma poi, finché si rimarrà esclusivamente all’interno di questo mondo virtuale, le nostre capacità d’incidere sulla realtà, saranno quasi inesistenti, le nostre potenzialità di modificare un certo stato “reale”, quasi del tutto inespresse.
Infine, c’è un altro aspetto della comunicazione dei social network che è interessante osservare, tutto ciò che viene espresso, è spesso suscettibile ad un altissimo grado d’interpretazione da parte di chi legge.
Su facebook, tanto per fare un esempio, diventa facilissimo filtrare quasi in toto, ciò che si legge, mettendolo sotto una lente che riflette in buona parte un nostro determinato stato di animo oppure un nostro preciso punto di vista.
Leggendo un comune post, spesso viene perso il contesto in cui quel concetto è stato espresso, quando il contesto invece, a volte è ancor più importante del contenuto stesso e spesso su un social network, il contesto di ciò che si legge, si perde completamente, è inoltre assente tutto ciò che è legato alla comunicazione “non verbale”, sguardi, pause, espressioni, mimica, postura, contatto fisico, un tocco, una carezza o un abbraccio.
Così come va perso, anche lo stato d’animo di chi esprime un determinato concetto. Un punto di vista o un’informazione veicolata con un post, risulta spesso come una freccia spuntata e del suo autore poco o niente ne traspare, del suo sentire, del suo percorso vitale, del suo attuale stato di coscienza, di chi egli sia, da dove egli venga, di cosa e come stia vivendo e quali esperienze abbia maturato in vita sua.
Si potrebbe obbiettare che lo stesso fenomeno avvenga quando si legga un libro, chiaramente, anche un libro non riesce ad esprimere appieno il contatto fisico con la realtà, ma può descriverla ed evocarla superbamente.
Gli spazi dilatati che si possono creare all’interno di un libro, sono in grado di dare la sensazione del tempo, un libro ha comunque la capacità di esporre magnificamente il contesto storico e sociale di una determinata narrazione, esprime il contesto vitale e il percorso di ogni singolo protagonista. Grazie alla possibilità di dilatare tempo e spazio, se lo scrittore è abbastanza bravo, nell’immaginazione nostra si riesce a riprodurre la realtà, i luoghi, i contesti, le espressioni non verbali dei personaggi, insomma, in definitiva è molto meno suscettibile ad interpretazioni da parte del lettore; al termine della lettura di un libro, si può esser quasi certi che lo scrittore sia riuscito ad esprimere appieno concetti, idee, contesto, significati, persino i caratteri dei personaggi, in modo tale che il lettore ne abbia compreso bene il senso più profondo, senza grandi margini d’interpretazione o peggio ancora equivocandone il significato.
La comunicazione, un tempo potente mezzo e motore inarrestabile di ogni rivoluzione umana, individuale e sociale; ai giorni nostri inscatolata e sempre più spogliata, di contenuti e contenenti, stravolta, anche nei significati, fino a ridurne così l’impatto, sulla coscienza umana, come una freccia scoccata ma senza punta.
Così, nel tempo del grande inganno, a parer mio, è certo buono usarne i mezzi, sui mondi virtuali può esser utile comunicar con essi ma è ancor più buono conoscerne i limiti, per romperne gli schemi e regole, scritte da altri che niente hanno a che fare con un’onda che avvolge, permea e fa vibrare, espressa dalla più sentita comunicazione umana, quella che ancora oggi può attraversare cuori e menti, rompendo muri e anche paure, incomprensioni, limiti e differenze, ancora oggi, al tempo del grande inganno, la comunicazione, quella umana, lo può fare.