Quando stamattina ci siamo svegliati sotto una bomba d’acqua abbiamo capito immediatamente che sarebbe stato un disastro.
C’era solo da chiedersi quali torrenti avrebbero straripato e quale sarebbe stata l’entità del danno, se ci sarebbero state vittime. Era in dubbio solo la dimensione di quanto sarebbe accaduto. Per fortuna non ci sono state vittime, ma di torrenti che sono usciti dall’alveo ce ne stati tanti. A Zafferia i danni più consistenti, ma la situazione è critica sia nella zona nord che nella zona sud della città.
Fin qui tutto scontato. Conosciamo bene la condizione di dissesto idrogeologico del nostro territorio.
É, però, andata sott’acqua tutta la città. La via Don Blasco, che ha visto il taglio di mille nastri, è diventata un invaso. Il pronto soccorso del Policlinico, inaugurato da pochi giorni si è allagato. A Ganzirri sembrava si fosse formato un altro pantano. Le palestre della città sono diventate acquitrini. Ma, poi, allagamenti nei paesi della provincia: a Rometta, a Furci Siculo, a Sant’Alessio… Inutile citarli tutti. Inutile citare gli allagamenti in tanti centri dell’isola. É stata una debacle totale.
Avviene nella città del ponte. Avviene nella città in cui alcuni giorni fa intorno alla cessione delle ex Officine Grandi Riparazioni delle ferrovie (di cui non si conosce la destinazione) al Comune di Messina si sono ritrovati gli uomini della cessione della città alla governance del ponte: in primo luogo Ciucci (vero playmaker dell’operazione), ma poi anche Basile (che assiste inerme in attesa di ricavarci qualche briciola), Schifani (che ha immediatamente licenziato il direttore generale del Cas che aveva osato mettere in dubbio la tenuta del traffico autostradale a causa dei 200 camion che trasporterebbero quotidianamente i materiali di scavo), il presidente di Rfi Lo Bosco.
Intanto i sostenitori locali del ponte esultano per le condanne alle spese legali subite dai no ponte che avevano intentato una class action contro la Stretto di Messina Spa e auspicano per gli attivisti in difesa del territorio le stesse pene richieste per i no tav (8 milioni di euro).
Come non avere il sangue agli occhi contro questo branco di incoscienti? I primi, però, perché i secondi non meritano neanche la nostra rabbia. Sono solo personaggi di secondo piano alla ricerca di qualche ingaggio. Roba da folclore locale. I primi no, invece, perché sono responsabili, sono responsabili di un territorio che va in frantumi, sono espressione di un corso politico nuovo nel quale la funzione pubblica è totalmente sottomessa alla Grande Impresa, un corso politico nuovo che fa uso della modifica progressiva delle norme ogni qualvolta si frappongono ostacoli all’aggressione del territorio, un corso politico nuovo per il quale la stessa manifestazione del punto di vista avverso diventa motivo di azione disciplinare.
Nelle prossime settimane si tornerà in piazza contro la costruzione del ponte sullo Stretto. Verrà messo questo tema al centro delle iniziative. Come nel 2009, dopo la tragedia di Giampilieri, torneremo in piazza per chiedere che i soldi del ponte vengano utilizzati per la messa in sicurezza dei territori e il soddisfacimento dei bisogni inevasi di una comunità sempre più penalizzata.
#NOPONTESempre
Messina, 2 febbraio 2025
Movimento No Ponte