Greenpeace Italia ha realizzato la prima mappa in Italia della contaminazione da PFAS (composti poli e perfluoroalchilici) nelle acque potabili. Per cercare di ovviare alla scarsità o addirittura all’assenza di controlli da parte delle istituzioni, a settembre e ottobre 2024 ha raccolto in tutta Italia 260 campioni di acqua potabile in 235 città da Nord a Sud, alla ricerca di PFAS. L’indagine ha monitorato per la prima volta anche i livelli di contaminazione da composti ultracorti come il TFA, ovvero alcuni PFAS che preoccupano la comunità scientifica e su cui non sono disponibili i dati pubblici nel nostro Paese.
In 206 campioni su 260 analizzati, è stata trovata almeno una delle 58 sostanze PFAS monitorate: ciò significa che il 79% dei campioni di acqua potabile risulta contaminato. Solo in 54 campioni (21%), non è stata registrata la presenza di alcun PFAS. Pur essendo stato analizzato un numero di campioni differente, sono almeno 3, in ogni Regione, i campioni risultati contaminati da PFAS, eccezion fatta per la Valle d’Aosta (qui i campioni contaminati erano 2 su un totale di 2 analizzati). Al netto del numero differente di campioni analizzati per ogni Regione, è possibile avere un’indicazione della diffusione della contaminazione su scala regionale considerando il numero di campioni contaminati rispetto al totale analizzati. Le situazioni più critiche si registrano in Liguria (8/8), Trentino Alto Adige (4/4), Valle d’Aosta (2/2), Veneto (19/20), Emilia- Romagna (18/19), Calabria (12/13), Piemonte (26/29), Sardegna (11/13), Marche (10/12) e Toscana (25/31). Le Regioni in cui si riscontrano meno campioni contaminati sono, nell’ordine Abruzzo (3/8), l’unica regione con meno della metà dei campioni positivi alla presenza di PFAS, seguita da Sicilia (9/17) e Puglia (7/13).
Considerando il parametro di legge “Somma di PFAS”, ovvero la somma di 24 molecole il cui valore, a partire dal gennaio 2026, non dovrà superare 100 nanogrammi per litro, le città con le concentrazioni più elevate sono risultate Arezzo, Milano (Via Padova) e Perugia, seguite da Arzignano (VI), Comacchio (FE), Olbia (SS), Reggio Emilia, Ferrara, Vicenza, Tortona (AL), Bussoleno (TO), Padova, Monza, San Bonifacio (VR), Ceccano (FR) e Rapallo (GE). La situazione più critica risulta essere quella di Milano dove anche un secondo prelievo, effettuato in Via delle Forze Armate, ha fatto registrare concentrazioni elevate, ben più alte rispetto a Perugia, e pari a 58,6 nanogrammi litro. Un terzo prelievo effettuato nel capoluogo lombardo a Villa Litta in zona Affori ha invece fatto registrare una contaminazione di 17,5 nanogrammi litro. Pur essendo un valore ben più basso rispetto agli altri due campioni prelevati in città, nella classifica nazionale quest’ultimo risulterebbe il 36esimo punto più contaminato in Italia rispetto al parametro “Somma di PFAS”.
“In molte aree d’Italia, sottolinea Greenpeace, viene attualmente erogata acqua potabile che in altre nazioni non viene considerata sicura per la salute umana. Il 41% dei campioni che abbiamo analizzato in Italia supera ad esempio i limiti vigenti in Danimarca sui PFAS nell’acqua, mentre il 22% supera le soglie introdotte negli Stati Uniti. A oggi la presenza dei PFAS non è regolamentata nelle acque potabili nazionali e, solo tra un anno, a inizio 2026, entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che prevede un valore limite relativamente alla presenza complessiva di 24 PFAS pari a 100 nanogrammi per litro. Un provvedimento, tuttavia, che non tutela in modo adeguato la salute umana. I parametri europei infatti sono stati superati dalle più recenti evidenze scientifiche e dalle valutazioni di importanti enti (ad esempio EFSA) tant’è che recentemente l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) ha dichiarato i futuri limiti inadeguati a proteggere la salute umana. Per questo numerose nazioni europee (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi. Anche al governo italiano chiediamo di impegnarsi con urgenza in tal senso.”
Il quadro che emerge dall’indagine di Greenpeace “Acque senza Veleni” è tutt’altro che rassicurante: milioni di italiane e italiane sono esposti attraverso l’acqua potabile a sostanze chimiche pericolose e bioaccumulabili, note per essere interferenti endocrini e causare l’insorgenza di gravi patologie tra cui alcune forme tumorali. Sono pochi i territori italiani non intaccati dalla contaminazione, con le maggiori criticità che emergono in quasi tutte le Regioni del Centro Nord e in Sardegna. Greenpeace chiede di: varare una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i PFAS in Italia; definire limiti più severi alla presenza di PFAS consentita nelle acque potabili, allineando tali soglie a quelli vigenti in altre nazioni come Stati Uniti e Danimarca; garantire a tutta la popolazione l’accesso ad acqua potabile priva di PFAS; fissare per le industrie un valore limite allo scarico di queste sostanze in ogni matrice (acqua, aria, suoli) oltre a limiti restrittivi nei depuratori civili e industriali e nei fanghi; supportare i comparti produttivi nazionali in un piano di riconversione industriale che faccia a meno dei PFAS, puntando su soluzioni alternative già disponibili.
Qui per approfondire, scaricare il Report con tutti i risultati delle analisi e consultare la mappa interattiva online: https://www.greenpeace.org/italy/rapporto/26152/la-prima-mappa-della-contaminazione-da-pfas-in-italia/.
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