Arrivati da Stati Uniti e Medio Oriente, i rappresentanti internazionali della ong PCRF (Palestinian children’s relief fund) per la prima volta hanno fatto tappa a Roma.

Accompagnati da Martina Luisi, la coordinatrice nazionale del PCRF Italia e dalla sua collaboratrice Elena Panzera, dopo un tour impegnativo che li ha visti in varie località della Toscana per esporre i programmi di aiuto umanitario d’emergenza nella disastrata situazione di Gaza , hanno poi raggiunto la Capitale dove è stato possibile realizzare un’intervista a più voci sull’organizzazione che rappresentano e che è stata anch’essa coinvolta e colpita dalla furia israeliana.

Il gruppo arriva in stazione intorno alle 13 e trova una Roma illuminata da uno splendido sole ma fredda da morire.
Il termometro dice 6 gradi ma per fortuna l’albergo è a pochi metri e ben scaldato.
Il pensiero va subito a Gaza dove durante la notte la temperatura è ancora intorno ai 7 – 8 gradi ma lì non c’è più un rifugio in cui trovare riparo, motivo per cui molti neonati risparmiati dalle bombe sono morti assiderati.

Raggiungendo l’hotel facciamo le presentazioni, Lubna Musa, CEO del PCRF, palestinese di origine ma residente a Menphis, negli USA, fino al 2023 dove svolgeva la professione di consulente sanitaria.
Nel 2023 è tornata a Ramallah e ora svolge lì il suo lavoro per il PCRF.
Vivian Khalaf viene da Chicago e, per chi si ferma alle apparenze, è difficile immaginarla come palestinese, ma lo è.
È originaria di Gerusalemme. A Chicago ha studiato e sempre a Chicago svolge la professione di avvocato, occupandosi principalmente di immigrati.
È chairwoman del consiglio direttivo dell’organizzazione.
Vivian offre il suo lavoro come volontaria.
Suhail Flaifl è direttore delle missioni mediche del PCRF nella Striscia, da dove è uscito due mesi fa per raggiungere la famiglia al Cairo.
Karima Toman è l’operatrice che si occupa delle missioni regionali.

Il PCRF (Palestinian children’s relief fund) è la principale organizzazione umanitaria non governativa nella Striscia di Gaza per quanto riguarda la fornitura di aiuti umanitari, la formazione di chirurghi e le cure mediche gratuite ai bambini gravemente malati o feriti nei tanti interventi armati che periodicamente Israele effettua contro il popolo palestinese.

Il presidente del PCRF Italia, il cardiochirurgo Stefano Vincenzo Luisi, è rimasto in Toscana dove nei giorni passati ha presentato nelle varie occasioni pubbliche il programma che il PCRF italiano e internazionale è chiamato a sviluppare come risposta alla terribile crisi umanitaria prodotta dalle migliaia di tonnellate di bombe sganciate dall’aviazione israeliana e dall’intervento terrestre dei militari dell’IDF, moltissimi dei quali hanno dato spavaldamente prova di essere sadici criminali, pubblicando e diffondendo fieramente sui social le loro azioni criminali.

Il PCRF non si occupa dell’aspetto politico ma solo di quello umanitario, per cui non si parla dei livelli di sadismo crudele e gratuito che altrove hanno permesso di paragonare le azioni sfoggiate dai soldati israeliani con quelle che i nazisti compivano, senza sfoggio, nei campi di sterminio.
Al PCRF interessa soltanto curare le ferite, comprese quelle psicologiche, che i bambini riportano da queste azioni criminali.

Nonostante il freddo pungente il gruppo non rinuncia a fare un giro nella Roma antica.
Una visita al Colosseo è d’obbligo, ma prima una fermata a san Pietro in Vincoli perché il Mosè di Michelangelo, oltre ad essere una straordinaria opera d’arte, ha come soggetto un profeta importante anche per i musulmani, tanto che il Corano ne racconta la vita con grande rispetto.

Dal Colosseo raggiungiamo il Campidoglio passando per i Fori Imperiali e lungo la strada c’è modo di osservare l’ olivo centenario espiantato dalla Palestina e regalato nel 2011 da Netanyahu al sindaco di Roma che in quel periodo era il neofascista Alemanno.

Finito il tour ci si raccoglie al caldo per proseguire un’intervista informale in cui s’intrecciano domande e risposte.

Così Suhail, il direttore delle missioni mediche, esprime il suo desiderio di tornare a Gaza e forse ora, se la tregua sarà reale, potrà farlo.
Certo, non troverà più la sua casa nel quartiere di Rimal, uno dei più eleganti di Gaza city ridotto ormai a un cumulo di macerie.
Del resto Netanyahu l’aveva detto che avrebbe seguito il protocollo Dahiya, vale a dire una sorta di “coventryzzazione”, solo che la Luftvaffe nazista su Coventry fu meno feroce della democratica aviazione israeliana su Gaza e fece un numero infinitamente più basso di vittime.

Comunque Suhail è pronto a tornare lo stesso ed è convinto che il PCRF riuscirà a fare l’impossibile e anche a ricostruire l’unico reparto di oncologia pediatrica esistente nella Striscia e creato da questa ong nell’ospedale Rantisi, uno dei primi distrutti da Israele.

A questo punto interviene Martina e spiega che il dipartimento di oncologia pediatrica era dedicato a Huda Al Masry, la prima moglie del fondatore del PCRF, il giornalista statunitense Steve Sosebee che, inviato a Hebron per un servizio nel 1991, tornò negli USA portando con sé due bambini da curare.

Huda era un’assistente sociale palestinese. Viveva e lavorava a Ramallah.
Insieme fondarono il PCRF nel 1992. Si sposarono, ebbero due bambine, ma nel 2009 Huda morì di cancro. A lei dunque fu intestato il dipartimento di pediatria oncologica costruito nel 2019 e che Israele ha distrutto in pochi giorni nel 2023.

Vivian, la presidente del PCRF dopo che Sosebee ha lasciato la carica ricoperta per 30 anni, è convinta che con tenacia e fatica, appena si potrà stabilizzare una tregua effettiva si dovranno ricostruire tutte le strutture distrutte.

Una voce del gruppo aggiunge che già nell’ aggressione del 2021 l’aviazione israeliana colpì gli uffici del PCRF ma questo non fermò il lavoro sanitario e umanitario dei suoi componenti.

Certo, chi lavora o ha lavorato in quella terra lo sa che il rischio è sempre dietro l’angolo, ma lo sterminio e la distruzione di questi 15 mesi sono straordinari anche per Gaza, quindi chiedo se anche il PCRF ha perso dei membri durante l’offensiva israeliana e Lubna risponde che due sono stati assassinati, alcuni sono riusciti a uscire e si trovano in Egitto, tutti gli altri, circa 40, sfollati da un luogo all’altro seguitano a fare, come possono, il loro lavoro di sostegno e di cure nelle varie tendopoli.

Chiedo quale sia la cosa che più li preoccupa per il futuro prossimo se Israele, come sperato, si ritirerà.

La preoccupazione condivisa da tutto il gruppo è quanto sarà difficile chiudere le ferite permanenti, non solo quelle fisiche, come le tante mutilazioni, ma quelle che distruggono la salute interiore.

La drammaticità della situazione è tale che – mi dicono – è necessario cambiare le modalità di lavoro del PCRF perché ora, spiegano i miei interlocutori, ci dobbiamo necessariamente muovere seguendo protocolli di emergenza.

Abbiamo un numero di orfani da seguire che è di diverse migliaia contro le centinaia che seguivamo in precedenza.
I bambini che hanno perso i genitori in tutta la Striscia sono addirittura decine di migliaia e molti di loro sono anche feriti.
Noi e i nostri operatori facciamo e faremo il possibile, ma la devastazione operata dall’IDF non riguarda solo le strutture materiali, precisa Lubna, e se nessuno fermerà Israele nessuno potrà aiutare a guarire i sopravvissuti al genocidio.

Anche se la popolazione di Gaza sembra avere una vitalità insopprimibile, le ferite dello spirito non guariscono facilmente e se vengono riaperte con altre perdite, altro terrore, altre devastazioni, non guariranno mai.

So che non posso chiedere giudizi politici ma una domanda sulla fiducia nel diritto internazionale posso farla. La risposta è semplice ed è comune: finora Israele ha potuto ignorarlo il diritto internazionale e non ha mai avuto sanzioni, speriamo che il futuro veda avanzare la giustizia, non solo per i palestinesi ma per l’umanità.

In ogni caso noi seguiteremo a lavorare secondo l’etica che caratterizza il PCRF e non ci lasceremo fermare.

Nulla da aggiungere se non l’augurio sincero che la loro speranza si avveri. Non solo per i palestinesi, ma proprio come dicono loro, “per l’umanità”.

Patrizia Cecconi