Piena solidarietà a Movi Ovadia, attore, cantante, scrittore, artista e intellettuale italiano di ascendenza ebraica-sefardita e bulgara, figlio di sopravvissuti alla Shoah e da sempre attivo sostenitore della causa palestinese contro l’occupazione coloniale dello Stato d’Israele. Ieri sera è stato invitato al Palazzo Ducale di Massa per un evento in memoria della Shoah. Alla cerimonia erano presenti 17 sindaci e molte scolaresche: tutti invitati ad un consiglio provinciale straordinario in memoria della Shoah. Moni Ovadia è intervenuto per ultimo, dopo gli esponenti istituzionali, ed ha fatto clamore per le sue dichiarazioni sul conflitto israelo-palestinese: “è diritto e dovere di un popolo occupato ribellarsi agli occupanti. Se poi all’interno di quell’azione legittima sono stati perpetrati crimini contro l’umanità, verranno giudicati. Ma l’azione in quanto tale era pienamente legittima”. 

Parole che non solo hanno un approccio storico, in quanto tutti i processi di liberazione e indipendenza nella storia hanno avuto queste caratteristiche, ma soprattutto di buonsenso perchè non stanno difendendo l’azione di Hamas, ma solo constatando come il 7 ottobre 2023 sia una reazione a 76 anni di occupazione coloniale, di militarizzazione sistematica delle terre palestinesi e di sistema d’apartheid razzista paragonabile solo a quella vissuta in Sudafrica.

A generare ancora scalpore sono state le sue parole sulla verità per il 7 ottobre 2023: “La verità sul 7 ottobre verrà fuori, ma già oggi sappiamo che 400 civili sono stati vittime di fuoco amico, israeliano, perchè i militari avevano l’ordine di sparare su qualsiasi cosa si muovesse”.

Parole che hanno fatto schizzare l’isteria del sindaco forzista di Pontremoli, Jacopo Maria Ferri, che si è tolto la fascia tricolore ed è uscito dall’aula prima che il discorso finisse, definendo poi il discorso di Ovadia come “violento”. Nulla di violento hanno avuto le dichiarazioni di Moni Ovadia, storico e sincero pacifista, antimilitarista ed ecologista nonviolento.

La colpa di Moni Ovadia è quella di sostenere i diritti del popolo palestinese e criticare la strumentalizzazione sionista della narrazione sulla Shoah da parte dell’ultranazionalismo israeliano e della destra reazionaria di Netanyahu con il fine continuare ad uccidere ed a colonizzare i territori palestinesi attraverso la propaganda. Israele non è figlio della Shoah, ma del movimento sionista nato ufficialmente a Basilea nel 1897 e che nei primi anni del 1900 iniziò a colonizzare le terre palestinesi. Se non dobbiamo dimenticare che furono il nazismo e il fascismo ad essere gli autori della Shoah, non dobbiamo dimenticare che i sionisti durante la Germania nazista erano sostenitori di Hitler.

Non dobbiamo dimenticare – come ci ricorda Hannah Arendt – il collaborazionismo dell’organizzazioni sioniste con il nazismo e il collaborazionismo dell’Agenzia Ebraica alla schedatura degli ebrei destinati ai campi di concentramento su ordine del regime nazista. Non dobbiamo dimenticare che il sionismo ha annoverato tra le sue vittime anche molte comunità ebraiche orientali, come testimoniato dal libro “Le vittime ebree del sionismo” di Ella Shohat. Non dobbiamo dimenticare che moltissimi ebrei sopravvissuti alla Shoah e i loro discendenti furono e sono fortemente antisionisti (Hajo Meyer, Felicia Langer, Norman Gary Finkelstein e moltissimi altri). Non dobbiamo dimenticare che ebraismo e sionismo non sono sinonimi e che quindi ricordare la Shoah non esclude il fatto di poter criticare Israele. Bisogna rigettare l’uso strumentale  della Shoah da parte del sionismo per legittimare/oscurare/minimizzare oggi le azioni colonialiste e d’apartheid di Israele tramite il senso di colpa dell’Europa per la Shoah.

In questa sede ricordiamo che è da anni che la persona di Moni Ovadia viene costantemente perseguitata intellettualmente, ridicolizzata e schernita per le sue posizioni politiche, divenendo vittima anche di insulti antisemiti da parte di coloro che non tollerano le sue critiche alle politiche coloniali ad Israele:

  • La sua figura è stata oggetto di controversie in seno all’ebraismo italiano, come risulta da Moked (organo telematico dell’UCEI), dopo che decise di disiscriversi dalla Comunità Ebraica di Milano perché troppo vicina a Israele, facendo scoppiare tumulti mediatici fra estimatori afflitti e censori accaniti ed entusiasti;
  • nel 2016 ha ricevuto attacchi violenti, feroci ed osceni a seguito dell’intervista che ha rilasciato alla trasmissione “L’erba dei vicini” su Israele e questione palestinese (consigliamo di ascoltare le sue parole chiare e nette qui), con conseguente augurio di morte, rammarico che i suoi genitori non siano morti nei campi di sterminio così che non sarebbe nato, oltre all’accusa di “non essere degno di essere ebreo”;
  • nel 2023, dopo i fatti del 7 ottobre, Moni Ovadia fu spinto alle dimissioni di Direttore del Teatro Comunale di Ferrara dall’associazione culturale ’Ferrara Oltre’, dal senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni e dall’Amministrazione comunale di centro-destra di Ferrara, dopo aver criticato fortemente l’escalation militare di Israele.

Moni Ovadia è un artista che ha il suo punto di riferimento nella cultura yiddish e mitteleuropea a tal punto da influenzare profondamente tutta la sua opera di uomo e di artista, dedito costantemente al recupero e alla rielaborazione del patrimonio artistico, letterario, religioso e musicale degli ebrei dell’Europa orientale. Un uomo che ha sempre portato in palmo di mano la cultura ebraica come una cultura di pace e non di vendetta, di guerra o di “legge del taglione”.

Che cessi questo maccarthismo insopportabile verso la sua persona e il continuo scalpore mediatizzato che si alimenta non appena Ovadia si trova ad esprimere la sua opinione.

Facciamo appello ad ascoltare con più attenzione le sue riflessioni che negli anni hanno contribuito a generare una visione più lucida e ampia di pace e giustizia sociale.