Un progetto agroalimentare in Mozambico, il CAAM, è stato promosso dalla cooperazione allo sviluppo italiana nel 2021. Eppure adesso il governo Meloni lo descrive come uno dei capisaldi del Piano Mattei, in un Paese strategico per la “sicurezza energetica” italiana, vista la massiccia presenza del gigante petrolifero Eni e il sostegno a progetti per l’estrazione del gas in cui è coinvolto l’assicuratore pubblico SACE.

È quanto emerge dal nuovo rapporto di ReCommon “In Mozambico il piano Mattei nasce già vecchio?”, diffuso oggi. ReCommon è riuscita a ottenere il documento originale del progetto CAAM, il Centro Agroalimentare di Manica, da cui si può ricostruire la genesi del progetto già nel 2021 e le varie fasi per la sua realizzazione. L’unica novità degli ultimi mesi è la stipula di un accordo tra i governi di Roma e Maputo per un prestito agevolato di 35 milioni di euro, ma una quota di dono che ammontava a 3 milioni di euro era già stata concessa dal governo italiano ben prima che vedesse la luce il Piano Mattei. Inoltre nell’archivio del portale OpenAid dell’Agenzia di Cooperazione allo Sviluppo (AICS) si legge che due milioni di euro impegnati come parte del finanziamento del CAAM erano già stati spesi nel corso del 2022.

Il CAAM è stato concepito a suo tempo come intervento di supporto al settore agricolo locale messo in ginocchio dal ciclone Idai del 2019, e l’impianto tecnico è rimasto invariato, ha confermato a ReCommon Paolo Sertoli, direttore dell’AICS in Mozambico. Fra il 2020 e il 2021 era in atto la corsa per la ricostruzione e il sostegno alle località mozambicane colpite da forti inondazioni: in particolare le province di Manica e Sofala sono state oggetto di fondi europei, nazionali e internazionali.

L’idea è quella di mettere in piedi un polo logistico molto esteso e strutturato per l’incontro tra coltivatori e commercianti, per la raccolta, il packaging e il marketing della frutta e verdura prodotte nelle campagne del Mozambico. E in un secondo momento (ma questo aspetto resta molto defilato), trasformare la frutta in prodotti finiti. Le dimensioni dell’intera struttura, tra parte coperta e scoperta arrivano a 150/200mila mq. Dimensioni mastodontiche in una zona isolata: una “cattedrale nel deserto” della quale non è detto che le comunità locali sentano necessità.

L’Italia “è chiamata” a costruire dalla A alla Z una infrastruttura funzionante da consegnare chiavi in mano alla amministrazione mozambicana locale. La logica che sta dietro questa operazione è lontanissima da quella che dovrebbe animare tutti i progetti di cooperazione allo sviluppo tra soggetti paritari.

«Mentre si gettano nel contenitore del Piano Mattei progetti calati dall’alto e già datati, operazioni come questa servono solo a distogliere l’attenzione dall’azione indisturbata di multinazionali energetiche e istituzioni finanziarie come Eni e SACE a Cabo Delgado – nel nord del Mozambico, con il business degli idrocarburi a farla da padrone e la partnership con un governo dal carattere sempre più autoritario, che avrà crescenti motivi per stringere accordi con l’Italia» ha dichiarato Simone Ogno di ReCommon.

PER SCARICARE IL REPORT: https://www.recommon.org/in-mozambico-il-piano-mattei-nasce-gia-vecchio/