Il cambiamento climatico è stato definito “la più grande e pervasiva minaccia alla società umana di cui il mondo abbia mai avuto esperienza”. I fattori climatici e ambientali hanno una loro rilevanza nella scelta di migrare, sebbene di difficile emersione con gli strumenti di indagine ad oggi in uso, e si sommano agli altri fattori determinanti quale acceleratore o principale causa dello spostamento forzato. È quanto emerge dal progetto “Le Rotte del Clima” che ha lavorato per mettere a fuoco le matrici climatiche e ambientali nelle storie dei migranti in arrivo in Italia tramite un lavoro di raccolta dati sul campo basato sull’ascolto dei racconti di 348 migranti, provenienti principalmente dal Bangladesh, coinvolti in prima persona nell’indagine, e la successiva analisi multidisciplinare dei risultati ottenuti.

La sperimentazione rileva che tra le persone migranti intervistate e che hanno risposto alla domanda sulla ragione per cui hanno abbandonato il loro Paese, il 69% di coloro che hanno indicato la scelta migratoria legata a ragioni di studio, lavoro e per migliorare le proprie condizioni di vita, generalmente considerati “migranti economici”, dichiarano il peggioramento delle condizioni climatiche come concausa dello spostamento. Indagando a fondo sulle motivazioni che inducono a migrare, i fattori climatici ambientali rivestono un ruolo significativo. “L’analisi suggerisce, si legge nel Report “Migrazioni ambientali e crisi climatica – Edizione Speciale Le Rotte del Clima”, curato dall’associazione A Sud in collaborazione con il Centro Studi Systasis, ASGI, We World e un’ampia rete di partner, come dietro la categoria tradizionale dei migranti “economici” spesso si celi una motivazione più profonda legata all’ambiente, in particolare laddove la dimensione economica è strettamente legata ai fattori naturali, come per i migranti provenienti da aree rurali. È utile, dunque per tratteggiare più in profondità le ragioni, soffermarsi sul tema della percezione.”

Il degrado ambientale/climatico del Paese di origine è evidenziato maggiormente dai migranti provenienti da Paesi asiatici e africani. Sono gli impatti negativi sulla vita personale (economici, familiari) che influenzano la percezione di quanto sia grave il peggioramento del clima e dell’ambiente. I migranti con età più avanzata paiono avere una maggiore consapevolezza degli impatti negativi che il cambiamento climatico determina sulle condizioni di vita. La maggior parte degli intervistati (52%) evidenzia che il deterioramento degli aspetti climatico-ambientali si è protratto per oltre tre anni prima della decisione di intraprendere il percorso migratorio. I dati del Rapporto ci indicano una sottovalutata rappresentazione dei fattori ambientali nella narrazione delle scelte migratorie, anche a causa del fatto che i fenomeni migratori indotti da fattori climatici e ambientali sono circoscritti quasi esclusivamente agli eventi ad immediata insorgenza e che comportano, per la maggior parte, una migrazione interna al Paese di origine, così che la percezione collettiva viene poco indotta ad associare le migrazioni oltre confine con gli eventi climatici.

La migrazione può essere considerata come un continuum, da una mera risposta alla necessità di sopravvivenza (migrazione forzata) a un’iniziativa proattiva in cui le famiglie valutano tutte le opzioni disponibili per adattarsi ai pericoli e scelgono consapevolmente la migrazione, in quanto strumento più adeguato a distribuire i rischi, a diversificare i mezzi di sussistenza e ad aumentare il reddito anche attraverso l’importante contributo delle rimesse, qualora sia solo una parte della famiglia a migrare. Tuttavia, “le politiche di esternalizzazione dei confini dell’Unione Europea, si legge nel Report, intraprese in via incrementale negli anni, inducono, specialmente nelle coste Sud del Mediterraneo, a un circolo vizioso. Nel tentativo di bloccare gli spostamenti delle persone causati o concausati dal cambiamento climatico, specialmente in mancanza di piani di adattamento locali, suddette politiche deprimono la capacità degli individui di adottare la migrazione stessa come strategia di adattamento, intrappolandoli in aree dove esercitano un ulteriore stress sulle risorse naturali, in una spirale negativa. Inoltre, tali politiche comprimono le possibilità di accesso a un territorio precedentemente disponibile, con una conseguente riduzione dei mezzi economici e dunque un’ulteriore pressione verso la migrazione.”

Il Report di A Sud elenca una serie di indicazioni di policy che possono essere sintetizzate in tre blocchi: 1. Incrementare la conoscenza del fenomeno della migrazione indotta da fattori climatico-ambientali; 2. Assicurare la considerazione dei fattori di rischio climatico ambientali nell’accesso alla protezione giuridica; 3. Sviluppare politiche che tengano in considerazione la causa climatico-ambientale della migrazione, con particolare attenzione all’intersezionalità di genere.

Qui la pubblicazione: https://asud.net/wp-content/uploads/2025/01/report-migrazioni-ambientali-le-rotte-del-clima-2025.pdf.