La questione della schiavitù e della discriminazione sistemica rimane una piaga importante in Mauritania e in tutto il mondo arabo-musulmano. Quando ho partecipato ad una tavola rotonda organizzata dalla divisione francese dell’IRA (Iniziativa per la Rinascita del Movimento Abolizionista) guidata da Biram Dah Abeid, ho avuto l’onore di rappresentare l’Associazione Solidarité Africaine de France. L’evento è stato anche l’occasione per incontrare il mio amico e fratello Biram, protagonista di questa lotta, con il quale condivido un profondo impegno su questi temi cruciali. La questione centrale era come liberare la Mauritania dal ciclo della schiavitù e della discriminazione. Ecco un riassunto del nostro confronto, ricco di emozioni e proiettato verso il futuro.
La situazione in Mauritania: esclusione e oppressione
In Mauritania, gran parte della popolazione nera vive in una condizione di emarginazione che assume diverse forme:
Mancanza di stato civile: molti neri in Mauritania non sono in possesso di un certificato di nascita, il che li priva sia dei diritti fondamentali che del riconoscimento legale.
Esclusione elettorale: anche quando hanno un documento d’identità, le procedure di censimento e le pratiche tendenziose delle commissioni elettorali fanno sì che la maggioranza nera sia sotto il giogo della minoranza dominante.
Nel nostro rapporto del 2013 intitolato “La tragedia silenziosa della schiavitù in Mauritania”, avevamo già evidenziato questi problemi e formulato delle raccomandazioni. Purtroppo, da allora i progressi sono stati scarsi.
Gli Haratin: un’identità universale per le popolazioni nere emarginate
Il termine Haratin, originario della Mauritania, si riferisce storicamente agli ex schiavi neri liberati e ai loro discendenti nelle società arabo-berbere. Secondo una definizione più ampia proposta dagli attivisti abolizionisti come Diko Hanoun, il termine comprende tutti i popoli neri emarginati nel mondo arabo-musulmano.
Si stima che nei Paesi del Maghreb – Mauritania, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto – vi siano oltre 80 milioni di Haratin. Dall’arrivo dell’Islam nell’VIIIᵉ secolo e dalla tratta trans-sahariana degli schiavi, queste popolazioni nere sono state sistematicamente sottoposte a forme di oppressione ed emarginazione, sia che si trattasse della schiavitù tradizionale che delle sue varianti moderne, come la servitù domestica e la kafala in alcuni Paesi del Medio Oriente.
Nel tempo, queste dinamiche hanno subito una vera e propria istituzionalizzazione, relegando i neri allo status di cittadini di seconda classe nelle società in cui condividono una religione comune. Oggi gli Haratin incarnano la lotta per la dignità e il riconoscimento dei neri nel mondo arabo-musulmano. La loro storia, segnata dalla sofferenza e dalla resilienza, riflette le sfide comuni che i neri devono affrontare in queste società.
La realtà dei neri nel mondo arabo-musulmano, una popolazione invisibile
Con circa 80 milioni di persone di colore nei Paesi del Nord Africa, gli Haratin discendono dalle popolazioni nere originarie di questi territori. Sebbene la maggioranza sia musulmana, molti vivono ancora in condizioni simili alla schiavitù o sono sottoposti a forme moderne di servitù.
In diversi Paesi arabi, come il Libano, la kafala (sistema di sponsorizzazione che prevede che i lavoratori stranieri abbiano un rappresentante interno al Paese in cui operano, in genere si tratta del datore di lavoro, che ne diviene il tutore legale e lo rende strettamente dipendente n.d.T.) riduce i lavoratori migranti – spesso neri – a una schiavitù virtuale. I loro passaporti vengono confiscati, esponendoli ad abusi sistematici senza alcuna possibilità di ricorso legale. Questa situazione disumanizzante, in cui i neri sono talvolta trattati come esseri inferiori, è una realtà inaccettabile nel XXIᵉ secolo.
Un problema storico e religioso
Questa discriminazione affonda le sue radici nell’VIIIᵉ secolo, con l’espansione dell’Islam e le dinamiche della tratta trans-sahariana degli schiavi. Sebbene i Paesi del Maghreb neghino spesso la presenza attuale della schiavitù, essa persiste in forme nascoste. È fondamentale ridefinire il concetto di schiavitù al di là delle definizioni restrittive dei dizionari, ascoltando le testimonianze delle vittime.
Responsabilità storica e contemporanea; un’eredità con cui fare i conti
In Francia, alcune persone rifiutano di assumersi la responsabilità delle azioni dei loro antenati in relazione alla schiavitù e alla colonizzazione, pur beneficiando dell’eredità economica di queste ingiustizie. È necessario un riconoscimento pieno e sincero per procedere verso una vera riconciliazione.
Il rispetto per l’Africa come condizione per il rispetto globale
Finché i neri non saranno rispettati nel continente africano e non riusciranno a superare le violenze storiche e contemporanee, non potranno mai farsi rispettare sulla scena internazionale. La lotta per la dignità e l’uguaglianza deve quindi iniziare con una revisione dei sistemi dell’Africa stessa.
Il sostegno delle voci internazionali
Diverse personalità e organizzazioni hanno documentato e denunciato queste pratiche:
Barack Obama, ex presidente degli Stati Uniti, ha spesso sottolineato l’importanza di rafforzare le istituzioni democratiche in Africa per garantire il rispetto dei diritti di tutti.
Ali Mazrui, intellettuale africano, ha esplorato l’impatto storico dell’Islam sulle relazioni tra neri e arabi in “The Africans: A Triple Heritage”.
Human Rights Watch ha pubblicato nel 2019 un rapporto intitolato “Senza protezione: come il sistema Kafala del Libano rende vulnerabili i lavoratori migranti”, che evidenzia l’abuso sistematico dei lavoratori domestici africani in Libano.
Conclusione: un’emergenza umana e morale
La lotta contro la schiavitù e la discriminazione sistemica nel mondo arabo-musulmano richiede una mobilitazione etica, politica e internazionale. Riconoscendo queste realtà e agendo insieme, possiamo iniziare a decostruire secoli di emarginazione e offrire a milioni di neri la possibilità di vivere con dignità e rispetto.
Guy Samuel Nyoumsi
Presidente di Solidarité Africaine de France, autore di “La tragedia silenziosa della schiavitù in Mauritania”. Contatto: gsnyoumsi@gmail.com
Traduzione dal francese di Martina D’amico. Revisione di Thomas Schmid.