Chiunque sa che gli alberi garantiscono salute e benessere psicofisico, oltre a rappresentare ed ospitare biodiversità e ad essere strumento privilegiato per la lotta ai cambiamenti climatici.

Considerazioni ovvie, condivise da tutti senza esitazione. Come sempre, però, quando dai proclami si passa alla pratica, accade l’inverosimile: le motivazioni più incredibili, supportate da paure ed insofferenza, vengono addotte per giustificare le stragi di alberi che imperversano ovunque, e anche il Comune di Ravenna si accoda senza batter ciglio. Alberi sani vengono sacrificati per le cosiddette “riqualificazioni” e quasi sempre – Lido di Savio compreso – destinati alla filiera del legname da ardere e delle centrali a biomasse. Patrimoni pubblici irripetibili e pregiatissimi regalati al lucro privato e alle emissioni in atmosfera, e città sempre più inospitali, roventi, e spoglie.

Eppure, il diritto alla salute e ad un ambiente salubre è fondamentale, primario, assoluto e garantito dalla Costituzione, e non può essere sacrificato per nessun altro interesse. Già dal 1987 sentenze della Corte Costituzionale confermavano questo principio, e rimandavano al giudice ordinario la competenza per le lesioni del diritto ad un ambiente salubre. Gli alberi, come detto, sono tra i principali custodi di tale diritto.

Al giudice ordinario si è rivolto il Ricorso presentato il 22 ottobre da due associazioni e da 71 cittadini residenti a Lido di Savio, proprietari di seconde case, esercenti e turisti, per chiedere l’annullamento non di un provvedimento amministrativo – cioè non dell’autorizzazione del progetto Parco Marittimo stabilita dal Comune di Ravenna per lo stralcio di Lido di Savio – bensì l’annullamento dell’abbattimento di 50 pini contenuto in quel progetto.

Sei esperti hanno quantificato il danno alla salute e la perdita dei cosiddetti “servizi ecosistemici” conseguenti l’abbattimento dell’alberata. Quasi 200 mila euro di servizi persi ogni anno. Di tali danni i cittadini sono stati resi consapevoli non già dagli accattivanti “rendering”, i disegni del progetto che mostravano alberi in primo piano, ma dalla cruda – anzi “cotta” – realtà dei 50 gradi a luglio lungo il tratto di progetto già realizzato.

Eppure il Giudice ha deciso di glissare rispetto a quanto già espresso da decine di sentenze (Corte di Cassazione, Coste Costituzionale, ecc.) e ribadito anche nel Codice dell’Ambiente: secondo l’Ordinanza emessa alla Vigilia di Natale la questione posta nel Ricorso è stata ricondotta ad un provvedimento urbanistico approvato dalla pubblica amministrazione, e come tale andava rivolta – entro i tempi consentiti – al giudice amministrativo e non a quello ordinario. Motivo per cui il Ricorso è stato respinto e i cittadini condannati alle spese processuali.
Ma i cittadini hanno letto gli ultimi sviluppi in questo modo, che provano a spiegare con un esempio: se un progetto urbanistico approva un impianto che ad un certo punto si rivela un pericolo per la salute pubblica, essi non possono più aprire bocca perché avrebbero potuto opporsi, a suo tempo, solo al progetto urbanistico.

A parere di molti qualcosa non torna, e quindi doverosamente si prosegue: un reclamo all’Ordinanza è stato depositato l’8 gennaio, e si continua a chiedere la tutela della salute e del benessere che si ritiene verranno danneggiati dalla perdita dei 50 pini sanissimi di oltre 50 anni di viale Romagna a Lido di Savio.

 

Comitato “Salviamo gli Alberi a Ravenna”