A seguito di diverse segnalazioni sull’affissione e la pubblicazione online di “manifesti” di iscrizione al servizio di leva in diversi Comuni italiani, abbiamo analizzato comparativamente alcuni documenti per cominciare a chiarirci le idee in merito a quella che ci appare una ennesima pressione bellicista esercitata sui nostri allievi.
In Italia il servizio di leva non è stato abolito nel 2005, ma sospeso. Secondo il Codice dell’ordinamento militare, in particolare il decreto legislativo 66/2010, può essere ripristinato con decreto del Presidente della Repubblica in caso di guerra o di coinvolgimento in guerre che necessitino l’incremento degli effettivi. Pertanto ogni anno i Comuni hanno provveduto alla predisposizione delle liste di leva come funzione burocratica a loro carico. Così infatti procedono anche oggi i comuni di Siracusa e Villa San Giovanni. Nel manifesto di Siracusa si dichiara che il Comune compilerà per via d’ufficio la lista di leva attingendo «i nominativi dai propri registri di anagrafe e di stato civile», e che gli interessati potranno prenderne visione per verificare eventuali errori od omissioni. A Villa San Giovanni la comunicazione sul sito è ancora più leggera: si afferma infatti che i Comuni sono tenuti a procedere alla formazione e all’aggiornamento delle liste di leva e che i genitori o tutori hanno l’obbligo di vigilare e garantire tale iscrizione.
Tuttavia altri Comuni – Bergamo, Catania, Chivasso, Pont Canavese, Trevignano Romano, Vaglia – chiedono un’attivazione diretta in prima persona da parte delle famiglie, o anche degli stessi giovani. Chiedono cioè che venga inviata una domanda da parte dei genitori o dei tutori, essendo i giovani ancora minorenni, anche se non si capisce quale sia la procedura da seguire, che non viene descritta. Dunque, a differenza di Siracusa e di Villa San Giovanni, i Comuni attribuiscono alle famiglie l’obbligo burocratico dell’iscrizione e questa pare una novità.
Non si basa, questa novità, su una nuova normativa. La normativa richiamata, talvolta frettolosamente, va dal 1964 al 2010, in quanto i diversi manifesti riproducono gli artt. 34 (Obbligo di iscrizione sulle liste di leva) e 35 (Domicilio legale) del dpr 237/1964 (riportati, ad esempio, dal comune di Vaglia), oppure gli artt. 1932 (Iscrizione nelle liste di leva) e 1933 (Domicilio legale) del d.lgs 66/2010 che riprendono i precedenti con poche, ma significative, modifiche. In sintesi, i diversi manifesti appaiono altrettante variazioni di un libero “copia e incolla” da una delle due versioni dei testi legislativi del 1964 e del 2010 o anche da tutte e due.
L’articolo 34 e l’art. 1932 richiamano rispettivamente l’”obbligo” e il “dovere” dei giovani di iscriversi alle liste di leva e l’“obbligo” dei genitori o tutori di curare tale iscrizione. Si dice dunque esplicitamente che le famiglie sono direttamente coinvolte e sono tenute a procedere. Solo sul sito del comune di Trevignano Romano si prevede che anche gli stessi “giovani” possano effettuare l’iscrizione, ed è l’unico Comune che fornisce un indirizzo email. A Lecco, invece, si richiama l’obbligo delle famiglie, ma si lascia poi intendere che sarà il Comune a predisporre le liste, e quindi l’obbligo di “cura” genitoriale parrebbe configurarsi, come a Villa San Giovanni, una sorta di verifica sull’operato dello stesso Comune. Il manifesto di Lecco sembra dunque essere una sorta di ibrido tra quelli di Siracusa e Villa San Giovanni e quelli degli altri Comuni.
Colpisce il fatto che i “manifesti” siano rivolti ai giovani maschi: infatti, mentre il dpr 237/1964 parlava di “giovani”, e all’epoca era certo sottinteso che fossero maschi, il d.lgs 66/2010 si riferisce esplicitamente ai “giovani di sesso maschile”, nonostante che il 20 ottobre 1999 con la legge 380 l’Italia, allineandosi ai paesi NATO, avesse aperto le Forze armate al reclutamento femminile. Oggi nelle Forze Armate operano anche donne. Dunque l’obbligo di iscrizione alle liste di leva riguarda anche loro? Nei manifesti odierni alle ragazze non viene mai fatto riferimento e il sesso maschile viene esplicitamente indicato dai comuni di Chivasso, Pont Canavese, Catania, Siracusa, Villa San Giovanni, mentre a Vaglia e a Bergamo si parla di “cittadini dello Stato” e a Trevignano si parla genericamente di “giovani”, lasciando aperta l’ambiguità. A Lecco, infine, che pure cita esclusivamente la normativa del 2010, nel manifesto si parla solo di “giovani”, mentre sul sito si specifica “giovani di sesso maschile”.
I paradossi della cittadinanza emergono anche a proposito degli stranieri: nell’art. 35 del 1964, relativo al domicilio legale, al punto 6 erano compresi “i giovani stranieri anche se tali di origine, naturalizzati o no, residenti nel comune”. Ma nel d.lgs 66/2010 questa frase era stata espunta. Oggi, tuttavia, il comune di Vaglia include “tutti i cittadini dello Stato e gli stranieri che con l’arruolamento nell’Esercito (…) possono divenire tali”, mentre il comune di Bergamo riprende, modificandola leggermente, la normativa del 1964 includendo gli stranieri e il comune di Lecco la riprende integralmente riferendosi ai “giovani stranieri, anche se tali di origine, naturalizzati o no, residenti nel Comune”. A Siracusa, invece, l’iscrizione riguarda esclusivamente “cittadini italiani e apolidi”, a Chivasso i “cittadini dello Stato”, mentre i comuni di Trevignano, Catania e Pont Canavese si rifanno alla normativa del 2010 omettendo il punto sugli stranieri. I comuni di Vaglia, Pont Canavese, Trevignano e Villa San Giovanni sono governati da liste civiche con le destre all’opposizione, Catania è governata dal centrodestra, Bergamo, Chivasso e Lecco dal centrosinistra, Siracusa ha una coalizione di centro. Dunque, la tendenza a coinvolgere le famiglie nella compilazione delle liste di leva non coincide con amministrazioni comunali di fede governativa.
Sebbene non abbiamo al momento riscontri sulle specifiche motivazioni alla base delle differenti versioni dei manifesti dei vari comuni, che possono anche essere il frutto della nota inerzia e farraginosità burocratica italiana, osserviamo che in un contesto in cui la propaganda di guerra permea insistentemente i flussi informativi, procedere d’ufficio, e dunque in sordina, come in passato, alla compilazione delle liste di leva oppure investire le famiglie della responsabilità dell’iscrizione dei propri figli non è la stessa cosa, anche se poi magari l’obbligo rimarrà sulla carta. Neppure possiamo al momento prevedere se siamo in presenza di un trend rivolto a ripristinare il servizio di leva obbligatorio o se si tratta della ennesima spinta all’incremento del servizio militare volontario, dato che le Forze Armate, come dichiarano i loro vertici, sono sottodimensionate.
Sarà interessante monitorare e analizzare gli iter di queste iniziative, in particolare le effettive risposte all’obbligo di invio delle domande, le reazioni delle famiglie alla prospettiva, pur solo adombrata, di veder arruolato un figlio diciassettenne, e anche l’emergere delle contraddizioni sulla cittadinanza di donne e stranieri.
Terry Silvestrini